Seconda tappa per la costituzione di un museo diffuso dell’Università di Verona
Allestite nella sede in Borgo Roma altre trenta opere della collezione di Agiverona di Anna e Giorgio Fasol. L’obiettivo è di costruire una realtà aperta e ampiamente fruibile da studenti e cittadini

Innalzare l’offerta culturale, contribuendo con la grande assente sulla scena cittadina, la contemporaneità, e portare Verona a essere riconosciuta e vissuta come città universitaria nella sua espressione più ampia. Questo è l’obiettivo a cui punta il locale ateneo anche attraverso il progetto di costituzione di una sezione museale e nell’ambito di un programma di interazione attiva con la l’amministrazione. A spiegarlo è Riccardo Panattoni, docente di Filosofia Morale nel Dipartimento di Scienze Umane e referente per questo progetto che «nasce a partire dalla sottoscrizione di un comodato di circa ottanta opere di arte contemporanea da parte della collezione Agiverona di Anna e Giorgio Fasol. Le opere sono tutt’ora esposte in una delle sedi universitarie, quella di Santa Marta, con il titolo “Contemporanee/Contemporanei”».
L’ateneo è infatti distribuito in diverse zone della città, in una delle quali, Borgo Roma, dal 5 maggio sono state allestite altre trenta opere della collezione per un nuovo percorso espositivo dal titolo «Bios Techne. Corpo ambiente tecnologia» curato da Luca Bochicchio, docente di Storia dell’arte contemporanea all’Università di Verona, e da Jessica Bianchera, presidentessa dell’Associazione Urbs Picta. «Ma, prosegue Panattoni, la volontà che Anna e Giorgio Fasol hanno manifestato è quella di una donazione, cosa che consentirebbe di costituire un vero e proprio museo nazionale dedicato all’arte e ai linguaggi della contemporaneità».
La collezione Agiverona nasce negli anni ‘80. «Da sempre votata alla contemporaneità, spiega Giorgio Fasol, è costituita per il 90% da opere la cui data di realizzazione coincide con quella di acquisizione. Le opere che vorremmo destinare all’Università sono tutte di giovani artisti e concepite a partire dalla fine degli anni ‘90». E sull’obiettivo di questo progetto, il collezionista ha le idee chiare: «Amo la mia città e vorrei vederla culturalmente più attiva. Credo nei giovani e nella capacità dell’arte di aprire la mente».
Forte di un esercito di circa 30mila studenti, l’Università di Verona non vorrebbe essere percepita come una cittadella a sé stante, ma come il motore di una trasformazione, dove il museo possa fare da legante tra le varie sedi dell’ateneo e la città stessa. I requisiti necessari per la fondazione di questa nuova realtà museale sono già stati confermati dalla Regione Veneto, si attende ora il completamento dell’iter e la sottoscrizione dell’accordo di donazione.
«Il museo che abbiamo in mente, riprende Panattoni, è una realtà aperta, ampiamente fruibile, non solo legata all’esposizione di opere come completamento dei locali e degli arredi, ma si tratta di farle vivere, pianificando una serie di attività. Vogliamo creare un’istituzione che dia supporto a ciò che, come “terza missione”, l’università è chiamata a fare: la relazione con il territorio, coinvolgendo gli studenti non solo di area umanistica, ma anche scientifica».
Un progetto in fieri per il raggiungimento del quale Panattoni vede in questo nuovo allestimento una tappa fondamentale: «Con un totale di circa cento opere, considera il docente, si è creata una situazione molto interessante. Auspichiamo in accordo con la collezione AgiVerona di passare presto a una donazione delle opere: saremmo il primo ateneo in Italia ad avere una sezione museale, ma anche a livello internazionale sono poche le realtà confrontabili con cui potremmo entrare in relazione. È necessario fare rete anche per la gestione e valorizzazione di questo patrimonio di cui siamo diventati destinatari, e il museo diffuso è lo strumento per arrivare a questo obiettivo».