Terracqueo non è solo una mostra

A Palazzo Reale di Palermo il racconto del Mediterraneo

«Atlante Farnese», II sec d.C. e un particolare di una fotografia di Lucia Casamassina
Redazione |  | Palermo

Dai saggi dei più grandi autori di pubblicazioni sul Mediter­raneo emerge spesso che a domi­nare è la terraferma, analizzata e approfondita con lunghe e meditate indagini verso l'interno piuttosto che verso la distesa d'acqua nella quale città grandi e piccole si spec­chiano. Il mare svolgerebbe una funzione di supporto. Leggendo questi studi ci si immerge non nelle acque del mare, ma in quelle della storia più periferica, marginale, co­stiera.
Questa mostra, o meglio questa «narrative exhibition», non a caso è intitolata «Terracqueo». E non per fare un torto al mare, che ri­mane il protagonista: non esiste­rebbe, altrimenti, la terraferma.

«Terracqueo» è la grande mo­stra Palazzo Reale di Palermo: un'occasione per visitare anche questo straordinario complesso monumentale, che negli ultimi due anni ha aperto nuovi spazi da tempo inibiti alla fruizione e dove è incastonata la celebre Cappella Palatina.
Ricostruire la storia del Medi­terraneo assume un significato che è solo marginalmente espositivo. li tentativo è di raccontare e tra­sferire al visitatore un concetto di Mediterraneo per dargli ac­cesso alla sua anima, pur nelle diverse sfaccettature e opinioni messe in evidenza nel tempo da au­tori come Braudel, Abulafia e Bro­odbank.

La mostra è ideata e organiz­zata della Fondazione Federico II con un Comitato Scientifico multidisciplinare e con la collaborazione del Dipartimento Beni Cul­turali della Regione Siciliana e del Centro Regionale per il Restauro, con la prestigiosa collaborazione di musei nazionali come il Mu­seo Archeologico Nazionale di Na­poli (Mann), i Musei Capitolini e il Museo Etrusco di Volterra, non­ché di soprintendenze e di nume­rosi musei regionali.

L'obiettivo è dichiarato: donare al visitatore una chiave di lettura dell'antichità per rituffarlo improv­visamente nel presente e fargli per­cepire cosa era il Mediterraneo ieri e cosa è ai giorni nostri. Ecco per­ché l'ultima sezione, intitolata «Il Mediterraneo. Oggi», assume un ruolo chiave. Un reportage crudo e senza filtri, opera della fotografa Lucia Casamassima e del giornali­sta Carlo Vulpio, che avverte: «non ci troviamo di fronte ad un meltingpot e nemmeno di fronte a diversità da tenere assieme, bensì a tante identità e culture profonde. È il più grande condominio del mondo, all'interno del quale ognuno consi­dera gelosamente nostrum la fetta di mare da cui è bagnato».

Il percorso espositivo inizia con un reperto di richiamo internazio­nale: l'Atlante Farnese, realizzato nel Il sec. d.C. prendendo spunto da una più antica scultura di fase ellenistica. È stato volutamente col­locato ali' inizio del percorso perché incarna la visione della mostra, il simbolo della ricerca di una rotta oggi troppo spesso smarrita. Oltre al valore estetico suscita un inte­resse di natura scientifica: Atlante sorregge il globo celeste sul quale vengono raffigurate le costella­zioni, la precessione degli equinozi e alcuni meridiani e paralleli, di fatto una sbalorditiva sintesi tra arte e astronomia, già attestata in tempi antichi.

324 reperti e 8 «step» narrativi, poi, attendono il visitatore, che di­venta viaggiatore nel tempo e nello spazio sia esso manno,  sopra e sott'acqua o nella terraferma: «Un mare di storia», «Un mare di mi­grazioni», «Un mare di commerci», «Un mare di guerra», «Un mare da navigare», «Un mare di risorse», «Archeologia subacquea: passato e presente», «Il Mediterraneo. Oggi».

«Il Mediterraneo - afferma il presidente della Fondazione Fede­rico Il Gianfranco Miccichè - sembra nascere ed essere da sem­pre un'area cosmopolita dove gli scambi di merci, di manufatti arti­stici e di conoscenze tecniche hanno permesso il fiorire della più sorprendente e complessa società del nostro pianeta, sempre prota­gonista nella sua interezza sia in pace che in guerra. Gli eventi cul­turali proposti dalla Fondazione Fe­derico Il nel corso degli ultimi due anni hanno promosso una cultura di pace e l'educazione alla nonvio­lenza per favorire la naturale vo­cazione della Sicilia ad essere un ponte di pace tra tutte le popola­zioni del Mar Mediterraneo. L'arte è il migliore strumento contro l'in­differenza, richiama ingenti emo­zioni e anima lo spirito che con­duce alla riflessione, poiché provare a immedesimarsi nelle pro­duzioni artistiche dell'antichità può essere la chiave per comprendere meglio il presente».

«Siamo di fronte ad una grande narrazione - ha affermato il diret­tore generale della Fondazione Fe­derico Il Patrizia Monterosso - frutto di un lavoro corale che vuole stimolare una riflessione. Oggi il Mediterraneo, luogo unico per bel­lezza e testimonianze storico-arti­stiche, vive di grandi contraddi­zioni: tra loro si susseguono i concetti di ricchezza e povertà, ren­dendo evidenti grandi processi di trasformazione globale che dolo­rosamente distolgono e ormai troppo spesso consacrano l'atteg­giamento mentale dei più a una nuova divinità contemporanea quella dell'apatia. Terracqueo pone un'importante presa di co­scienza per i visitatori di ogni cul­tura e nazionalità presentando l'acme della produzione culturale di diverse società del mondo antico e narrando eventi storici, come ad esempio la Battaglia delle Egadi. Dopo aver narrato l'antichità, l'ul­tima sezione ritrae il Mediterraneo odierno con crudezza e non può che suscitare nel visitatore un con­fronto tra ieri e oggi. Ognuno avrà la sua risposta».

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