Un’anteprima delle più importanti mostre del 2023

A volo d’uccello tra le eccellenze del calendario espositivo internazionale di quest’anno

Un visitatore alla mostra «Velazquez-Rembrandt-Vermeer», al Museo del Prado, nel 2019. Foto: José Baztán Lacasa. © Museo Nacional del Prado
Cristina Valota |

Nell’agenda del viaggiatore d’arte, nel corso di quest’anno, figurano le mostre su Pablo Picasso nel 50mo anniversario della morte, i cinquecentenari di Perugino e Signorelli, le Biennali di Gwangju e San Paolo, Lagerfeld e i tête-à-tête Basquiat-Warhol e Manet-Degas.
«Autoritratto» (1906), di Pablo Picasso (particolare). © Successione Pablo Picasso. Vegap, Madrid, 2023. Foto: Mathieu Rabeau/Etablissement public de la Réunion des Musées Nationaux et du Grand Palais des Champs-Elysées
Le picassiadi
Il 50mo anniversario della morte di Picasso (1881-1973) è celebrato da mostre in tutto il mondo. Il percorso, tra le imperdibili, parte necessariamente dal Musée Picasso di Parigi, le cui straordinarie collezioni sono rivisitate attraverso un sorprendente allestimento concepito da Paul Smith, uno dei principali stilisti britannici, nell’ambito della mostra «Paul Smith al Musée Picasso. Uno sguardo sulla collezione», dal 7 marzo al 6 agosto. Come in una lente di ingrandimento, l’attenzione si focalizza sui capolavori del museo, integrati da opere di artisti internazionali contemporanei, quali Guillermo Kuitca, Obi Okigbo, Mickalene Thomas e Chéri Samba. Sempre a Parigi, il Centre Pompidou, dal 18 ottobre ’23 al 22 gennaio ’24, esalta la prolifica attività di Picasso disegnatore nella mostra «Picasso. 2023 disegni». Oltre 2mila tra disegni, incisioni e altre opere su carta compongono la più vasta rassegna mai dedicata a questo versante della produzione picassiana. Oltre al cinquantenario di Picasso, il Museo a lui intitolato a Malaga, sua città natale, festeggia il 20mo anno di apertura con una completa panoramica sulla scultura. Nella mostra «Picasso. Materia e corpo», dall’8 maggio al 10 settembre, si prende atto della molteplicità delle tecniche adottate, dal modellato all’assemblaggio di oggetti di recupero, dalla ceramica al bronzo. A Madrid, la mostra più importante è «Picasso 1906. Punto di svolta», al Museo Reina Sofía dal 14 novembre ’23 al 4 marzo ’24. È il momento in cui l’artista si avvicina gradualmente all’elaborazione delle «Demoiselles d’Avignon» e alla sua fase cubista, con la quale inizierà il suo percorso di attraversamento delle avanguardie storiche. La tarda fase produttiva di Picasso è tutt’ora tema di confronto tra gli studiosi. Alla Fondation Beyeler di Basilea, dal 19 febbraio al primo maggio, «Picasso. L’artista e la modella. Ultimi dipinti» riunisce dieci dipinti dell’ultimo decennio, incentrati sul tema chiave di questo periodo.
«Ragazza con l’orecchino di perla» (1664-67), di Jan Vermeer
Amsterdam, Rijksmuseum, «Vermeer», 10 febbraio-4 giugno
Curata da Pieter Roelofs e Gregor J.M. Weber, entrambi curatori al Rijksmuseum, la mostra riunisce 28 dei 35 dipinti di Johannes Vermeer (1632-75) ed è già stata definita «epocale». Il percorso in dieci sale è approssimativamente cronologico, dai primi dipinti della metà degli anni Cinquanta fino alle opere più tarde, completate poco prima della morte. La rigorosa cronologia sarà interrotta di tanto in tanto per excursus tematici. L’ultima grande retrospettiva su Vermeer risale al 1995-96, a Washington e L’Aia. Per approfondire la conoscenza su Vermeer ci si può recare a Delft (a circa 50 km di distanza), sua città natale, dove il museo municipale, il Prinsenhof, ospita, nelle stesse date, la mostra «Vermeer’s Delft».
«Ritratto di Pietro Cenni» (1490 ca), di Ercole de’ Roberti o Lorenzo Costa. Rotterdam, Museum Boijmans van Beuningen
Ferrara, Palazzo dei Diamanti, «Ercole de’ Roberti e Lorenzo Costa», 18 febbraio-19 giugno
I curatori Vittorio Sgarbi e Michele Danieli hanno riunito nel Palazzo dei Diamanti oltre 100 opere, molte delle quali tornano per la prima volta a Ferrara da musei e collezioni di tutto il mondo, per indagare il primo Rinascimento ferrarese attraverso Ercole de’ Roberti e Lorenzo Costa. È la prima tappa di un progetto più ampio, «Rinascimento a Ferrara 1471-1598 da Borso ad Alfonso II d’Este», destinato ad approfondire la vicenda storico artistica del periodo compreso tra l’elevazione della città a Ducato e il suo passaggio dalla dinastia estense al controllo dello Stato Pontificio.
«Sposalizio della Vergine», del Perugino. Caen, Musée des Beaux-Arts
Perugia, Galleria Nazionale dell’Umbria, «“Il meglio maestro d’Italia”. Perugino nel suo tempo», 4 marzo-11 giugno
Evento di punta delle celebrazioni del V centenario della morte di Pietro Vannucci (1450 ca-1523), la mostra curata da Marco Pierini, direttore della Galleria Nazionale dell’Umbria (Gnu), e Veruska Picchiarelli, conservatrice del museo, vuole restituire al Perugino il ruolo che la sua epoca gli aveva assegnato, attraverso i suoi maggiori capolavori provenienti, oltre che dalla Gnu, dai più importanti musei nazionali e internazionali, come gli Uffizi di Firenze e la National Gallery di Washington e di Londra, il Louvre di Parigi e la Gemäldegalerie di Berlino. Tra le oltre 70 opere, figurano solo dipinti del Perugino antecedenti al 1504, anno in cui egli lavorava a tre commissioni che segnano il punto più alto della sua carriera: la «Crocifissione» della Cappella Chigi in Sant’Agostino a Siena, la «Lotta fra Amore e Castità» già a Mantova, ora al Louvre di Parigi, e soprattutto lo «Sposalizio della Vergine» per la cappella del Santo Anello del Duomo di Perugia, oggi nel Musée des Beaux-Arts di Caen.
«Beethoven» (1928), di Felice Casorati. Rovereto, Mart. © Felice Casorati, by SIAE 2023
Mamiano di Traversetolo (Pr), Fondazione Magnani Rocca, «Felice Casorati», 18 marzo-2 luglio
Curata da Giorgina Bertolino, Daniela Ferrari e Stefano Roffi, l’antologica riunisce oltre 60 opere, inclusi molti capolavori provenienti da istituzioni pubbliche e collezioni private, per ricostruire l’itinerario di Felice Casorati (Novara, 1883-Torino, 1963) dagli anni d’esordio (il «Ritratto della sorella Elvira», che segna il debutto alla VII Biennale di Venezia nel 1907, e «Le ereditiere», esposto alla IX Biennale nel 1910) alla maturità. L’ordinamento cronologico sarà talvolta intercalato da accelerate temporali che anticipano gli esiti della ricerca su un medesimo soggetto. L’intensa attività di Casorati scenografo teatrale viene documentata in mostra da un corpus di bozzetti e figurini della Fondazione Teatro alla Scala di Milano.
«Due dame» (particolare, 1492-94 ca), di Vittore Carpaccio, dal ciclo di San Giorgio degli Schiavoni. Venezia, Musei Civici Veneziani, Museo Correr
Venezia, Palazzo Ducale, «Vittore Carpaccio. Disegni e dipinti», 18 marzo-18 giugno

Prestiti da musei, chiese e collezioni private d’Europa e degli Stati Uniti riportano a Venezia opere di Carpaccio (1460/66 ca-1525/26 ca) da secoli lontane dalla laguna. Curata da Peter Humfrey, specialista del pittore, con Andrea Bellieni, curatore dei Musei Civici di Venezia, e Gretchen Hirschauer, curatrice alla National Gallery of Art di Washington, museo che ha collaborato all’organizzazione e dove si è da poco conclusa la prima tappa, la mostra riunisce 45 dipinti di tema religioso, profano o di genere, alcuni di grandi dimensioni, e un folto nucleo di disegni di Carpaccio, autore del più ampio corpus sopravvissuto di disegni «di studio» del primo Rinascimento. «Questa mostra giunge a conclusione di scoperte e nuove attribuzioni, nonché di restauri straordinariamente rivelatori e propone un’aggiornata rilettura storico critica della pittura di Carpaccio», afferma Bellieni. La mostra proseguirà in un itinerario cittadino che raggiunge soprattutto i due capolavori del pittore, completi e intatti nello sedi d’origine o di elezione: il ciclo di sant’Orsola presso le Gallerie dell’Accademia e il ciclo di San Giorgio degli Schiavoni nella omonima Scuola.
«Il balcone» (1868-69), di Édouard Manet. © Musée d’Orsay, Dist. RMN-Grand Palais/Patrice Schmidt
Parigi, Musée d’Orsay, «Manet/Degas», 28 marzo-23 luglio

I due giganti dell’Impressionismo, Édouard Manet (1832-83) ed Edgar Degas (1834-1917), «Dioscuri diversi» alla luce di differenti scelte di vita (la ricerca di riconoscimento ufficiale da parte di Manet contrapposta all’appartata esistenza di Degas) ma anche di affinità culturali e tematiche, a confronto in una mostra che si avvale, oltre che delle straordinarie collezioni del Musée d’Orsay (che conserva, tra gli altri capolavori, «Le Déjeuner sur l’herbe» di Manet e il «Ritratto della famiglia Bellelli» di Degas) e dell’Orangerie, delle opere in arrivo dal Metropolitan di New York, dove la rassegna si trasferirà dal 24 settembre ’23 al 7 gennaio 2024.
«Peccato originale» del «Dittico di Vienna» (1477-79), di Hugo van der Goes. © KHM-Museumsverband
Berlino, Gemäldegalerie, «Hugo van der Goes. Tra dolore e beatitudine», 31 marzo-16 luglio
A 540 anni dalla morte, per la prima volta quasi tutti i dipinti (12 su 14) e i due disegni superstiti del più importante artista olandese della seconda metà del XV secolo sono riuniti in un’unica mostra, curata da Stephan Kemperdick e Erik Eising. Sebbene Hugo van der Goes (1440 ca-1482/83) debba essere considerato alla stregua di pionieri come Jan van Eyck e Rogier van der Weyden, nessuna mostra monografica è mai stata dedicata alla sua opera, sia per la rarità delle sue opere sia per il loro formato, spesso monumentale. Con circa 60 opere eccezionali, tra cui prestiti da 38 collezioni internazionali, la mostra vanta anche l’ultimo capolavoro di Van der Goes, la «Morte della Vergine» del Groeningemuseum di Bruges, che non ha mai lasciato le Fiandre prima d’ora, oltre a composizioni del maestro un tempo note ma perdute nell’originale presentate attraverso copie contemporanee dipinte e disegnate, e una selezione di opere dei suoi seguaci.
«La Nena» (1929 ca), di Arturo Martini
Treviso, Museo Bailo, «Arturo Martini. I capolavori», 31 marzo-30 luglio
Con la curatela di Fabrizio Malachin e Nico Stringa, questa retrospettiva giunge a 75 anni dalla prima allestita subito dopo la morte dell’artista, avvenuta a Milano nel 1947. Presentata nel museo che conserva la più consistente collezione pubblica di sue opere (140 ca), «sarà la più grande mostra su Martini mai realizzata, che radunerà i grandi capolavori in marmo, bronzo, terracotta», precisa Malachin. Non mancherà il Martini più inedito, quello della grafica, della maiolica e della pittura. A evidenziare il ruolo e la modernità di Martini nella scultura europea del Novecento sono riuniti i grandi capolavori martiniani, concessi da diversi musei e collezioni italiane e internazionali.
«6,99» (1984), di Jean-Michel Basquiat. © Estate of J-M Basquiat Licensed by Artestar, NY. © The Andy Warhol Found. for Visual Arts, Inc./Licensed by ADAGP, Paris 2022
Parigi, Fondation Vuitton, «Basquiat x Warhol, à quatre mains», 5 aprile-28 agosto
Dal 1984 al ’85 Basquiat (1960-88) e Andy Warhol (1928-87) hanno realizzato «a quattro mani» circa 160 dipinti, tra cui alcuni dei più grandi delle rispettive carriere. «Regista» dell’operazione fu il gallerista Bruno Bischofberger. La mostra, la più importante dedicata a questo singolare lavoro, riunirà più di 300 opere e documenti, tra cui 80 tele firmate congiuntamente; saranno inoltre presentate opere singole di ciascun artista, oltre a una collezione di lavori, tra gli altri, di Keith Haring, Jenny Holzer, Kenny Scharf, Michael Halsband, per ricreare la scena artistica della downtown newyorkese degli anni ’80.
Sook-Kyung Lee, direttrice della Biennale di Gwangju. Foto: Roger Sinek
Gwangju (Corea del Sud), sedi varie, «14th Gwangju Biennale. Soft and weak like water», 7 aprile-9 luglio
Viviamo in un mondo «liquido», aggettivo legato alle tecnologie digitali ma applicabile anche alla globalizzazione, all’ibridazione, alle migrazioni, fenomeni contraddittori in quanto portatori di positività e negatività. Come lo è l’acqua, risorsa primaria di vita ma anche potenziale forza distruttiva, soprattutto in fase di mutazioni climatiche. Il titolo della biennale trae ispirazione da un passo del «Dai De Jing» (antichissimo testo cinese, «Libro della via e della virtù»): la mostra «Morbida e debole come l’acqua», diretta da Sook-Kyung Lee, riunisce 58 artisti (nessun italiano) in una città essa stessa ambivalente, rivolta al futuro e storicamente legata alla tradizione calligrafica e pittorica cinese. Cospicua la presenza di artisti orientali, controbilanciata da molti autori del Sud America e dell’area del Pacifico; rarissime le star (tra queste Latifa Echakhch e Dayanita Sing).
Particolare di rhyton in argento dorato, Turchia, V secolo a.C. Londra, British Museum
Londra, British Museum, «Lusso e Potere. Dalla Persia alla Grecia», 4 maggio-13 agosto
Attingendo a oggetti provenienti da Afghanistan e Grecia, la mostra affronta il tema del lusso come strumento politico in Medio Oriente e nell’Europa sudorientale dal 550 al 30 a.C., e illustra come la corte reale achemenide di Persia usasse gli oggetti preziosi come indici di autorità, definendo uno stile che risuonava in tutto l’impero, dall’Egitto all’India. Si esamina come i lussi orientali siano stati accolti nella prima Atene democratica, acerrima nemica della Persia, e come siano stati adattati per renderli socialmente e politicamente accettabili. Infine, analizza come Alessandro Magno, spazzato via l’impero persiano, abbia inaugurato una nuova età ellenistica in cui gli stili di lusso orientali e occidentali si fondevano come parte di un mondo sempre più interconnesso. Con prestiti e altri oggetti del British Museum, la mostra riunisce pezzi in oro, argento e vetro, tra cui lo straordinario Tesoro di Panagyurishte dalla Bulgaria.
La collezione primavera-estate 2009 di Karl Lagerfeld. Foto Olivier Saillant. Cortesia di Karl Lagerfeld e Met, NY
New York, Metropolitan Museum, «Karl Lagerfeld: A Line of Beauty», 5 maggio-16 luglio
Lo stilista Karl Lagerfeld, nato ad Amburgo nel 1933, ha iniziato a lavorare negli anni ’50, ristrutturando intere case di moda, in particolare Chanel, e riconfigurando la professione di couturier. Collezionista, mecenate e imprenditore, è morto a 85 anni, nel 2019. Con circa 150 capi di Lagerfeld, accompagnati da schizzi preparatori, il curatore Andrew Bolton ne radica il successo nella storia dell’estetica, facendo riferimento nel titolo della mostra, così come nell’organizzazione, al trattato settecentesco di William Hogarth «The Analysis of Beauty», nel quale il pittore inglese elogiava la linea serpentina a forma di S. La mostra trova un’immagine emblematica in un serpente ricamato sul retro di un abito Chanel della collezione autunno-inverno 1986-87: Bolton vede Lagerfeld come una sintesi di opposti, capace di fondere il modernismo minimalista con lo storicismo e il romanticismo (nel linguaggio della mostra, la linea retta con la serpentina).
Lesley Lokko, direttrice della Biennale di Architettura 2023. Foto Jacopo Salvi. Cortesia di La Biennale di Venezia
Venezia, Giardini e Arsenale, «Biennale Architettura 2023. Il laboratorio del futuro», 20 maggio-26 novembre
L’Africa è il cuore pulsante di questa edizione della Biennale di Architettura, diretta da Lesley Lokko, che nel 2020 ha fondato ad Accra, in Ghana, l’African Futures Institute, scuola di specializzazione in architettura e piattaforma di eventi pubblici. Il Paese dalla popolazione più giovane al mondo è anche il continente con il più rapido tasso di urbanizzazione al mondo. Un Paese laboratorio, in cui convivono drammatici problemi e speranza, come sottolinea la curatrice, è l’epicentro per una mostra concepita come «workshop» rivolto al futuro, una «bottega artigiana» in cui elaborare modelli abitativi ed esistenziali attraverso il dialogo tra architetti internazionali e pubblico. Il luogo da cui l’Homo sapiens ha iniziato il suo percorso nel mondo può così diventare il punto di ripartenza dell’umanità.
Uno still da «Me and My Mother» (2015), di Ragnar Kjartansson. © dell’artista. Cortesia del Louisiana Museum of Modern Art
Humlebæk, Louisiana Museum of Modern Art, «Ragnar Kjartansson», 8 giugno-22 ottobre
La prima grande mostra dell’artista islandese (Reykjavík, 1976) in Danimarca è descritta dalla curatrice Tine Colstrup come un complesso ritratto della cultura occidentale contemporanea: «Kjartansson dialoga costantemente con la nostra autocomprensione, i successi, i fallimenti, i miti, i luoghi comuni, la vulnerabilità e l’assurdità». Saranno esposti videoinstallazioni, dipinti, sculture e disegni, tra cui alcune delle opere più amate dell’artista, come l’installazione videoimmersiva a nove canali «The Visitors» (2012), in cui Kjartansson e suoi amici musicisti si esibiscono in una dimora fatiscente a nord di New York. Tra le opere meno note, «Mercy» (2004), un filmato in cui l’artista, in stile Elvis con i capelli raccolti e un completo bianco crema, strimpella una chitarra e ripete il ritornello «Oh why I keep on hurting you?».
«Vergine e Bambino con san Giovanni Battista e pastore», di Luca Signorelli. Parigi, Musée Jacquemart-André. Cortesia del Musée Jacquemart-André, Parigi
Cortona, Museo dell’Accademia Etrusca e della Città di Cortona-MAEC, «Luca Signorelli», 23 giugno-8 ottobre
La città etrusca che gli ha dato i natali e che conserva molte sue opere celebra il V centenario della morte di Luca Signorelli (1441-1523). Curata da Tom Henry, esperto di Raffaello, Signorelli e dell’arte rinascimentale dell’Italia centrale, la mostra vanta prestiti eccezionali dai maggiori musei internazionali (tra gli altri, Uffizi di Firenze, National Gallery di Londra e Musée Jacquemart-André di Parigi), oltre che da collezioni private, che consentiranno di ricomporre pale d’altare smembrate e vendute. Oltre alla sede principale, il MAEC, che conserva il tondo «Vergine col Bambino e santi», la rassegna prevede itinerari in altri musei (il Diocesano ospita «Il compianto sul Cristo morto») e chiese di Cortona, e in altri luoghi simbolo di Signorelli, come il Duomo di Orvieto, con l’eccezionale ciclo di affreschi nella Cappella di San Brizio, e il Chiostro Grande dell’Abbazia di Monte Oliveto Maggiore (Asciano, Si).
«Stromboli, Opera 1» (1999), di Mimmo Jodice. Cortesia di Mimmo Jodice
Torino, Gallerie d’Italia, «Mimmo Jodice», 5 luglio 2023-31 gennaio 2024
Mimmo Jodice (Napoli, 1934) non ha mai smesso di osservare, meravigliarsi di possibili bellezze. Dalle prime immagini di sperimentazione degli anni ’70 alla lunga stagione della fotografia sociale, fino alle ricognizioni nelle città contemporanee e alla riflessione sull’antico, quello di Jodice è un continuo esercizio del guardare e di restituirci il ritratto multiforme di un’Italia che diventa subito territorio universale. La personale curata da Mario Martone si inserisce nell’ambito del progetto «La Grande Fotografia Italiana» a cura di Roberto Koch.
«Hallazgo (scoperta)» (1956), di Remedios Varo. Cortesia dell’Art Institute of Chicago
Chicago, Art Institute of Chicago, «Remedios Varo: Science Fictions», 29 luglio-27 novembre
Partecipi del circolo dei surrealisti europei esiliati nel Messico del dopoguerra, con cui condividevano il fascino per l’alchimia e l’occulto, Remedios Varo (1908-63) e le sue amiche, la pittrice britannica Leonora Carrington e la fotografa ungherese Kati Horna, erano conosciute come le «tre streghe». I dipinti di Varo, realizzati in uno stile che testimonia l’influenza di Hieronymus Bosch, sono popolati da figure impegnate in rituali misteriosi. Nonostante i riconoscimenti ottenuti in vita, la reputazione di Varo è aumentata solo negli ultimi anni grazie alla riscoperta delle donne surrealiste. In collaborazione con il Museo de Arte Moderno di Città del Messico, sono in mostra circa 25 dipinti degli anni ’50 e ’60, oltre a disegni e materiali d’archivio.
I quattro curatori della prossima edizione della Biennale di San Paolo del Brasile
San Paolo (Brasile), Padiglione Ciccillo Matarazzo, 35ma Bienal de São Paulo. Coreografie dell’impossibile», 6 settembre-10 dicembre
Coreografia: «Arte di comporre i balletti, disegnandone, sulla trama di un libretto, le successive figurazioni dei solisti e dei gruppi, armonizzate con la musica e con vari elementi dello spettacolo». Così il dizionario spiega il significato del termine e del concetto al quale si ispirano i quattro curatori della prossima edizione della Biennale di San Paolo del Brasile, la più «antica» del mondo dopo quella di Venezia: Manuel Borja-Villel, storico dell’arte; Grada Kilomba, artista multidisciplinare, scrittrice e teorica; Diane Lima, curatrice indipendente, scrittrice e ricercatrice; e Hélio Menezes, antropologo, critico e ricercatore, si propongono di «coreografare l’impossibile». Il che non vuol dire che sarà una Biennale esclusivamente dedicata alla performance, ma sarà una mostra che, come la Biennale di Gwangju, si confronta con un mondo in movimento perpetuo, contrassegnato dall’osmosi disciplinare e dagli spostamenti. L’«impossibile» è ciò che, per ora, esiste solo come utopia o desiderio; una buona dose di immaginazione e di visionarietà sarà l’ingrediente fondamentale di una mostra multidisciplinare come l’identità professionale del collettivo curatoriale.
«Nudo maschile di schiena (Studio per la Battaglia di Cascina)» (1504 ca), di Michelangelo. Vienna, Albertina. © The Albertina Museum, Vienna
Vienna, Albertina, «Michelangelo e le sue conseguenze», 15 settembre 2023-7 gennaio 2024
Una volta ogni dieci anni circa l’Albertina espone la sua celebre collezione di disegni di Michelangelo. Con circa 170 opere, questa mostra presenta 9 dei 13 fogli conservati nel Museo. Opere come il giovane nudo maschile seduto e due studi di braccia (1510-11) di Michelangelo, con il suo massiccio busto in torsione, evocheranno confronti con i nudi maschili di artisti come il manierista olandese Hendrick Goltzius, rappresentato dall’incisione di grandi dimensioni «Ercole» (1589). La mostra presenta anche una delle rare opere grafiche di Michelangelo che raffigurano il corpo femminile, «Studi di un nudo femminile seduto» (1530-36 ca), che i curatori integrano con nudi femminili di Rembrandt, Dürer e del contemporaneo tedesco di Michelangelo, Hans Baldung Grien. Per illustrare l’immenso impatto di Michelangelo sia nel XVI sia nel XVII secolo, sono allestiti anche importanti disegni di Raffaello, Rubens e Dürer.
«Artist Portrait with a Candle (A)» (2012), di Marina Abramovic. Cortesia Marina Abramovic Archives
Londra, Royal Academy of Arts, «Marina Abramovic», 23 settembre-10 dicembre
La prima grande mostra in Gran Bretagna di Marina Abramovic, pioniera dell’arte performativa, ripercorre cinquant’anni di carriera, riproponendo dal vivo anche performance storiche. Curata in collaborazione con l’artista, la mostra offrirà ai visitatori il tipo di incontro fisico per cui è diventata famosa. Opere come «Rhythm 0» (1974) invitavano il pubblico a interagire liberamente con la Abramovic in qualsiasi modo scegliesse, come nel caso di una pistola carica puntata alla testa. Opere successive come «The Artist Is Present» (2010), al MoMA di New York, hanno spinto il pubblico, seduto in silenzio di fronte all’artista, a interrogarsi sulle proprie emozioni. Abramovic parteciperà al programma di conferenze ed eventi che accompagneranno la mostra.
«Natura morta» (1952), di Giorgio Morandi. Cortesia della Galleria d’Arte Moderna Milano
Milano, Palazzo Reale, «Giorgio Morandi 1890-1964», 28 settembre 2023-28 gennaio 2024
Attraverso una nutrita selezione di opere provenienti da collezioni italiane e internazionali, la mostra, realizzata con la collaborazione scientifica del Museo Morandi e curata da Maria Cristina Bandera, metterà in risalto il processo mentale e l’itinerario creativo di Morandi, per offrire al pubblico l’opportunità di comprendere la profondità della sua pittura, la potenza enigmatica delle sue tele e, in sintonia con la finalità della ricerca da lui stesso dichiarata, la capacità di «toccare il fondo, l’essenza delle cose».
«Scatola in una valigia» (1935-41), di Marcel Duchamp. © Association Marcel Duchamp, by SIAE 2022
Venezia, Collezione Peggy Guggenheim, «Marcel Duchamp e la seduzione della copia», 14 ottobre 2023-25 marzo 2024
In tutta la sua opera Marcel Duchamp (1887-1968) ha messo in discussione la gerarchia tradizionale tra originale e copia. Il fulcro della mostra, curata da Paul B. Franklin, esperto di Duchamp, è «Scatola in una valigia» (1935-41), capolavoro conservato nella Collezione Peggy Guggenheim: un museo portatile contenente 69 repliche e riproduzioni in miniatura delle sue opere, che la mecenate americana acquistò dall’artista nel 1941. L’esposizione presenta importanti prestiti da musei italiani e americani, come il Philadelphia Museum of Art, nonché da diverse collezioni private, tra cui una trentina di opere provenienti da una collezione privata veneziana.
«Venere degli stracci» (1967), di Michelangelo Pistoletto
Rivoli (To), Castello di Rivoli-Museo d’Arte Contemporanea, «Michelangelo Pistoletto», 31 ottobre 2023-febbraio 2024

Il Castello di Rivoli, che custodisce il più importante nucleo di opere storiche dell’Arte povera al mondo, celebra il novantesimo compleanno di Michelangelo Pistoletto con una grande mostra personale allestita negli spazi della Manica Lunga e curata da Carolyn Christov-Bakargiev e Marianna Vecellio. Realizzata a stretto contatto con l’artista, la cui ricerca ha contribuito a ridefinire il concetto di arte a partire dalla metà degli anni Sessanta, la mostra, che propone un inedito percorso attraverso l’arte di Pistoletto (Biella, 1933), includerà una nuova opera-installazione immersiva di grande impatto visivo che invaderà gli spazi della Manica Lunga.
«Cupboard IX» (2019), di Simone Leigh. Cortesia dell’Ica, Boston
Washington, Hirshhorn Museum and Sculpture Garden, «Simone Leigh», 3 novembre 2023-3 marzo 2024
Simone Leigh avrà finalmente la sua prima mostra in un museo dopo anni di lavoro e la partecipazione alla Biennale di Venezia del 2022. La personale sarà inaugurata all’Institute of Contemporary Art di Boston (6 aprile-4 settembre) prima di essere trasferita all’Hirshhorn Museum and Sculpture Garden di Washington e poi, nel 2024, al Los Angeles County Museum of Art e al California African American Museum. Vengono ripercorsi gli ultimi vent’anni di carriera, concentrandosi sulle sculture in bronzo, porcellana, terracotta e vetro per evidenziare come la sua pratica intrecci architettura domestica e forme femminili per creare monumenti alla femminilità nera. La mostra includerà anche opere video realizzate con artisti come Chitra Ganesh e Madeleine Hunt-Ehrlich. Culmine del percorso, le sculture di «Sovereignty», la sua mostra nel padiglione statunitense a Venezia.

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