Trasferito e rimasto all’estero pur sotto vincolo

Nel mondo ci sono beni riconosciuti formalmente a norma delle nostre leggi, ma che sono sottratti alla possibilità di essere conservati, tutelati, studiati, fruiti e valorizzati nel nostro Paese

Raffaello Tamiozzo |

Ho letto con interesse l’articolo nel numero di aprile con il quale il professor Fabrizio Lemme tratta la problematica dell’annullamento o revoca a posteriori dell’attestato di libera circolazione, invitando i lettori a farlo partecipe di eventuali situazioni particolari relative a tale argomento. Aderisco all’invito, precisando tuttavia che non ho da lamentarmi per il caso che illustro, del quale mi sono solo occupato in passato, nella mia funzione istituzionale di avvocato dello Stato.

Viene presentato all’esportazione definitiva un quadro. Il provvedimento di diniego all’esportazione è impugnato dal proprietario, sostenendo il mancato rispetto del termine a provvedere da parte dell’Ufficio di esportazione (articolo 68 del Decreto legislativo n. 42/2004). Sia il Tar che il Consiglio di Stato accolgono il ricorso del privato e annullano il provvedimento di diniego. L’opera resta temporaneamente in Italia e nel frattempo l’Amministrazione emana un provvedimento con il quale annulla l’atto tacito di libera circolazione (conseguente all’annullamento in sede giurisdizionale del provvedimento iniziale di diniego all’esportazione); anche il nuovo provvedimento dell’Amministrazione viene annullato da parte degli organi della giustizia amministrativa.

Mentre pendono i giudizi amministrativi, l’Amministrazione impone il vincolo di dichiarazione di interesse culturale particolarmente importante sul quadro. Anche tale provvedimento viene impugnato dal proprietario, ma il Tar rigetta il ricorso e il privato non propone appello: il provvedimento di vincolo acquisisce carattere di definitività e inoppugnabilità.

Successivamente l’Ufficio di esportazione, in attuazione di quanto disposto dai giudici amministrativi nella prima fase della vicenda, rilascia l’attestato di libera circolazione, nel quale viene peraltro annotata la sussistenza del provvedimento di vincolo. Il quadro attraversa il confine e il proprietario lo trasporta in un altro Stato membro dell’Unione Europea, dove poi richiede, e ottiene, la licenza di esportazione verso paesi terzi; il quadro viene così trasferito negli Usa.

Considerate le difficoltà manifestate al proprietario da potenziali acquirenti cittadini statunitensi, doverosamente e correttamente informati delle vicende subite in patria dall’opera e, in particolare, dell’annotazione apposta sull’attestato, dell’esistenza del vincolo, il proprietario avanza all’Amministrazione italiana istanza di ritiro del provvedimento di vincolo; il Ministero del tutto legittimamente oppone rifiuto all’accoglimento.

Ci troviamo quindi di fronte a un bene, sul quale è stato imposto un regolare vincolo dichiarativo dell’interesse culturale particolarmente importante per la normativa italiana, ma che è stato trasferito all’estero del tutto legittimamente, così come del tutto legittimamente è detenuto all’estero dal proprietario o da un suo avente causa. L’eventuale rientro in Italia va esaminato sotto un duplice profilo.

In primo luogo, se il bene rientra in regime di temporanea importazione, sarà sufficiente per l’importatore richiedere il rilascio del certificato di temporanea importazione previsto dall’articolo 72 del Decreto legislativo n. 42/2004, che preclude l’applicazione all’opera della nostra disciplina legislativa di tutela, con la conseguenza che il quadro non potrà essere trattenuto in Italia per effetto del decreto di vincolo. 

In secondo luogo se, per ipotesi purtroppo solo teorica, il rientro avviene a titolo definitivo, il diniego di esportazione pronunciato a suo tempo non potrà più essere invocato perché l’attestato di libera circolazione, rilasciato dopo l’annullamento in sede giurisdizionale del primitivo diniego, ha già avuto esecuzione; tuttavia un’ulteriore esportazione definitiva sarà preclusa «ex lege» per effetto del divieto di esportazione definitiva per i beni vincolati, e ciò in quanto il decreto di vincolo a suo tempo imposto sul bene riprende interamente, a ogni effetto, il suo vigore.

Resta l’amarezza di sapere che nel mondo ci sono beni riconosciuti formalmente a norma delle nostre leggi, ma che sono sottratti alla possibilità di essere conservati, tutelati, studiati, fruiti e valorizzati nel nostro Paese, al cui patrimonio culturale indiscutibilmente appartengono.

Raffaele Tamiozzo è docente di diritto dei beni culturali, Università «La Sapienza», Roma

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