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Laura Lombardi
Leggi i suoi articoliJeff Koons è solo l’ultimo nome di un palmarès che tra i visitatori illustri in più di mezzo secolo ha annoverato Greta Garbo, Joséphine Baker, Paulette Goddard
La Biennale dell’Antiquariato in fondo è un po’ come il Palio di Siena: una parte della città la attende, ci si prepara, ne discute, fa pronostici, ben al di là del periodo che precede l’apertura. Ogni due anni molte sono le aspettative, e anche se tutti parlano di crisi e della competitività di fiere come Maastricht, certamente la Biennale fiorentina serba una specificità che nel tempo non muta, pur nell’alternarsi delle sedi, ora Palazzo Corsini, dopo la sede originaria, Palazzo Strozzi (e un interregno di breve durata in altri palazzi meno prestigiosi), e pur nel succedersi dei segretari generali: quest’anno infatti è stato nominato il giovane (ma affermatissimo in ambito internazionale, tra Firenze, Londra e New York), Fabrizio Moretti che eredita, dopo molte edizioni, il posto di Giovanni Pratesi.
La novità di questa Biennale, che si tiene dal 26 settembre al 4 ottobre, riguarda l’aumento delle gallerie straniere, pur invitate a esporre solo maestri italiani, con importanti ritorni come quello di Jean-Luc Baroni, Londra che presenta un Giambattista Tiepolo («Ritratto di Flora»), scoperto qualche anno fa in un castello aristocratico francese, ma anche alcuni nuovi arrivi tra cui Otto Naumann Ltd, New York, e Dr. Jörn Günther Rare Books Ag, uno dei più importanti mercanti di libri e stampe con sedi a Stalden e Basilea; riconfermate inoltre le presenze di Mullany, Londra, De Jonckheere, Parigi e Ginevra, Cesare Lampronti, Londra e Roma, Robilant+Voena, Milano e Londra.
Gli amanti del XX secolo troveranno la Galleria Tega di Milano, la Galleria Frediano Farsetti di Firenze e la Tornabuoni Arte, Firenze, Milano e Parigi, presenze che si vanno ad aggiungere a Sperone Westwater di New York, già presente da qualche edizione, ma il limite scelto da Moretti per un’arte contemporanea che sia comunque ormai storicizzata per armonizzarsi con il tono della Biennale è il 1979.
Per il resto la mostra non muta sostanzialmente rispetto alle edizioni del XXI secolo che l’hanno vista risorgere, dopo che il suo smalto pareva offuscato. Il coté glamour è rappresentato dall’invito rivolto a Jeff Koons a essere l’ospite d’onore all’inaugurazione.
A dire il vero, la mondanità è stata per molte edizioni un leitmotiv della mostra fiorentina, fin dal 1959, quando la manifestazione fu «inventata» dagli antiquari Mario e Giuseppe Bellini, facendo leva, come già il loro padre Luigi aveva intuito, sull’«idea» di Firenze crocevia di presenze internazionali, attratte dall’immagine colta di una città erede di un grande passato. Ma non solo: Firenze si configura anche come il luogo dove arte e mercato sono da sempre, per tradizione, nobilmente coniugati e dove l’antiquariato vanta illustri antenati quali Stefano Bardini e Elia Volpi, i creatori di un «gusto» fiorentino, divenuto un marchio unico, riconoscibile in tutto il mondo.
A rendere speciale la mostra contribuì la sede concessa: Palazzo Strozzi. In quella cornice di eccellenza, l’antiquariato si definì come parte integrante dello sviluppo economico di un’Italia in piena crescita: il successo della mostra, curata dalla costituita «Associazione Antiquari d’Italia», si affidò così da subito al passaparola di un’élite sofisticata e cosmopolita, ma fin dalla prima edizione, visitata anche dal presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, la folla fu così numerosa da dover ricorrere alle forze dell’ordine per disciplinare i curiosi.
Tra i nomi illustri di visitatori della Biennale si ricordano quelli del glottologo, filologo e critico letterario Giacomo Devoto, del sindaco «eroe» nel disastro dell’alluvione di Firenze del 1966 Piero Bargellini (perfino l’anno seguente il disastro, la mostra ebbe luogo), di Giorgio La Pira, del principe Giovanni Ginori Conti, del Presidente del Consiglio Superiore delle Belle Arti Mario Salmi, ma accanto ad essi anche Josephine Baker, Greta Garbo, Sophia Loren, Silvana Mangano, Mauro Bolognini, Paulette Goddard con Erich Maria Remarque; poi il Re di Svezia, la principessa Irene di Grecia, i vari Presidenti della Repubblica, fino a Giorgio de Chirico, per non citarne che alcuni.
L’antiquariato si trasforma, e da campo ristretto dei connoisseur diventa ambito di interesse di una più ampia fascia di pubblico, che predilige i fondi oro, il tardo Rinascimento, il Settecento veneziano e gli arredi francesi del XVIII secolo. I mobili, gli argenti e le porcellane fanno da padroni in quei primi decenni di vita della manifestazione rispetto alla pittura e alla scultura, perché richiesti da una clientela ricca, che frequenta la mostra per arredare le proprie dimore.
Un fenomeno che oggi si è invertito, poiché le proposte di pittura e scultura tendono a primeggiare per numero sugli arredi, e molti sono i direttori di musei internazionali che frequentano la Biennale per acquisti destinati ai loro musei. La mostra fiorentina vede anche il sorgere di una giovane generazione di storici dell’arte che si «contamina» (in senso positivo) con il mercato, attribuendo le opere sconosciute o verificandone l’autografia nelle fonti e nei documenti, creando insomma quell’osmosi tra studiosi e addetti ai lavori che ha portato negli anni a uno sviluppo importante della disciplina.
La fama della mostra fiorentina porta perfino Parigi a trasferire la sua mostra antiquaria nel cuore della città, al Grand Palais, ed è quasi un’ironia della sorte che invece, nel 1977, Palazzo Strozzi sia considerato inagibile e la mostra costretta a trasferirsi a Palazzo Giuntini, l’ex Grand Hotel, ora Hotel St. Regis, poi, dopo una breve pausa, a Palazzo degli Affari nel 1995: un edificio progettato da Pierluigi Spadolini, noto come luogo di impianto congressuale quindi poco adatto a quella manifestazione, la quale, nel frattempo, con Guido Bartolozzi subentrato nel 1986 nella Segreteria Generale ai fratelli Bellini, ha però assunto il nome attuale: Biennale Internazionale dell’Antiquariato.
Una sede idonea è nuovamente trovata nel 1997, a Palazzo Corsini sull’Arno, di impianto ancora cinquecentesco, concepito da Alfonso Parigi il Giovane, poi da Ferdinando Tacca, fino al 1671, con tre corpi articolati attorno a una corte centrale, uno scalone monumentale, saloni al piano nobile e il magico Ninfeo.
Giovanni Pratesi, nominato segretario generale nel 2001 chiama Pier Luigi Pizzi a disegnare una messa in scena volta a valorizzare gli spazi espositivi di palazzo Corsini, in armonia con l’architettura preesistente. Pratesi si batte per rendere le opere d’arte il più possibile libere da qualsiasi vincolo legislativo e ottiene dall’allora soprintendente Antonio Paolucci la possibilità di render noto agli espositori, prima dell’inizio della manifestazione, se le opere da loro proposte saranno o no dotate di un certificato di libera circolazione, rilasciato dall’Ufficio esportazioni di Firenze e dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Un privilegio che, dato il delicatissimo momento, con le riforme ministeriali in atto, non potrà forse essere rinnovato.
Resta alto in questa edizione il profilo del vetting composto da studiosi di fama internazionale, che determina all’origine una naturale selezione degli espositori, mentre i Carabinieri del Nucleo per la Tutela del Patrimonio Artistico garantiscono i giusti titoli di provenienza. Tornano anche quest’anno (assegnati il 29 settembre) i premi per autori o registi che si sono distinti a livello internazionale in documentari o film dedicati all’arte, ma anche i premi al più bel dipinto e alla più bella scultura in mostra, i cui proventi, ognuno del valore di 10mila euro, saranno destinati al restauro di opere d’arte del patrimonio pubblico fiorentino.
Nel corso delle ultime edizioni la Biennale è andata insomma crescendo, con preview riservate agli ospiti illustri, fastose cene di gala, tavole rotonde (il 28 settembre una di queste sarà dedicata a «Un repertorio per la ricerca: il catalogo Natura morta della Fototeca Zeri», con interventi di Andrea Bacchi, Daniele Benati, Keith Christiansen, Francesca Mambelli, Elisabetta Sambo, moderatore Marco Carminati), ritrovando insomma quello spirito colto ma anche scoppiettante delle origini.
La volontà di Moretti è proprio quella di sottolineare il più possibile i caratteri di unicità della manifestazione fiorentina, rendendola tappa imprescindibile per le proposte di opere d’arte e per la cornice d’eccellenza in cui si svolge, che non si limita a Palazzo Corsini, ma abbraccia tutta la città, con iniziative comunque connesse alla Biennale, come la mostra di cassoni rinascimentali al Museo, e tale da attrarre una clientela sempre più variegata, ma anche capace di subire il fascino di quanto viene offerto in quella settimana.
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