Quanta vivacità nelle realtà locali!

Un testo sulla maiolica di Rimini, leggibile e dagli spunti interressanti

Luca Melegati |

Negli ultimi decenni uno dei portati più interessanti della ricerca (nel nostro Paese) sulle arti applicate è certamente rappresentato dal livello sostenuto che (a parte alcune spiacevoli eccezioni) ha caratterizzato gli approfondimenti su argomenti che una volta, e con una certa superficialità, si sarebbero detti di interesse locale.

Resto convinto che il merito spetti in gran parte ai lavori di alcuni studiosi di vaglia (e citerò Alvar González-Palacios ma potrei ricordare molti altri nomi: e certamente nel campo delle ceramiche Carmen Ravanelli Guidotti, Angela Carola Perrotti o Andreina d’Agliano tra gli altri). Lavori che, superando certi pregiudizi, vogliamo chiamarli longhiani?, hanno permesso di trarre le arti applicate dal loro ruolo di Cenerentole dello studio dell’arte italiana.

Così oggi non è raro trovare pubblicazioni che pur molto specifiche, e si direbbe di nicchia, affrontano l’argomento trattato con grande attenzione e lavoro. Tra queste va inserito, credo, il volume di Riccardo Gresta ed Oreste Delucca dedicato alla produzione ceramica a Rimini nel XVI secolo.

In realtà si tratta di un lavoro terminato negli anni passati, ma la cui presentazione è stata fino ad oggi ritardata a causa dell’emergenza che stiamo vivendo. L’impianto è quello che ho sempre trovato insieme funzionale ed efficace, un repertorio delle opere ben illustrato ed accompagnato da un abbondante repertorio iconogafico (incisioni, marche, iscrizioni, materiali di contronto): quello che serve.

Il volume prende le mosse da una premessa storiografica di Carmen Ravanelli Guidotti, punto a sua volta essenziale per ogni ulteriore ricerca, seguita dal vasto catalogo scritto ed introdotto da uno dei co-autori, Riccardo Gresta: al secondo, Oreste Delucca, è toccato il compito di  studiare e fornire fonti archivistiche, biografie (davvero ampie e documentate), cronologie e tutta una serie di apparati (tra cui un particolarmente godibile panorama delle ceramiche elencate nei documenti riminesi cinquecenteschi) ben indicati e di facile lettura.

Non mancano ovviamente in un lavoro come questo gli spunti interessanti: tra le molte schede ricordo quella (numero16) della alzata, qui riportata al Maestro della Conversione di San Paolo  intorno al 1565-1575: questa maiolica possiede una storia critica che va da Orazio Fontana alle fornaci veneziane, mentre ora si conferma la provenienza riminese oltre alla derivazione da una opera incisa di Enea Vico.

O, ancora, il piatto con la cacciata di Adamo ed Eva (Maestro del 1574, e datato appunto 1574, scheda 42), un soggetto derivato da una stampa di Etienne Delaune. È una maiolica importante per il nostro argomento, ed interessante non solo per la travagliata storia collezionistica ma perchè è l’opera intorno alla quale si è potuta radunare la produzione nota di questa maiolicaro riminese (è anche inscritta «in rimino»).

Ultima osservazione: ho parlato di interesse locale. Ma sfogliando queste pagine si ha la conferma, se ce ne fosse bisogno, della grande vivacità (e importanza) dei vari centri della maiolica nell’Italia rinascimentale, che una volta di più dimostrano di essere stati davvero tanto aggiornati (e tanto interconnessi).

La ceramica a Rimini nel Cinquecento. Maioliche istoriate e documenti d’archivio,
di Riccardo Gresta e Oreste Delucca, Edizioni la Piazza, Misano Adriatico, 2020, pagine 604, ill. col. e b/n

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