Viaggiare con gli esperti | La Milano dell’arte pubblica

Dalle Expo alla triennale, fino ai Mondiali di Italia ’90, la città si è dotata di un importante sistema di opere affidate a nomi emergenti e protagonisti internazionali. Lo ripercorriamo da Parco Sempione a City Life, fino al centro attorno al Duomo

«L.O.V.E.» (2010) di Maurizio Cattelan in Piazza degli Affari a Milano. Foto Zeno Zotti
Michele Robecchi |

Città tutto sommato povera da un punto di vista monumentale rispetto ad altre realtà italiane come Napoli, Roma o Torino, e definita dall’assenza di grandi piazze per via di una struttura urbanistica anomala, Milano non si distingue immediatamente come luogo di punta per l’installazione e la fruizione di arte pubblica. Tale fotografia è però attendibile fino a un certo punto.

Un’osservazione più approfondita rivela infatti che nel corso degli anni, grazie a una concatenazione di eventi che vanno dalle Esposizioni Universali (o Expo) tenutesi rispettivamente nel 1906 e nel 2015, alle Triennali di Architettura avviate negli anni Trenta e ai Mondiali di Calcio del 1990, le energie della città si sono canalizzate verso progetti di arredo urbano permanenti con risultati spesso notevoli. A questo vanno aggiunte una serie di iniziative pubbliche e private che, accumulatesi nel tempo, hanno contribuito a formare un tessuto scultoreo discreto ma di tutto rispetto.

Un primo passo per meglio capire questo discorso è quello di avventurarsi per due dei principali parchi cittadini, il Parco Sempione progettato da Emilio Alemagna nel 1894 come un’area verde all’inglese (quindi essenzialmente privo delle aree ombrose ed eccessivamente decorate che invece caratterizzano un altro parco cittadino, i Giardini Pubblici di Porta Venezia) e il progetto ArtLine all’interno del Parco di City Life, edificato sulle macerie della vecchia Fiera in seguito alla costruzione delle tre torri avviata nel 2007.
Una foto d’archivio della fontana «Bagni Misteriosi» (1973) basata su un progetto di Giorgio de Chirico
Il Parco Sempione, con il trasferimento della Triennale di Architettura da Monza a Milano, è stato teatro di progetti ambiziosi tra cui si distingue soprattutto la Torre Littoria (oggi Torre Branca) di Gio Ponti (1933), struttura panoramica dal classico perimetro esagonale che con i suoi 108 metri di altezza ha dominato il panorama cittadino fino al 1954, quando fu superata dalla Torre Breda (Ponti si sarebbe ripreso il primato sei anni dopo con il Grattacielo Pirelli accanto alla Stazione Centrale).

Sono stati però i primi anni Settanta il periodo di grazia in cui il Parco vide una vera e propria proliferazione di opere destinate a consegnarsi alla storia dell’arte pubblica meneghina. Tra queste ci sono la fontana «Bagni Misteriosi» (1973) basata su un progetto di Giorgio de Chirico, che dopo ripetuti episodi di vandalismo è stata disattivata e inglobata nell’area recintata adiacente al Palazzo della Triennale.

Ci sono poi l’anfiteatro in pietra e ferro «Accumulazione Musicale Seduta» (1971) dell’alfiere del Nouveau Réalisme Arman e il «Teatro Continuo» (1973) di Alberto Burri, un palcoscenico in cemento originariamente inteso come spazio libero di espressione posizionato tra il cannocchiale formato dal Castello Sforzesco e l’Arco della Pace. Quest’ultimo fu rimosso nel 1989 dalla Giunta comunale presieduta dal sindaco Paolo Pillitteri per ragioni ambientali, salvo poi essere ricostruito, si spera in via definitiva, nel 2015 per celebrare il centenario della nascita dell’artista.
«Guardiane» (2022) di Kiki Smith. Cortesia di ArtLine Milano. Foto di Alberto Fanelli
Tutt’ora in via di sviluppo, il Parco di City Life, raggiungibile dalla parte nord del Parco Sempione con la Linea metropolitana 1, ha invece contemplato sin dalle fasi iniziali l’arte pubblica come elemento portante della sua fisionomia, con il risultato che oggi la zona può essere effettivamente caratterizzata come un museo a cielo aperto. Dal 2016 a oggi hanno trovato posto, intorno ai grattacieli progettati da Zaha Hadid, Arata Isozaki e Daniel Libeskind, circa venti sculture firmate in egual misura da artisti emergenti nostrani come Riccardo Benassi, Ornaghi & Prestinari, Matteo Rubbi e Serena Vestrucci, e nomi internazionali come Judith Hopf, Maurizio Nannucci, Adrian Paci, Wilfredo Preto, Pascale Marthine Tayou e Kiki Smith, la cui «Guardiane» (2022) costituisce la prima opera su suolo pubblico realizzata dall’artista americana in Europa.

Al di là dei parchi cittadini, la zona che ha indubbiamente registrato la maggior proliferazione di opere d’arte (con alterne fortune, va detto) è la larga area sportiva di SAN SIRO, dove sorgono lo Stadio Giuseppe Meazza, gli ippodromi del trotto e del galoppo e, fino al 1988 il Palasport, prima che la nevicata del 1985 lo danneggiasse in maniera irreparabile. Quasi a riflettere le sventure del Palasport, la maggior parte delle sculture installate nei paraggi per celebrare i Mondali di Calcio di Italia ’90, oggi versano in condizioni discutibili. Bisogna compiere notevoli sforzi investigativi per trovare i lavori di Gino Masciarelli, Mario Rossello e dello Studio Original Designer 6R5.
«Cavallo di Leonardo Da Vinci» (1999) di Nina Aamu
Destino ben diverso ha avuto il «Cavallo di Leonardo Da Vinci» dell’artista nippo-statunitense Nina Akamu. Anche se realizzata nel 1999, le origini di questa opera macroscopica risalgono al 1482 quando il Duca di Milano Ludovico il Moro commissionò a Leonardo quella che nella sua visione doveva essere la più grande scultura equestre mai realizzata. Leonardo produsse una serie di disegni e anche un modello in creta, in seguito andato perduto. I diversi tentativi fatti per portare a compimento l’impresa negli anni giunsero a un punto di svolta quando Akamu, dopo un attento esame degli scritti e degli schizzi leonardeschi superstiti, riuscì a costruire due calchi di oltre sette metri, di cui uno è oggi ammirabile all’interno dell’Ippodromo di San Siro.

La costruzione del Passante Ferroviario a metà anni Novanta ha reso possibile arrivare a Milano via treno in un numero record di 20 stazioni. Tra queste, le due principali, grazie anche ai piazzali antistanti, offrono ai visitatori una selezione di opere importanti. In Piazza Duca d’Aosta, davanti alla Stazione Centrale, sono visibili sculture di maestri del Novecento come Marino Marini, Franco Zazzeri e Michelangelo Pistoletto. «La mela reintegrata» di Pistoletto in particolar modo, ha trovato casa nella parte sud della piazza (all’incrocio con via Vittor Pisani) nel 2016, un anno dopo essere stata presentata in piazza del Duomo per celebrare la tematica alimentare dell’Esposizione Universale nel 2015.
«Ago e Filo» (2000) di Claes Oldenburg e Coosje van Bruggen in Piazza Cadorna a Milano
In realtà il lavoro di Pistoletto, che originariamente era rivestito da un tessuto erboso salvo poi riproporsi in acciaio con una veste bianca tesa a esaltarne la purezza e il rapporto con il marmo circostante, esplora il concetto di «Terzo Paradiso» (un tema portante per l’artista) immaginandosi il frutto ricucito dopo il morso biblico che ha dato origine ai mali del mondo. Si tratta dunque di un’opera di vaga matrice oldenburghiana, una qualità pertinente considerato che piazzale Cadorna, di fronte alla Stazione Nord, è oggi dominato da «Ago e Filo» (2000) realizzata proprio da Claes Oldenburg e Coosje van Bruggen. Suddivisa in due parti, la fontana richiama diversi significati simbolici, dalla traiettoria dei mezzi di trasporto circostanti (i treni della vicinia metropolitana percorrono tratti sotterranei per poi riemergere) all’operosità a cui Milano è tradizionalmente associata, con evidente riferimento all’industria della moda.

Da piazzale Cadorna sono solo tre le fermate di metropolitana che separano dal cuore della città, Piazza del Duomo. Intorno alla Cattedrale e al Teatro alla Scala si sono negli anni materializzati episodi di arte pubblica di notevole importanza, che con il tempo si sono guadagnati un ruolo nel panorama locale. Tra questi è doveroso citare i marmi bifrontali di Pietro Consagra (1977), che incorniciano il Duomo per chi proviene da piazza dei Mercanti, la fontana-cubo dedicata a Sandro Pertini di Aldo Rossi in via Croce Rossa (1990) e il «Disco Grande» (1972) di Arnaldo Pomodoro in piazza Filippo Meda.
«Mère Ubu» (1973-76) di Joan Miró. Foto Valeria Corbetta davanti all’ex Palazzo del Senato di Milano
Ragionamento a parte merita «Mère Ubu» (1973-76) di Joan Miró, uno dei capolavori assoluti del patrimonio milanese. Dono alla città del grande artista spagnolo, la scultura è collocata davanti all’ex Palazzo del Senato e si distanzia dalla scoppiettante cromaticità tipica del suo autore per ritrarre in maniera zoomorfa e drammatica la figura dalla lunga connotazione machiavellica e cospiratrice della pièce «Ubu Roi» di Alfred Jarry, vera e propria fonte d’ispirazione del movimento surrealista.

A tenere alta la bandiera del secolo corrente ci pensa, in Piazza Affari proprio davanti alla sede della Borsa, «L.O.V.E.» (2010) di Maurizio Cattelan. Replica di una mano alzata nel saluto romano con le dita mozzate a eccezione del medio, il lavoro di Cattelan si presta a essere interpretato come un gesto irriverente nei confronti dell’universo della finanza la cui sede centrale è nell’edificio adiacente. Quest’ultimo aspetto ha prevedibilmente sollevato un dibattito sull’«accettabilità» dell’opera nel momento in cui si è proposto di renderla permanente. La questione si è risolta con una decisione fortunatamente «illuminata» quanto sorprendente, che fan ben sperare per il futuro dell’arte contemporanea a Milano.

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Michele Robecchi è critico d’arte e curatore di base a Londra dove dirige la collana di monografie d’arte contemporanea di Phaidon Press, è stato caporedattore di «Flash Art» (2001-04) e direttore di «Contemporary» (2005-07)

Con la storica e critica d’arte Angela Maderna è autore di Arte Pubblica Milano, 180 pp., 106 ill. di Marco Fanulli, postmediabooks/Sartoria Editoriale, Milano 2022, € 16,90

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