Veszprém, bella e barocca: ma perché andarci?
È una delle città più antiche d’Ungheria e quest’anno Capitale Europea della Cultura. Per il suo programma «Beyond» prevede 180 milioni di euro e 3mila eventi

Insieme a Timisoara, in Romania, ed Eleusi, in Grecia, Veszprém è Capitale Europea della Cultura 2023, seconda città ungherese a ottenere l’ambito titolo dopo Pécs, nel 2010.
L’iniziativa, lanciata nel 1985 dai ministri greco e francese della Cultura, Melina Mercouri e Jack Lang, doveva servire a valorizzare la diversità delle culture in Europa e promuovere lo sviluppo delle città per un impatto economico e sociale a lungo termine. Trasformare l’evento in un’opportunità di sviluppo territoriale è proprio la sfida che si sono posti gli organizzatori di Veszprém-Balaton 2023 (VEB2023) con il programma «Beyond», ovvero «superare sé stessi».
Veszprém affronta l’anno da «capitale» con un approccio a scala regionale, proiettandosi oltre il 2023: sono coinvolti più di 100 Comuni della regione Bakony-Balaton, tra cui Balatonfüred, Várpalota, Ajka e Herend. La commissione che nel 2018 aveva analizzato la candidatura di Veszprém, presentata l’anno prima, ha «apprezzato molto questa idea di inclusione», ha spiegato il sindaco Gyula Porga. Era stato avviato un vasto piano di modernizzazione delle infrastrutture locali e di restauro degli edifici storici, tra cui il LaczkÓ Dezső Múzeum, il museo della storia della città che conserva un fondo di reperti archeologici, documenti e fotografie. L’antico orfanotrofio di Veszprém, un palazzo dell’inizio del Novecento, è stato trasformato in centro culturale.
L’ottocentesca Casa Ruttner, salvata dall’abbandono, è diventata residenza per studenti, mentre il sito di una centrale termica in disuso, a Inota, a meno di una trentina di chilometri da Veszprém, ospita i festival di musica. Sono stati investiti 74 miliardi di fiorini ungheresi (circa 180 milioni di euro). Per Alíz Markovits, direttrice esecutiva di VEB2023, l’obiettivo è «creare processi sostenibili a lungo termine» per rivitalizzare la regione e fare di Veszprém un «nuovo hub culturale d’Europa».
Veszprém, circondata dai monti Bakony, è una città di circa 60mila abitanti, a poco più di un’ora di treno da Budapest e a una manciata di chilometri dalle sponde settentrionali del Lago Balaton, anche detto il «mare degli ungheresi», geoparco dell’Unesco dal 2012. È una delle città più antiche d’Ungheria, dall’elegante architettura barocca. Il nucleo antico è il borgo del castello, in cima a una collina. I vicoli stretti salgono fino alla piazza della Cattedrale di San Michele, dove sono conservate le reliquie della regina Gisela, sposa di Stefano I d’Ungheria, con il Palazzo Vescovile su un lato e la colonna della Santissima Trinità del 1750 al centro.
L’anno Capitale Ue della Cultura, che mette in programma circa 3mila eventi, è stato ufficialmente aperto il 21 gennaio. Sono stati individuati nove «cluster», che coprono tematiche diverse. Tra questi, «Fragile Balaton» intende sensibilizzare sul delicato ecosistema del lago. Comprende la mostra pop-up itinerante «Pure Balaton, Pure Art», che ruota intorno al concetto di «arte sostenibile», realizzata dal team HybridCycle, partner ungherese di TerraCycle, un’azienda statunitense che ricicla i rifiuti plastici e gli imballaggi per creare nuovi prodotti. In questo caso gli oggetti di scarto diventano installazioni artistiche, che saranno presentate lungo tutto l’anno in diversi luoghi tra Veszprém, Felsőörs, Keszthely o ancora Tapolca.
Nell’ambito del cluster «Bridge», il progetto «Finding a Home in Art», in collaborazione con il Finart Design Kft, prevede laboratori di arte terapia per persone marginali e senzatetto. Le loro opere sono esposte alla Szilágyi László Street Gallery. Fino al 28 maggio, nell’ambito del cluster «Reflection», si tiene alla Casa delle Arti e alla Galleria d’arte moderna-László Vass Collection di Veszprém, la mostra «Structural Harmonies», che allestisce una sezione di 50 opere di artiste dal dopoguerra a oggi, esponenti dei movimenti dell’Arte concettuale, del Costruttivismo e del Minimalismo, tra cui Júlia Vajda, Dóra Maurer, Rita Ernst, Geneviève Claisse e Agnes Martin.