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Tornquist biocromatico

Giulia Zandonadi

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«Tornquist ha aperto lo scrigno dei colori, quel piccolo universo delle apparenze dove la fisica moderna di Newton ha costruito certezze e Goethe ha motivato la sua storia, leggendo la natura e la naturale semplicità delle arti, guardando e sentendo, insieme al principio delle qualità», scrisse il critico Carlo Franza nel 1995 in merito all’artista austriaco (1938) a cui viene dedicata un’esposizione presso Villa Brandolini fino al 3 aprile.

Circa cinquanta le opere. Intitolata «Jorrit Tornquist e altre geometrie del colore», la mostra include confronti con i maestri del passato, tra cui Joseph Albers e Max Bill, con Hugo Demarco, Ulrich Erben e Kuno Gonschior, e infine con il più giovane Marco Casentini, che divide la sua attività tra l’Italia e la California. Di Tornquist, definito «alchimista» del colore, si possono vedere le opere inedite risalenti alla fine degli anni Cinquanta, per poi passare alla famosa tela «Origine della luce» del 1961, nella quale il bianco viene considerato dall’autore una «luce strutturata».

Saranno visibili poi allestite le opere legate all’associazione di colore e modulo geometrico, fino all’uso di supporti differenti, come garze o stracci, e agli effetti cangianti della materia che si accartoccia ai bordi del supporto. Dagli studi di carattere scientifico-biologico, Tornquist acquisisce una concezione dell’opera come essere vivente (nella foto, una delle opere in mostra».

Giulia Zandonadi, 03 marzo 2016 | © Riproduzione riservata

Tornquist biocromatico | Giulia Zandonadi

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