Sugli imbrattamenti dimostrativi per l’ambiente

Nel nostro Codice è prevista oggi una norma che riguarda proprio, tra gli attentati alla conservazione del patrimonio artistico, il deturpamento e l’imbrattamento dei beni culturali. Ma la pena può essere sospesa a determinate condizioni

Il «Pagliaio» di Claude Monet del Barberini Museum di Potsdam, attaccato con un purè di patate
Manlio Frigo, Silvia Stabile, Francesco Sbisà |

Le azioni degli esponenti attivisti delle associazioni ambientaliste contro capolavori di grandi maestri dell’arte hanno fatto il giro del mondo: a distanza di poche settimane, dopo «La Gioconda» di Leonardo presa di mira al Louvre di Parigi con una torta, si è passati alla «Primavera» di Botticelli agli Uffizi di Firenze, ai «Girasoli» di Van Gogh della National Gallery di Londra, raggiunti da una Campbell’s, al «Pagliaio» di Claude Monet del Barberini Museum di Potsdam, attaccato con un purè di patate. Da ultimo, al Mauritshuis all’Aia, due ambientalisti si sono incollati con una sostanza ignota al dipinto di Vermeer, «La ragazza con l’orecchino di perla».

Non solo opere d’arte: a Londra, una torta di cioccolato è stata stampata sul volto della statua di cera di Carlo III, mentre altri sostenitori della campagna bloccavano il traffico in Abbey Road, nella celebre posa dei Beatles. Proteste contro l’inquinamento ambientale e il conseguente cambiamento climatico di «Just Stop Oil», gruppo ambientalista che si batte per assicurare l’impegno del Governo a porre fine alle nuove licenze per l’estrazione di combustibili fossili nel Regno Unito, e di «Letzte Generation», con azioni di disobbedienza civile non violenta per chiedere azioni urgenti e concrete contro il collasso eco-climatico in Italia.

L’obiettivo è di sensibilizzare l’opinione pubblica e i Governi degli Stati verso politiche sensibili alla salute dell’ambiente, con tanto di meeting virtuali e in presenza, con l’uso dei social media, dei siti web e delle rassegne stampa. Ma, a prescindere dalla causa, perché attaccare proprio il patrimonio culturale? Tutto ciò è legittimo? Vi sono norme che nel nostro sistema si impongono la tutela delle opere d’arte? In Italia, è del marzo scorso la riforma del Codice penale (legge 9 marzo 2022, n. 22) che ha inasprito le pene per i reati contro il patrimonio culturale; un provvedimento che si ricollega ai princìpi della Convenzione europea di Nicosia (2017) ratificata dall’Italia il 12 gennaio 2022.

L’intervento legislativo innova perché colloca nel Codice penale, con un titolo espressamente dedicato, gli illeciti penali precedentemente ripartiti tra Codice penale e Codice dei beni culturali, introducendo nuove fattispecie di reato e aggravanti, innalzando le pene edittali, potenziando gli strumenti investigativi e ampliando le ipotesi di responsabilità. In tale contesto, è prevista oggi una norma (art. 518-duodecies c.p.) che riguarda proprio, tra gli attentati alla conservazione del patrimonio artistico, il deturpamento e l’imbrattamento dei beni culturali. La norma sanziona tale comportamento con la pena della reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 1.500 a euro 10mila, ma disponendo che l’eventuale concessione della sospensione condizionale della pena sia subordinata all’eliminazione delle conseguenze dannose.

Ciò significa in concreto che, ai fini di concedere la sospensione della pena (che può essere riconosciuta quando la pena comminata non superi i due anni di reclusione), non solo il giudice può disporre che i luoghi e le cose siano ripristinati nel loro stato originario e ripuliti, ma anche che vengano sostenute le relative spese o rimborsate al museo che le ha anticipate e di prestare attività a titolo gratuito a favore della collettività (previsione che ha anticipato parte dei contenuti e lo spirito dell’istituto della messa alla prova, il cui ambito di applicazione è stato esteso dalla cosiddetta riforma Cartabia che può essere utilizzata come alternativa sanzione nel caso in questione).

Per giudicare l’imbrattamento delittuoso non occorre che l’opera sia stata deteriorata o resa inservibile, ma che sia ripristinabile, senza particolari difficoltà. È il caso in cui l’opera sia stata solo sporcata sotto l’aspetto dell’estetica, anche in assenza di perdita della sua integrità o funzionalità, tanto che un semplice intervento superficiale sia idoneo a ripristinarla nel suo aspetto e nel suo valore originari.

Manlio Frigo, Silvia Stabile e Francesco Sbisà sono nl Focus Team Arte e Beni Culturali di BonelliErede

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