Se invece avesse comprato Cézanne, avrebbe guadagnato il tremila percento
Le aste sono delle trappole perfette per offuscarci la vista e la memoria, ma l’analisi di vendite ultracentenarie può insegnarci alcune utili lezioni

Spesso siamo troppo vicini alle cose per vederle chiaramente. Le aste sono delle trappole perfette per offuscarci la vista e la memoria. Ricordiamo a malapena quello che è successo il mese prima, il resto si mescola con l’oblio. D’altronde queste vendite sono costruite per farci guardare avanti, sempre e comunque, fornendoci le migliori speranze. Oramai è anch’esso un articolo d’antiquariato, ma se vi capita di trovarlo comprate L’affascinante storia del collezionismo di Maurice Rheims (il primo libro edito da Umberto Allemandi per Bolaffi).
Verso la fine del libro appaiono dei grafici che fanno paura, arricchiti con linee rette che segnano dei crolli verticali. Rheims pubblica anche quelle che puntano verso il cielo, tuttavia si dilunga a parlare di quelle che la sua generazione ha visto scivolare fino a terra. Una volta distese al suolo hanno iniziato a scavare. In queste buche scure e profonde stanno rannicchiati degli articoli di cui nessuno parla perché sono portatori di brutti ricordi. Ma non sono i nostri, quindi usiamoli per evitare di seguire le mode.
A pagina 236 Rheims espone un piccolo esempio: il «Ritratto di Lady Louisa Manners» del pittore inglese John Hoppner (1758-1810). Alzi la mano chi lo conosce. Io mi tiro fuori. Nel 1900 il grande antiquario Duveen l’aveva pagato una cifra astronomica. Con la stessa somma avrebbe acquistato ben 60 dipinti di Cézanne. Rheims calcolava che nel corso di 60 anni il quadro di Hoppner era passato dal valore di 300 milioni a quello di 3, mentre se la stessa somma fosse stata investita nei Cézanne l’incremento sarebbe stato del 3.000%.
Morale: attenzione a guardare le cose troppo da vicino, meglio girare alla larga con l’aria di chi non fa parte di questo mondo. È con questa filosofia che va interpretata la lettura del libro di Rheims che divide i collezionisti tra la categoria degli speculatori (quelli stimolati dalle mode esterne) e degli amatori (dominati dal proprio gusto).
Negli ultimi mesi uno dei dipinti che più mi ha colpito è un doppio ritratto di Auguste Barthélémy Glaize (1807-93) che dovrebbe raffigurare lo stesso pittore assieme all’amico e collezionista Alfred Bruyas, passato all’asta del commissaire-priseur Jean Emmanuel Prunier lo scorso 27 novembre (lotto 153). Non ho fatto nessuna ricerca, lo ammetto. Tuttavia sono rimasto stregato dalla qualità del dipinto. Come diceva Berenson è impossibile spiegare che cosa sia la qualità. Nel caso specifico è la consapevolezza che emerge dallo sguardo del pittore, assieme all’apparente fragilità dell’amico.
Come dice un saggio collezionista (Gimmo Etro): «Se non è destino che un’opera venga da te, lasciala perdere». Perciò ho seppellito il ricordo, fino a quando un amico l’altro giorno mi ha chiamato per dirmi: «Ti ricordi il doppio ritratto di Glaize? Ce l’ha un inglese e chiede dieci volte quello che è costato». «Bene, speriamo riesca a far prevalere il proprio gusto», ho risposto. Certo siamo ancora lontani dal 3.000% dei Cézanne... In questo gioco non bisogna dimenticare i fallimenti.