Tàpies: dipingo così perché sono catalano

In occasione dell’anniversario dei cent’anni dalla nascita dell’artista, il Palais des Beaux-Arts-Bozar gli dedica una grande retrospettiva con più di 120 opere tra dipinti, disegni e sculture

Autoritratto di Antoni Tàpies © Fundació Tàpies, Barcelona SABAM. Foto: FotoGasull
Luana De Micco |  | Bruxelles

In occasione dell’«anno Tàpies», anniversario dei cento anni dalla nascita dell’artista catalano (le cui celebrazioni iniziano ufficialmente a Barcellona il 13 dicembre), fino al 7 gennaio ’24 il Palais des Beaux-Arts-Bozar presenta la mostra «Antoni Tàpies. La pratica dell’arte», organizzata dal Museo Nacional de Arte Reina Sofía di Madrid, in collaborazione con la Fundació Antoni Tàpies.

La retrospettiva riunisce più di 120 opere tra dipinti, disegni e sculture dell’erede rivendicato di Picasso e Miró, con diversi prestiti in arrivo da Madrid. Tàpies, artista autodidatta diventato il più importante pittore spagnolo del secondo dopoguerra, è morto a 88 anni nel 2012, lasciando dietro di sé un’opera astratta, ermetica, poetica, che sfugge a tutte le correnti e etichette.

In un primo tempo si interessò all’Astrattismo e al Surrealismo. Quindi seguì una sua via autonoma, senza smettere mai di esplorare nuove tecniche e usare nuovi materiali, pur conservando in 60 anni di carriera un’imperturbabile coerenza visiva.

La mostra si apre sui primi disegni e autoritratti degli anni Quaranta e prosegue con le rivoluzionarie «pitture plastiche», iniziate negli anni Cinquanta, caratterizzate dai colori della terra. In questo periodo l’artista incorporava alla pittura a olio materiali poveri e inattesi come l’argilla, la paglia, la sabbia, lo spago, i capelli. Più tardi aggiunse anche la carta e il cemento.

Da questi assemblaggi risultava una materia pittorica spessa che l’artista graffiava, lacerava e su cui incideva segni geometrici o astratti. Attraverso il suo lavoro sulla materia Tàpies esplorava la fragilità della natura umana: «Se dipingo come dipingo è innanzi tutto perché sono catalano», diceva l’artista, segnato, come tutta la sua opera, dalla guerra civile spagnola e dal franchismo.

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