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Walter Guadagnini
Leggi i suoi articoliLa raccolta di Arthur Walther fa ormai parte delle grandi imprese collezionistiche della storia della fotografia degli ultimi decenni, e non solo. Iniziata negli anni Novanta da Walther, attivo dapprima in ambito bancario, la collezione è cresciuta col tempo non solo dal punto di vista numerico, ma anche da quello del suo posizionamento pubblico: una grande sede è stata aperta a Ulma, in Germania, poi un’altra, piccola ma estremamente attiva a New York, mostre e cataloghi si sono susseguiti in una continuità che evidenzia anche la presenza di un progetto di diffusione a largo raggio.
Oggi una parte significativa della raccolta giunge alla Maison Rouge di Parigi, in una mostra dal titolo «Après Eden», che presenta oltre 500 fotografie, individuate dal curatore Simon Njami all’interno delle categorie del paesaggio, del viso, della performance, del ritratto e del documento antropometrico o etnografico (dal 17 ottobre al 17 gennaio, catalogo Editions Fages).
La mostra permette di vedere, seppure non ordinati cronologicamente in ordine di acquisizione, i nuclei principali della collezione, da quello originario dedicato alla fotografia tedesca con Sander e soprattutto i coniugi Becher, seguiti naturalmente dai loro allievi rappresentanti della cosiddetta Scuola di Dusseldorf, per giungere all’amplissima selezione di opere provenienti dall’Africa, all’interno della quale si trovano i materiali più interessanti della mostra e dell’intera raccolta.
Santu Mofokeng, Seydou Keita, Malick Sidibé, Mikhael Subotzky, Pieter Hugo sono solo alcuni dei nomi che si susseguono sulle pareti dello spazio espositivo parigino, a comporre un mosaico di visioni e di suggestioni di grande fascino.
La mostra rappresenta la seconda tappa di un percorso espositivo che ha avuto il suo battesimo francese ad Arles lo scorso anno.
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