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Claudio Menichelli, Luca Zan e Franco Mancuso
Leggi i suoi articoliSull’Arsenale di Venezia ci sono delle novità. Un accordo tra il Comune di Venezia e i Ministeri della Cultura e della Difesa per la definizione dell’assetto proprietario e d’uso di un’area strategica del complesso, e un investimento di 170 milioni del Pnrr a sostegno della Biennale, per la creazione di un polo di eccellenza. Tutto bene quindi? Forse stiamo assistendo a una svolta? Non proprio.
Un decennio di politiche incerte
Ripercorrendo il faticoso processo decisionale dell’ultimo decennio e analizzando le incerte politiche per il recupero del complesso, sorgono grosse perplessità (cfr. le due recenti pubblicazioni a cura di Luca Zan, e disponibili gratuitamente sul sito della Cafoscarina: Quale futuro per l’Arsenale di Venezia, 2018; Quale Museo per l’Arsenale di Venezia, 2019).
Veniamo al punto, riassumendo alcuni passaggi salienti del passato per giungere rapidamente al presente. L’Arsenale di Venezia, dopo il prepotente processo di crescita che ha vissuto dalle sue origini fino all’avvento del Regno d’Italia, ha attraversato un lungo periodo di decadenza, a partire dalla prima guerra mondiale, che ha condotto alla cessione dell’area nord, alla cantieristica privata e a un lento abbandono di una consistente parte del complesso. L
e conseguenze per la sua conservazione, che hanno toccato il culmine alla fine degli anni ’70 del secolo scorso, sono state drammatiche. A partire dagli anni ’80, i restauri del MiC, le attività culturali della Biennale, l’insediamento dell’Istituto di studi militari marittimi (Ismm), la nascita di Thetis, le attività di pianificazione del Comune, l’insediamento del Cnr, le iniziative della Società Arsenale, gli interventi del MiT, hanno cambiato il volto del complesso, che nel giro di vent’anni ha recuperato visibilmente, soprattutto per quanto attiene alla conservazione fisica del costruito. N
el Documento Direttore approvato all’unanimità in Consiglio Comunale nel 2001 venivano anche definite le macroaree di utilizzo del compelsso in modo articolato. Restavano tuttavia irrisolte alcune questioni sostanziali, prime tra tutte quella di una gestione unitaria del complesso e quella di una sostanziale fruizione pubblica dei suoi spazi.
Nell’ultimo decennio, dopo il passaggio al Comune di gran parte del complesso, invece che assistere a un completamento del processo di recupero dell’Arsenale e alla risoluzione delle questioni che erano rimaste in sospeso, si è potuta osservare una lunga «stagione di stallo», che ha visto il rallentamento delle iniziative di recupero e l’accantonamento di una concreta progettualità attiva sul complesso.
La Società Arsenale è stata sciolta, sostituita da un Ufficio Arsenale, che a sua volta è stato chiuso; sono scomparse dall’orizzonte le prospettive per la creazione di un Museo di storia navale (cancellato anche dall’aggiornamento del 2015 del Documento Direttore) e con esse quelle del recupero della galea e della rascona di San Marco in Boccalama, entrambe trecentesche; è scomparsa l’idea, a suo tempo finanziata, dell’istituzione di una Biblioteca del Mare; è stato abbandonato il progetto per il ponte di Porta Nuova, indispensabile per il collegamento nord-sud.
Mancano poi all’appello questioni fondamentali come lo sviluppo di una nuova progettualità per l’area bacini, in vista del trasferimento a Porto Marghera delle attività manutentive del Mose; un pensiero per il riuso dell’ex caserma dei Sommergibilisti, che versa in uno stato di degrado ormai gravissimo; un’ipotesi per il recupero delle Galeazze Est, sulle quali era stato sviluppato un progetto di fattibilità per collocarvi l’«Arca di Prometeo»; un progetto per l’accessibilità dalla Celestia; un piano attuativo per rendere interamente accessibile e percorribile il complesso; uno studio per utilizzare adeguatamente la straordinaria risorsa della darsena Grande.
Da oggi, con l’accordo
L’ultimo atto di questo processo è l’accordo tra il Comune e i Ministeri della Cultura e della Difesa, che introduce ulteriori criticità. Si parla di trasferimento nell’Arsenale dell’Asac, l’Archivio Storico delle Arti Contemporanee della Biennale, cui tutti plaudiamo, ma il contesto in cui si inserisce prevedrebbe la «spaccatura» di un’area dai caratteri unitari, anche con delle «barriere fisiche».
Il protocollo contempla inoltre il pericoloso ritorno del transito dei mezzi pubblici in Arsenale, che in passato aveva causato gravissimi danni alle strutture di fondazione e che sembrava ormai un’ipotesi definitivamente abbandonata. Sul progetto per la formazione di un «Polo permanente di ricerca sulle arti contemporanee» della Biennale, previsto nel Recovery Plan, ancora molto scarna è la documentazione finora disponibile.
Le poche informazioni ufficiali provengono da un comunicato del ministro dello scorso aprile, che accenna soltanto a «diversi interventi di recupero, che interesseranno l’Arsenale di Venezia» (senza dare ulteriori specificazioni delle iniziative previste) e altre strutture, e «azioni di ricerca», tra cui il «nuovo Archivio Storico per le Arti Contemporanee e il potenziamento delle attività di Biennale College». Nient’altro, nonostante la dimensione del progetto.
Claudio Menichelli e Franco Mancuso, Aipai-Associazione Italiana per il patrimonio Archeologico Industriale; Luca Zan, Università di Bologna. Menichelli è stato responsabile dell’Arsenale presso la Soprintendenza di Venezia, Mancuso ha insegnato Urbanistica allo Iuav

L'arsenale di Venezia