Pop e agitprop

«Pensavamo di indirizzare le nuove tecnologie verso funzioni di equità e progresso», dichiara l’artista e attivista che per mantenere la propria libertà litigò con Szeemann e con Celant. «Invece il potere economico ha integrato il marketing anche nelle pratiche sociali di internet. Ora mi batto per evitare il collasso ecologico causato dal capitalismo finanziario ed estrattivo»

Massimo Melotti |

Piero Gilardi (Torino, 1942) è uno dei protagonisti della ricerca artistica, ma anche dell’impegno politico, degli anni Sessanta. Sull’onda delle nuove tendenze, in breve tempo si afferma come artista e come teorico. Pur partecipando alle prime mostre che vedono nascere il movimento dell’Arte povera, crea contatti con gli artisti che negli Stati Uniti e in Europa volgono la loro ricerca su tematiche di area concettuale e processuale che lui definisce arte microemotiva. Nel 1967 Harald Szeemann lo invita a collaborare a quella che sarà considerata la mostra germinale delle nuove tendenze: «When Attitudes Become Form»  alla Kunsthalle di Berna. In effetti Szeemann trova in Gilardi chi gli fornisce un quadro completo della situazione internazionale, in pratica la soluzione della mostra. Ma ben presto incominciano i primi dissapori. Szeemann non aveva tenuto conto dello spirito rivoluzionario di
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