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Pool mari puliti

Silvia Mazza

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La Sicilia non è stata tra le 9 Regioni promotrici del referendum del 17 aprile scorso, col quale si chiedeva agli italiani di esprimersi sulla possibilità delle società petrolifere di sfruttare giacimenti di idrocarburi a ridosso della costa anche oltre il termine della concessione. Ha registrato una percentuale di affluenza tra le più basse del Paese, pur essendo particolarmente interessata dalla partita in gioco, con 7 delle 35 concessioni attive in tutta Italia entro le 12 miglia.

Ebbene, in Sicilia, a due giorni dal voto, è stato costituito un organismo di controllo sistematico delle piattaforme al largo delle coste siciliane. Si tratta di un Consorzio tecnico intellettuale composto da Enti pubblici, Associazioni e liberi professionisti, promosso dalla Soprintendenza del Mare, UniKore, Università di Messina, Lega Navale di Agrigento, SiciliAntica, per mettere a disposizione della collettività mezzi e competenze maturate a mare, con la possibilità di effettuare analisi periodiche e documentare su ciò che succede sott’acqua.

Il dibattito che ha accompagnato l’appuntamento referendario e i disastri ambientali registratisi senza precedenti (ma non era remota la possibilità che accadessero?) e con una straordinaria coincidenza temporale - dall’incidente, a tre settimane dal voto, a una piattaforma al largo delle isole Kerkennah, in Tunisia, a soli 120 km da Lampedusa, mai successo prima nel Mediterraneo, al greggio che ha invaso il Polcevera, a Genova, la sera stessa del referendum - pongono infatti con urgenza dei quesiti non rinviabili: i pozzi off shore sono in sicurezza? È possibile chiudere un giacimento in mezzo al mare? E se si abbandona un pozzo? Una volta chiuso l’impianto che cosa succede?
«È un’iniziativa, ci ha detto Sebastiano Tusa, soprintendente del Mare della Regione Siciliana, che abbiamo pensato al fine di concretizzare un sistema di controllo trasparente e ampio sulla reale bonifica delle aree trivellate, degli impianti da dismettere e delle aree sottoposte a estrazione. Vogliamo mettere in moto un meccanismo di controllo basato sul concetto e sulla pratica del governo ombra di stampo anglosassone».

Parafrasando le famose inchieste giudiziarie degli anni Novanta e in riferimento all’inchiesta petrolio in corso della Procura di Potenza, una sorta di Pool «mari puliti», che avrà, quindi, funzioni di salvaguardia e tutela del mare e lo scopo di promuovere tavoli tecnici per affrontare i vari aspetti della problematica e le soluzioni per accompagnare le strutture di estrazione verso una loro dismissione innocua per l'ambiente marino.

Silvia Mazza, 21 aprile 2016 | © Riproduzione riservata

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