Tremate, tremate, le Guerrilla Girls sono tornate!
«Colpevole» di conservare solo l’1,5% di opere di designer donne, il MK&G si autorevisiona e allestisce una grande mostra dedicata al potere creativo femminile degli ultimi 150 anni

In barba a chi le declassa oggi a insignificante fenomeno artistico passé, le Guerrilla Girls continuano a far parlare di sé, e molto, come dimostra la rassegna che il Museum für Kunst und Gewerbe/MK&G dedica loro dal 17 febbraio al 17 settembre. Per fortuna il mondo dell’arte in Germania è più evoluto che altrove e già da alcuni anni le sue istituzioni museali stanno ripensando le proprie curatele piuttosto escludenti in passato quando si parlava di artiste, soprattutto se vittime del doppio stigma di razzismo e/o omofobia.
Questa «THE F* WORD: Guerrilla Girls e la grafica femminista» è una delle mostre più attese d’inizio anno. Nel 1989 il gruppo newyorkese di artiste femministe Guerrilla Girls attirava l’attenzione del mondo dell’arte sul proprio celeberrimo manifesto: «Do Women Have To Be Naked To Get Into The Met. Museum?» (le donne devono essere necessariamente nude per entrare al Met?): un indice puntato contro il sessismo che vi imperversava e in particolar modo contro una mostra d’arte moderna del Metropolitan Museum che nella selezione dei 165 nomi da presentare aveva incluso solo 13 donne.
Da allora il collettivo statunitense è impegnato nella creazione di opere di denuncia di sessismo, razzismo, discriminazione, abusi di potere e corruzione nel mondo dell’arte, e per questa mostra del MK&G ha sviluppato un progetto che prende le mosse dai propri manifesti storici, circa 100 in tutto nella collezione amburghese, mettendola in discussione.
Constatando che meno dell’1,5% delle opere che il MK&G possiede sono di designer donne, è stato il museo stesso a imporsi un’autorevisione; e lo fa allestendo una mostra che rende per la prima volta giustizia all’enorme potere creativo delle donne designer negli ultimi 150 anni, autrici di manifesti cinematografici, teatrali e politici, copertine di riviste e libri, volantini, pubblicità, ex libris, disegni di caratteri tipografici e incisioni ornamentali storiche.
L’innegabile qualità delle loro opere solleva la questione del perché siano così poco conosciute e del come nascano certe (in)visibilità. La «grafica femminista» è il vero tema clou: vengono mostrate artiste/attiviste come Anja Kaiser, The Rodina, Anke Feuchtenberger e Sheila Levrant de Bretteville capaci di portare avanti il discorso femminista dopo gli anni Settanta.