Quando Cesare Tacchi tornò alla pittura

Nella personale dell’artista romano alla galleria z2o project, dai quadri oggetto degli anni ’60 ai fogli e foglie degli ’80 emerge la fisionomia di un artista in perenne ricerca di equilibri

«Ha nelle mani nulla» (1992), di Cesare Tacchi (particolare)
Guglielmo Gigliotti |  | Roma

Fino al 9 aprile, nella galleria z2o project la mostra «Cesare Tacchi. Una casa di fogli e foglie» mette a fuoco una stagione meno nota dell’artista morto 73enne nel 2014. A cura di Daniela Bigi, e con la collaborazione dell’Archivio Cesare Tacchi, sono state selezionate due serie di opere che dai primi anni ’80 segnarono il definitivo ritorno alla pittura dell’artista, affermatosi nei primi anni ’60, nel contesto della Scuola di Piazza del Popolo, quale interprete tra i più originali del clima pop.

Dopo il rinnegamento del pittorico, con performance quali «Cancellazione dell’artista» del ’68, il recupero dei mezzi tradizionali si colloca in una dimensione simbolica e intimistica. Così è nel ciclo dedicato a boschi di fantasia e in quello dei «giardini»: qui, una regolare griglia semigeometrica di foglie si trasforma in talune opere in una composizione di fogli, giocando sull’assonanza dei termini e sulla contiguità del significato.

La mostra si fa, come vuole il titolo, «casa» di una riflessione sulla pittura e sui destini dell’uomo. Dai quadri oggetto degli anni ’60, imbottiti e morbidamente estroflessi, ma recanti una rigida figurazione, ai fogli e foglie degli ’80, emerge infatti la fisionomia di un artista in perenne ricerca di equilibri.

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