Speciale Nft | Istruzioni per l'uso

In un mondo parallelo virtuale operano i nuovi attori (artisti e collezionisti) della criptoarte. Sono perlopiù millennial vicini al mondo dei videogiochi e adepti dei social media

Il turbofilm «Surfing With Satoshi» (2013) di Alterazioni Video
Michela Moro |

All’inizio ogni novità è presa sottogamba, considerata un gioco da ragazzi, si pensi alla rete o ai droni. Quando nel 2017 comparvero i CryptoKitties, gioco su blockchain sviluppato dallo studio canadese Dapper Labs che consentiva di acquistare, collezionare, allevare e vendere gatti virtuali dall’aspetto fumettistico e di incrociarli tra loro creando nuove razze, si parlò di un videogioco alla Tamagochi. Quattro anni più tardi i CryptoKitties sono diventati uno degli snodi epocali nella storia della blockchain e, a scendere, degli Nft (Non Fungible Token).

Il mondo dell’arte è molto tradizionalista, refrattario al cambiamento. Ora nomi di artisti mai sentiti prima sono accostati a Jeff Koons e David Hockney. Uno scossone epocale. Ma non nel mondo Nft, che ha creato il proprio Metaverse, con artisti e collezionisti che si muovono all’interno della loro comunità, ignorando e disattendendo in gran parte le regole del gioco dell’arte tradizionale.

Generazioni lontane anni luce dai collezionisti e artisti tradizionali per educazione e provenienza, sono millennial autoriferiti che credono nella trasparenza del mercato, portando in primo piano l’aspetto economico, senza falsi pudori. Si parla tantissimo di valori economici, perché questo mondo è riuscito a far convergere in modo inestricabile arte e valore della stessa, valutazione e contenuti, essendo gli Nft entrambe le cose. Difficile per i neofiti comprendere la scala di valori degli artisti, a parte l’opera di Beeple, «Everydays: The First 5000 Days», che da Christie’s l’11 marzo, dopo due settimane di offerte online, è stata aggiudicata per 69,3 milioni di dollari.

Sono universi sconosciuti perché chi li abita non ha avuto grandi interazioni col mondo ufficiale dell’arte. La maggior parte è gente esperta del campo che conosce il linguaggio digitale in tutte le sue forme e dinamiche. Il duo canadese Larva Labs, Matt Hall e John Watkinson, si autodefinisce «tecnologi creativi probabilmente meglio conosciuti per i nostri progetti di crypto art CryptoPunks e Autoglyphs». Nel 2017 i 10mila CryptoPunks, uno dei primi token non fungibili (Nft) rilasciati sulla blockchain di Ethereum seguendo l’idea che alcune righe di codice potessero trasformarsi in «altro», furono regalati, oggi i 9 Punk più rari valgono tutti insieme circa 17 milioni di dollari, come battuti da Christie’s in maggio.

Surfare, che passione!
Al netto delle competenze e dei contenuti tecnologici, per un adulto non millennial «surfare» le piattaforme è anche molto noioso. Bisogna scremare un’incredibile sequela di esperimenti che non garantirebbero l’accesso a una scuola d’arte, esercizi di stile di basso livello. Come non affogare in questo mare? Chi s’incontra? Artisti visivi di ogni tipo, designer, musicisti, moda e «collectible», oggetti di ogni genere, tant’è che abbiamo visto trasformati in Nft il primo Tweet, momenti del campionato Nba, e tutto quello che riguarda il «gaming», leggi videogiochi con la possibilità, volendo, di creare il proprio avatar. Molti artisti provengono da questi mondi, siano disegnatori di set di videogiochi, street artist riconvertiti o fashion designer per brand supercool.

I luoghi d’incontro sono i marketplace, le piattaforme, dove si possono trovare le opere. Sono quasi tutte basate sull’Ethereum e la valuta è l’Ether, più flessibile del Bitcoin per queste operazioni. La scelta delle opere è illimitata, tra edizioni e pezzi «unici». Un lavoro diventa unico quando l’Nft ne certifica l’unicità, ma si può trovare la stessa immagine libera, e fruirla senza possederla. Il creatore dell’opera realizza subito il 15% della transazione, una sorta di diritto di seguito dichiarato e non discutibile, che viene ripetuta a ogni vendita.

Spesso le vendite sono aste in cui le edizioni non definite in anticipo possono diventare da 30 a 300 a seconda dell’andamento del bidding. Per acquistare un’opera occorre un criptowallet, un portafoglio nutrito di valuta, in questo caso di Ether, col quale accedere alle piattaforme. I criptowallet, i portafogli, sono unici e personali, e vengono registrati con una doppia password che non può essere persa pena la perdita del portafogli medesimo. Questo è il passaggio più complicato, forse anche per la tensione generata dalla prospettiva di un’eventuale perdita. Il criptowallet si può creare, per esempio, su MetaMask o Coinbase. A questo punto si è pronti per iniziare a esplorare il Metaverse, lo spazio virtuale collettivo.

I criteri con cui i collezionisti collezionano sono basici: essere un sostenitore della prima ora di un nuovo movimento o di una nuova generazione di artisti; il profitto e la speculazione; essere digital flex, ovvero poter ostentare un pezzo, ad esempio, di Pak o Hackatao. Il peso degli artisti? Essere originali, con uno stile identificabile; la capacità dell’artista di promuovere se stesso creativamente e di connettersi con la comunità; essendo l’Nft un certificato, sono importanti la «genesi» dell’opera, la piattaforma sulla quale è esposto e, ultimo ma non ultimo, la rarità del lavoro. Questo perché nel mondo digitale dove tutto è ripetibile e ripetuto, il numero basso è indice di preziosità. Insomma, un po’ pochino, per chi surfa le gallerie internazionali, i musei e, una volta, le grandi fiere dell’arte.

La dittatura dei social
Ma guardando meglio il cambiamento sarà per sempre. La capacità di promozione di un artista è tenuta in grande considerazione: siamo nell’era di Instagram e TikTok, impossibile che non sia così. Il dibattito artistico si svolge su Twitter, e si comunica principalmente con Discord. Questo sottolinea la forza della comunità, ed è meglio che un artista creda in se stesso e lo trasmetta, di chi posta un balletto carino in cucina. Siamo agli albori, chi sa usare la tecnologia non è necessariamente un artista capace, e questo è uno dei nodi cruciali, ma le potenzialità sono infinite. Non a caso Urs Fischer ha prodotto una serie di lavori certamente più interessanti della media, così come il collettivo russo AES+F.

La carenza di intermediazione, teorizzata per un verso, porta dall’altro alla scarsità di curatori, ma molti ne augurano la presenza; il curatore porta con sé il proprio canone estetico e nel Metaverse c’è un gran lavoro da fare. Il certificato elettronico delle opere che pochi mesi fa pareva fantascienza sicuramente verrà assorbito dal mondo «normale» senza nemmeno rendersi conto da dove proviene, e sarà una garanzia per tutti. Non saranno gli Nft a distruggere il mondo dell’arte, ma certamente in tempi rapidi si assisterà a cambiamenti dovuti all’osmosi tra realtà virtuale e fisica, come del resto avviene in tutti i campi.

E non saranno nemmeno le oscillazioni delle criptovalute o l’ostracismo cinese, la blockchain è lì per rimanere. I più «avanti» ne fanno oggetto di riflessione da tempo. Neïl Beloufa, che ricerca da anni l’influenza della vita digitale su quella reale, include gli Nft nelle opere in mostra al Pirelli HangarBicocca fino a gennaio 2022; Thomas Webb, artista relatore del seminario organizzato da Christie’s, osserva che «L’unione tra mondo reale e la tecnologia è già lì come un regalo o un ulteriore strato; le nuove tecnologie sono già negli smartphone, è sempre una lente creativa che ispira la gente. Gli Nft sono nati guardando la gente nel quotidiano e offrono un’autenticazione all’interno del mondo digitale, tant’è che adesso è open source, ma ben si vede la corsa all’oro di Apple e Facebook».

I primi timidi passi del modo più tradizionale già si fanno: Art Dubai avrà il primo stand Nft, Francesco Clemente e Yue Minjun hanno annunciato di essere in procinto di lanciare un Nft, così come Francesco Bonami. Ha ragione al proposito Simon de Pury che ha scritto: «Nel mondo digitale il porno è di gran lunga il più grande business. Però nessuna innovazione tecnologica si avvicinerà mai al sesso reale». Potrebbe rispondergli Pak col commento dopo la sua asta milionaria di aprile: «Hello Digital :)».

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