Verona. «Quello che non ho venduto»: s’intitola così la mostra con la quale, dal 7 dicembre, lo Studio la Città festeggia i suoi cinquant’anni. Sono poche le gallerie che possono vantare dieci lustri sempre sotto la stessa guida, in questo caso quella di Hélène de Franchis.
Quello che non ha venduto la rappresenta più di quello che ha venduto? Quali opere ricostruiscono la storia di questa galleria?
Vorrei che fosse una sorpresa, lascerò agli altri giudicare se ciò che ho tenuto mi rappresenta. C’è comunque una scelta di opere che testimoniano ciascuna un momento diverso di questa avventura. Si vedono tante facce, tante storie in un videocollage. Non ho voluto cercare un’autocelebrazione, ma piuttosto ho seguito l’idea del raccontarsi in maniera divertita e divertente.
È vero che si tratta di un’avventura iniziata un po’ per caso?
Un gruppo di imprenditori aveva deciso nel 1969 di aprire a Verona una galleria. Mi chiesero di dirigerla: conoscevo Lucio Fontana, avevo viaggiato, avevo fatto la mia tesi sull’architettura romanica, molto minimalista, come l’arte degli anni ’70.
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