I prodotti di ARTiSTORY, la nuova azienda di Yizan He, includono una gamma con disegni originali ispirati a «La grande onda di Kanagawa» (1830) di Hokusai © ARTiSTORY

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I prodotti di ARTiSTORY, la nuova azienda di Yizan He, includono una gamma con disegni originali ispirati a «La grande onda di Kanagawa» (1830) di Hokusai © ARTiSTORY

Yizan He fattura milioni con i musei occidentali

Dopo il British Museum di Londra, il fondatore di ARTiSTORY si è assicurato i diritti di licenza globali per vendere i prodotti delle principali istituzioni artistiche in tutto il mondo

Cristina Ruiz

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Nel 2016 il British Museum ha concesso all’azienda cinese Alfilo Brands i diritti esclusivi per la vendita di prodotti in licenza nella «Grande Cina». Nell’ambito della collaborazione, Alfilo ha negoziato 34 diverse partnership con aziende cinesi per conto del British Museum, vendendo centinaia di milioni di prodotti a marchio museale e generando decine di milioni di ricavi. Né il museo né la società di licenza riveleranno la precisa misura di questi «income», ma sappiamo che, nel 2018, le vendite globali di merchandising del museo sono state di 21,5 milioni di sterline; nel 2019, quella cifra è salita a 37 milioni. Nel 2017 anche il Victoria and Albert Museum ha firmato la propria partnership con Alfilo Brands, mentre la National Gallery di Londra, il Metropolitan Museum di New York e il Museum of Fine Arts di Boston si sono accodate nel 2018.

Quest’anno, il fondatore di Alfilo Brands, Yizan He, ha creato una nuova società, ARTiSTORY, per concedere in licenza prodotti a livello globale e si è appena assicurato i diritti esclusivi globali sulla collezione del Brooklyn Museum. Gli abbiamo quindi chiesto di queste collaborazioni con i musei occidentali per vendere prodotti di marca.

Come ha iniziato questa avventura imprenditoriale?
Ho iniziato a lavorare con i musei 6 anni fa. A quel tempo gestivo la mia azienda, Alfilo Brands, e stavamo lavorando con molti studi di Hollywood sulle loro licenze e sul loro merchandising in Cina. Il business delle licenze cinematografiche è spietato e il costo del lavoro con i grandi studios è sempre stato alto. Per la mia società era difficile affermarsi. Poi, nel giugno 2016, uno dei miei colleghi statunitensi mi ha chiamato nel cuore della notte e mi ha detto: «Yizan, prendi un biglietto aereo e vieni a Las Vegas domani. Voglio che tu conosca il British Museum». «Che cosa ha a che fare questo con la mia attività?», gli ho risposto, perché non avevo mai pensato di lavorare con i musei. Ma ho comunque preso un volo da Shanghai a Los Angeles e poi ho guidato fino a Las Vegas per partecipare a un’importante Expo delle licenze. Ho camminato per la sala espositiva, che era per lo più occupata da studios di Hollywood come la Sony Pictures, e non riuscivo a trovare il British Museum da nessuna parte. Proprio mentre stavo per arrendermi, ho notato un tavolino vicino al gabinetto con quattro piccoli taccuini sopra. Non c’era uno stand. Sono rimasto molto, molto deluso. E non c’era nessuno del British Museum lì perché non avevano budget, avevano solo assunto un agente che stesse a quel misero tavolino. Così mi sono seduto con lui che mi ha detto: «Yizan, so che sei deluso, ma questo è ciò che vorrei condividere con te. Hai lavorato con gli Hollywood Studios e ti chiedono di creare centinaia di prodotti da vendere entro una settimana perché questo è il modo in cui i film vanno e vengono normalmente, e così hai pochi giorni per vendere i tuoi prodotti in licenza. Ma con il British Museum si parla di arte e storia. Il British Museum ha oltre otto milioni di manufatti che abbracciano più civiltà e tutte queste proprietà sono senza tempo. Se lavorerai con noi, avrai i diritti per utilizzare tutte queste risorse». In quel momento, sono quasi caduto dalla sedia perché era così difficile contenere la mia eccitazione. Ho parlato con quell’agente per mezz’ora e quella mezz’ora ha cambiato la mia vita. Sono molto orgoglioso che tre mesi dopo, il 30 settembre 2016, abbiamo firmato il primo contratto di licenza con il British Museum, che copriva un arco temporale di cinque anni in Cina per tutte le categorie di prodotti.

Ed è stato rinnovato?
Non solo è stato rinnovato, ma è stato esteso a 8 anni. Un e-commerce che gestiamo per il museo in Cina, Tmall, ha in media quasi 24 milioni di visitatori all’anno, ovvero quattro volte più visitatori di quelli che visitano di persona il British Museum ogni anno.

Quali prodotti ha creato per il British Museum e gli altri suoi partner museali?
Abbiamo migliaia di prodotti diversi, dalla cancelleria all’arredamento per la casa, diffusori profumati, abbigliamento, tavole da surf, bevande in bottiglia. I prodotti che mettiamo insieme non sono prodotti tipo souvenir. Non sono portachiavi o magneti da frigorifero. Ogni singola cosa che realizziamo è un prodotto di lifestyle. Non ci limitiamo a appiccicare dei dipinti sugli oggetti. Perché questo non è un modo per coinvolgere le giovani generazioni; vogliono qualcosa di nuovo e qualcosa di moderno. Non setacciamo le collezioni dei musei; sarebbe impossibile. Lavoriamo con società internazionali di previsione delle tendenze come Wgsn. Loro individuano le tendenze imminenti, noi le osserviamo e mettiamo insieme i temi, preparando da 4 a 6 gruppi di oggetti ogni anno. Ad esempio, un tema attuale è «A Wave from the East», ispirato a «La grande onda» di Hokusai. Quindi, collaboriamo con tutti i nostri partner museali per trovare le opere di Hokusai nelle loro collezioni e le usiamo come punto di partenza. I nostri designer creano quindi nuovi modelli e illustrazioni ispirati alla stampa originale e li utilizziamo su una gamma di prodotti in grado di attirare e soddisfare la fascia demografica più giovane.

Quanto spazio hanno i musei nei prodotti che create?
Lavoriamo a stretto contatto con i team di marketing dei musei perché il nostro compito è aiutarli a espandere il loro pubblico globale. Quindi, ad esempio, la National Gallery di Londra ospiterà una mostra su Raffaello nel 2022: e con questo in mente abbiamo messo insieme temi e design in modo che la vendita dei prodotti in licenza possa supportare la mostra. Molte delle opere che utilizziamo non sono protette da copyright: l’«Onda» di Hokusai, ad esempio, è già di dominio pubblico. Chiunque può usarla su qualsiasi prodotto. Ma non possono raccontare una storia autentica come noi, perché lavoriamo in collaborazione con esperti di musei. Ogni singolo prodotto che creiamo deve essere approvato dai nostri partner museali prima di essere immesso sul mercato.

Qual è il suo prodotto a marchio museale più venduto in Cina?
È un prodotto che abbiamo creato nell’ambito di un accordo di licenza che Alfilo Brands ha stretto per il British Museum con un’azienda di bevande cinese chiamata President Group, che ha utilizzato le immagini di un ragazzo faraone ispirato alla collezione egiziana del museo su bottiglie di Classmate Xiaoming, una bevanda al tè molto consumata dagli adolescenti. Ne abbiamo venduti oltre 250 milioni. Ora con ARTiSTORY stiamo lavorando a progetti molto interessanti, ad esempio con un marchio internazionale di elettrodomestici che vuole espandersi in 6 Paesi europei e in Nord America. Li abbiamo messi in contatto con la National Gallery per lanciare un programma di licenze in questi mercati. Faremo molto marketing digitale, come il live streaming dalla National Gallery.

Potete dare ai musei assicurazioni sulle vostre filiere e sulle condizioni di lavoro di tutte le persone che realizzano i vostri prodotti?
Dopo aver lavorato con Hollywood, ho imparato la lezione. I nostri partner cinematografici hanno preso molto, molto sul serio il lavoro, e ora le questioni ambientali. Quindi, abbiamo appreso che è importante non solo dire «sì, rispetteremo questi requisiti», ma fornire effettivamente i risultati e mostrare le prove. Abbiamo un comitato di conformità interno guidato dal nostro consulente legale e da alcuni capi dipartimento. Il loro compito è assicurarsi di mantenere ciò che promettiamo ai nostri partner museali. Il che significa che quando firmiamo i contratti di licenza, se questi affermano che i prodotti derivanti dovranno essere a basso impatto ambientale o ecologici, dobbiamo assicurarci che lo siano davvero.

Quanto guadagnano i suoi partner museali?
Ogni museo riceve diversi livelli di royalties, ma ci impegniamo su dei minimi garantiti. Ad esempio, abbiamo appena firmato un accordo con il Brooklyn Museum per i diritti globali esclusivi sulla loro collezione e abbiamo accettato di pagare loro una royalty fissa ogni anno, indipendentemente dal numero di prodotti che venderemo, per dimostrare loro che siamo pronti a dedicare molte risorse e rendere la nostra partnership un successo.

Più in generale, quale potrebbe essere una percentuale standard per i musei? Il 10% dei guadagni netti?
È inferiore, in genere tra il 3% e il 10% delle vendite nette, perché i musei hanno i manufatti, ma la mia azienda fa tutto il lavoro vero e proprio: abbiamo creato elementi di design come illustrazioni, stampe e pattern che possono essere facilmente applicati sui prodotti. Quello che facciamo è veramente innovativo. Ora è normale che le giovani generazioni, la Gen Z, imparino a conoscere l’arte attraverso i social media: è anche per questo che amano i prodotti come i nostri. Le nostre ricerche, ad esempio, mostrano che almeno il 70% dei nostri clienti sono donne e la loro età media è compresa tra i 25 e 30 anni.

I prodotti di ARTiSTORY, la nuova azienda di Yizan He, includono una gamma con disegni originali ispirati a «La grande onda di Kanagawa» (1830) di Hokusai © ARTiSTORY

Yizan He © ARTiSTORY

Cristina Ruiz, 13 aprile 2022 | © Riproduzione riservata

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