RAFFAELLO 500 | Discepoli e cultori

Due mostre a Brescia e a Milano sull’eredità del «divin pittore»

«Raffaello che ritrae la Fornarina» (1834) di Felice Schiavoni (particolare)
Ada Masoero |  | BRESCIA

Due mostre chiudono le celebrazioni lombarde per il cinquecentenario di Raffaello: «Raffaello. L’invenzione del divino pittore» al Museo di Santa Giulia di Brescia dal 2 ottobre al 10 gennaio e «Giuseppe Bossi e Raffaello al Castello Sforzesco di Milano» al Castello Sforzesco di Milano dal 27 novembre al 7 marzo.

Insieme a numerose iniziative in altre città, riunite nel progetto «Raffaello. Custodi del mito in Lombardia», le due mostre s’interrogano sulle vie attraverso cui il mito del «divin pittore», fiorito già fra i contemporanei, sia cresciuto nei secoli. Entrambe attingono alle collezioni pubbliche delle due città, puntando l’attenzione su due cultori ottocenteschi dell’opera dell’Urbinate, Paolo Tosio a Brescia e Giuseppe Bossi a Milano.

La mostra di Brescia, curata da Roberta D’Adda, sfoggia due dipinti di Raffaello, il «Redentore» del 1506 ca e l’«Angelo», 1500-01, entrambi della Pinacoteca Tosio Martinengo, oltre a questi più di cento opere tratte da invenzioni di Raffaello: incisioni e oggetti d’arte realizzati in Italia e in Europa tra il ’500 e l’800. Si va dalle incisioni di Marcantonio Raimondi e la sua cerchia, coinvolti da Raffaello stesso per tramandare la sua opera (Vasari), fino a Giorgio Ghisi, Carlo Maratta, Orazio Borgianni, Nicolas Dorigny, Raffaello Morghen, Giovanni Volpato.

Il percorso documenta la devozione con cui gli artisti successivi guardarono al «divin pittore», la cui fama crebbe fortemente nell’800 grazie alle incisioni, oggetto di avido collezionismo. A Brescia fu Paolo Tosio a diffonderne il mito. La visita alla mostra, arricchita da un «experience show» di CamerAnebbia, va completata con l’itinerario attraverso la Pinacoteca Tosio Martinengo e Palazzo Tosio, oggi sede dell’Ateneo.

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