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Lidia Panzeri
Leggi i suoi articoliGrande emozione in tutta Venezia ha suscitato la scomparsa, a soli 70 anni, di Enrico Tantucci. A cominciare dal sindaco Luigi Brugnaro per il quale Tantucci «era un giornalista valoroso e colto, in cui si univano perfettamente passione civile e professionalità rigorosa». Insieme al cordoglio di Karole P. B. Vail, presidente della Collezione Peggy Guggenheim, che gli riconosce il merito di aver raccontato al pubblico la ricerca che si celava dietro ai percorsi espositivi dell’istituzione. Per Giulio Manieri Elia, direttore delle Gallerie dell’Accademia, Tantucci era un giornalista attento, curioso e rigoroso. La Fondazione Emilio e Annabianca Vedova, per tramite della responsabile generale Elena Bianchini (figlia di Alfredo Bianchini, già presidente della Fondazione, morto lo scorso marzo), afferma: «Era un giornalista e autore di vasta cultura e onestà intellettuale». L’Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti l’aveva premiato per l’articolo «Venezia merita di essere Venezia?», pubblicato da «Il Giornale dell’Arte» nel n. 310, giu. ’11, p. 1.
A ricordarlo anche Renata Codello segretaria generale della Fondazione Cini: «Era un giornalista con una passione autentica per la cultura, rigoroso e severo». Da parte sua la Biennale ricorda l’intelligenza critica con cui aveva seguito le sue diverse manifestazioni. Tra i suoi numerosi interessi anche quelli per la musica. «Enrico era uno spirito libero, un osservatore lucido, impegnato nella salvaguardia della realtà artistica ed etica della città», annota Cristiano Chiarot, già sovrintendente del Teatro La Fenice.
Il suo impegno come cronista e come critico d’arte è ben noto ai lettori del nostro giornale. Era nato a Roma, ma, nel 1984, anno della fondazione della testata «La Nuova Venezia» di cui è stato una delle firme più prestigiose, si è trasferito nella città lagunare con la moglie, la pittrice Ileana Ruggeri, le cui opere si trovano anche al museo di Ca’ Pesaro. Era anche un latinista, fatto di cui andava orgoglioso. Il padre Vittorio è stato l’autore della grammatica latina su cui si sono formate intere generazioni di studenti. In tempi recenti ne aveva curato la riedizione e, insieme, una versione più contenuta. Da qui il suo rigore da insegnante.
Lascia la moglie, il figlio Vittorio, professore di Letteratura cinese alla Lancaster University in Inghilterra, che ricorda come abbia sempre mantenuti, pur nella sua grave sofferenza, il sorriso e la gentilezza e che si augura che sua figlia, l’adorata nipote Eugenia, erediti queste doti del nonno.
I funerali sono fissati il prossimo mercoledì.
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