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Alcuni visitatori alla mostra «La Città del Sole»

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Alcuni visitatori alla mostra «La Città del Sole»

A Palazzo Barberini la Città del Sole scientifica e barocca

Nel quarto centenario della pubblicazione del «Saggiatore» di Galileo e dell’elezione di Urbano VIII, va in scena il sodalizio tra arti e scienze

Guglielmo Gigliotti

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Il 1623 è anno fatale della storia della scienza, del papato e dell’arte. La mostra «La Città del Sole. Arte barocca e pensiero scientifico nella Roma di Urbano VIII», aperta a Palazzo Barberini dal 16 novembre all’11 febbraio 2024, celebra proprio il quarto centenario dell’anno in cui l’Accademia dei Lincei pubblicò Il Saggiatore, rivoluzionario testo di Galileo Galilei, e il conclave elesse Maffeo Barberini al soglio pontificio col nome di Urbano VIII.

Un centinaio tra dipinti, disegni, incisioni, libri, documenti, strumenti scientifici e modelli, selezionati dai curatori Filippo Camerota e Marcello Fagiolo, intendono proprio restituire l’atmosfera culturale di una nuova visione del mondo, quella moderna, fondata su un metodo di ricerca scientifica sperimentale, oggettivo e razionale, rivelato definitivamente da Galileo ne Il Saggiatore, in contrapposizione a una lettura della realtà mediata dai testi sacri e dalla tradizione religiosa. È la tormentata nascita della scienza empirica, cui tanto dobbiamo, contro l’oscurantismo.

La Citta del Sole, nel titolo, fa riferimento anche a questo, ma soprattutto allo stesso papa Barberini, che assunse l’astro più grande quale elemento araldico, accanto alle api. Ma il titolo dell’attuale mostra fu anche quello dato da Tommaso Campanella al testo filosofico-utopistico che gli costò lunga prigionia, interrotta proprio da Urbano VIII, nei primi mesi del suo papato. Un papa quindi moderno? Sì e no. Amico di Galilei sin dalla giovinezza, sodale di passioni scientifiche e letterarie, parziale difensore, da cardinale, dell’eliocentrismo copernicano, nelle vesti di pontefice dovette accondiscendere a ben altre priorità politico-culturali, tanto da contrastare l’ex amico, con cui da giovane pur amava scambiare versi poetici. Ma filosofi, scienziati e artisti accolsero come una «mirabile congiuntura» l’elezione di questa controversa figura di uomo e di papa.
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La mostra intende quindi mettere in scena questo sodalizio reale o auspicato tra arti e scienze, favorito da una committenza barberiniana, che vide peraltro in campo anche il colto cardinal nepote Francesco. E così, grazie a prestiti del Museo Galileo di Firenze, coorganizzatore dell’esposizione, e da quelli provenienti dalle stesse Gallerie nazionali d’arte antica di cui fa parte Palazzo Barberini, accanto a opere di importanti musei italiani e stranieri, si possono vedere ritratti di Galileo (Santi di Tito) di Urbano VIII (Gian Lorenzo Bernini) e di Luigi XIII (ma in versione arditamente anamorfica, per opera di Jean-François Niceron), allegorie (come quella della Sapienza, di Andrea Sacchi, o di satiri che ammirano l’anamorfosi di un elefante, in un raro disegno di Simon Vouet). Preziosi anche i prestiti di libri antichi (dalla Biblioteca Nazionale Centrale di Roma) o di globi terrestri e celesti (quelli per esempio di Matthäus Greuter, del 1636). La mostra, che segue l’esposizione nella stessa sede de «L’immagine sovrana. Urbano VIII e i Barberini», conclude la panoramica su una stagione tra le più complesse della storia dell’arte e dell’uomo.

Guglielmo Gigliotti, 14 novembre 2023 | © Riproduzione riservata

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A Palazzo Barberini la Città del Sole scientifica e barocca | Guglielmo Gigliotti

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