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Una nuova ala e un Pollock rivoluzionario

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Ampliamento e riallestimento per un Kunstmuseum sempre più ambizioso

Il Kunstmuseum Basel, che riapre il 17 aprile dopo un intervento di ristrutturazione durato un anno, ha in programma per il prossimo autunno una mostra che si annuncia «blockbuster» ma molto poco scontata: l’opera figurativa di Jackson Pollock. Un progetto ambizioso, in linea con l’attività recente di un museo in forte crescita, sia di pubblico sia di opere e attività, tanto da richiedere una radicale riconfigurazione dei suoi spazi e dei suoi servizi.

La mostra sarà infatti accolta in un nuovo edificio realizzato nell’ambito della ristrutturazione da 103 milioni di dollari del Kunstmuseum, che aggiunge 2.500 mq di spazi espositivi, circa un terzo in più. 

La collezione del Kunstmuseum ha raggiunto le 4mila opere dal XIV secolo ai giorni nostri tra dipinti, sculture, installazioni e video, oltre a 300mila disegni e stampe. «Ciò di cui avevamo bisogno era innanzitutto uno spazio che potesse accogliere al meglio l’arte del Rinascimento e del XVII, XVIII e XIX secolo», dichiara il direttore del museo Bernhard Mendes Bürgi.

Nato sulla base dell’acquisto nel 1661 della collezione di Basilius Amerbach, è con ogni probabilità uno dei più antichi musei municipali del mondo. Ed anche uno dei più attivi e in espansione in Europa. Non possiede soltanto uno straordinario nucleo (il maggiore al mondo) di opere della famiglia Holbein, insieme a capolavori di Lucas Cranach il Vecchio e Matthias Grünewald, ma anche vere icone come le tele di Arnold Böcklin e Ferdinand Hodler, un ampio nucleo di impressionisti, fino a lavori più recenti di Cy Twombly.

L’edificio principale, completato nel 1936, era stato concepito per esporre questa collezione e per questo progettato da Rudolf Christ e Paul Bonatz, maestri di un Modernismo classicista di ambito tedesco che guardavano però all’architettura italiana, quella storica del Palazzo Ducale di Mantova ma anche quella del movimento Novecento e di Piacentini.

Il museo era stato ampliato nel 1980 e poi ristrutturato e riallestito negli anni ’90 e 2000. Ma negli ultimi decenni la collezione si è sempre più ampliata e, dal 2002, i curatori hanno iniziato a organizzare mostre più ambiziose e di successo. Gli spazi del museo erano ormai divenuti del tutto inadeguati.

Nel 2008 la milionaria svizzera Maja Oeri ha donato i fondi per acquistare un lotto di terreno di fronte alla sede principale del Kunstmuseum, offrendo un’opportunità unica per ampliare il museo e al tempo stesso una sfida: collegare i due edifici separati da una trafficata strada nel centro della città.

Lo studio di architettura di Basilea Christ & Gantenbein, preferito a nomi più affermati come Tadao Ando e Jean Nouvel, ha proposto un sottopassaggio (con forte illuminazione) che comprende un grande foyer e uno spazio espositivo. Il progetto è stato cofinanziato dalla Città di Basilea e dalla Laurenz Foundation di Maja Oeri, che sostiene dal 2003 anche lo Schaulager alla periferia della città.

Il nuovo edificio è il canto del cigno per Bürgi, che abbandona il suo incarico quest’anno. Al suo posto arriva Josef Helfenstein, ex direttore della Menil Collection and Foundation di Houston, in Texas, che sarà in carica dal primo settembre, giusto in tempo per la mostra di Pollock.

La mostra sarà la prima importante retrospettiva europea dell’artista da quella del 1998 alla Tate Modern di Londra. Prestiti di opere dell’Espressionismo astratto americano sono «molto difficili da ottenere», spiega la vicedirettrice del museo Nina Zimmer, che sta organizzando l’evento.

La Zimmer mette in discussione l’idea che Pollock, divenuto famoso per i drip painting, sia stato innovativo principalmente come artista astratto. «Per alcuni studiosi statunitensi si tratta di un’interpretazione conservativa, perché tornare al modello della figurazione significa andare indietro rispetto al passo in avanti fatto da Pollock», spiega, affermando che questa idea sarebbe stata difficile da proporre in un museo americano.

«The Figurative Pollock» (2 ottobre-22 gennaio 2017) riunirà circa 100 opere, tra cui 50 dipinti in prestito da istituzioni quali il Metropolitan Museum e il MoMA di New York, per presentare «il dialogo tra la figurazione e l’astrazione». Il sogno della Zimmer si è avverato grazie a un finanziamento extra da parte del Credit Suisse e della Fondazione per il Kunstmuseum di Basilea.

Redazione GDA, 14 aprile 2016 | © Riproduzione riservata

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