Provate a provare il trauma della Shoah
Provate a provare il trauma della Shoah
Berlino. «Arte dopo la Shoah. Wolf Vostell in dialogo con Boris Lurie» è il titolo della mostra ospitata dal 7 luglio al 30 ottobre dalla Kunsthaus Dahlem, un museo che con i due artisti Lurie e soprattutto Vostell ha parecchio a che fare (nella foto, «Elektronischer-Happening-Raum», 1970). Molto prima di diventare la galleria espositiva dedicata all’arte del Modernismo tedesco e in particolare alla scultura degli anni 1945-1961, la Kunsthaus era stata la villa atelier dello scultore nazista Arno Breker, collaboratore di Albert Speer dalle cui mani l’aveva ricevuta in dono, a nome del Terzo Reich, nel 1942. Un passato che impressionò molto Wolf Vostell (1932-98) quando, nel 1984, ricevette dalla città di Berlino uno spazio di lavoro a vita nei medesimi locali in cui aveva operato un amico e fedele alleato del regime, uno che aveva provato con entusiasmo a tradurre in arte l’ideologia e l’estetica naziste. Vostell decise di proseguirvi la sua analisi degli anni della dittatura nazionalsocialista e della Shoah e dei loro infiniti, mostruosi strascichi nella cultura novecentesca della Germania, ricordando i densi scambi avuti fin dagli anni ’60 con il collega ebreo russo Boris Lurie (1924-2008), sopravvissuto a 4 anni di prigionia in diversi campi di concentramento in cui aveva perso tutta la famiglia. La vicenda personale e l’arte di Lurie colpirono molto Vostell a tal punto che decise di provare a riprodurne con le sue proprie opere, da tedesco non ebreo, le esperienze traumatiche. Kunsthaus Dahlem dedica al sodalizio Vostell-Lurie una mostra che ne traccia per la prima volta nel dettaglio i numerosi parallelismi stilistici e tematici.