Riconoscere il particolare nell’universale
La collettiva «Sub» al Macte di Termoli sottolinea che artiste e artisti nati in Asia o in Sud America e che hanno vissuto o si sono stabiliti in Italia hanno radici anche al di fuori della tradizione occidentale

La mostra «Sub» al Macte-Museo d’arte contemporanea di Termoli «invita a riconoscere il particolare nell’universale, ovvero come forme che appartengono al vocabolario dell’arte moderna e contemporanea assumono significati differenti quando vengono appropriate e rielaborate da soggetti che non si riconoscono interamente, per ragioni storico-biografiche, geo-politiche o identitarie, nei contesti culturali che le hanno inizialmente generate».
Così il curatore Michele D’Aurizio descrive il pensiero su cui poggia la rassegna che si tiene nel museo molisano fino al 14 maggio. L’esposizione intende rilevare come le opere di artiste e artisti nati in Asia o in Sud America che hanno vissuto o si sono stabiliti in Italia abbiano radici anche al di fuori della tradizione occidentale.
I prescelti sono Betty Danon, Antonio Dias, Jorge Eduardo Eielson, Hsiao Chin, Tomás Maldonado, Roberto Sebastian Matta, Carmengloria Morales, Hidetoshi Nagasawa e Joaquín Roca-Rey. «Non c’è un filo formale che accomuna le opere in mostra», puntualizza il critico, dottorando in storia dell’arte alla University of California a Berkeley, cocuratore della Quadriennale del 2016, chiamato nel 2020 dalla direttrice Caterina Riva a ideare una rassegna per il Macte.
«Sub» affronta invece «tematiche che mi hanno aiutato a scremare le ampie produzioni degli artisti e artiste invitati: la soggettività, la corporalità, la sessualità, il viaggio, l’esilio, la deterritorializzazione. Rifugiati politici o apolidi, cosmopoliti, universalisti, molti di questi autori hanno tradotto nelle loro opere esperienze di assoggettamento a un biopotere che spesso connetteva l’azione di regimi autoritari a quella di istituzioni culturali patriarcali, scioviniste e xenofobe».