Pichetto Fratin: così risolvo il conflitto paesaggio-rinnovabili

«Paesaggio, ambiente ed energia non possono più essere contrapposti. La politica dei “no” a scatola chiusa ha fatto male a questo Paese», spiega il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica

Le pale eoliche costituiscono da sempre un argomento controverso nelle discussioni sul paesaggio
Arianna Antoniutti |

In che modo è possibile bilanciare gli interessi dello sviluppo del Paese, anche in campo energetico, con la tutela del patrimonio paesaggistico? Come si sta muovendo, e come si muoverà, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica (Mase) in futuro, in materia di contrasto ai cambiamenti climatici? A capo del Mase, dall’ottobre 2022, c’è Gilberto Pichetto Fratin (Veglio, Bi, 1954). Senatore dal 2008 (nelle liste del Popolo della Libertà), dall’aprile 2021 era stato viceministro dello Sviluppo economico nel governo Draghi.

Fra i temi più sensibili con i quali il Mase è chiamato a confrontarsi, figura certamente quello dell’energia da fonti rinnovabili. Legambiente, a tale proposito, ha di recente pubblicato il dossier dal trasparente titolo «Scacco matto alle rinnovabili», in cui si evidenziano gli ostacoli normativi, burocratici e culturali che frenano la transizione energetica. Anche Legambiente, come il Mase, ritiene che, per contrastare la crisi climatica e accelerare la transizione ecologica, si debba puntare sulle rinnovabili.

Ministro, lei ha ribadito che le rinnovabili sono il veicolo principale per gli obiettivi dell’abbattimento delle emissioni del 55% al 2030, e l’impegno della neutralità climatica al 2050. Come farà il Mase ad attuare questi piani?

La priorità dell’Italia è avere approvvigionamenti certi di energia. Il Governo sta lavorando perché quello che si è presentato come un problema, la diminuzione di fornitura del metano russo, sia invece l’opportunità per rendere il nostro Paese più sicuro sotto il profilo energetico, ma anche player di riferimento nel Mediterraneo e porta del gas per l’Europa: quello che il presidente Meloni ha definito «Piano Mattei» candidando l’Italia a diventare in pochi anni l’hub energetico del Mediterraneo. Occorre diversificare le fonti, sia come provenienza che come tipologia. Il gas è il nostro vettore di transizione, ma il futuro sono le rinnovabili. La nostra posizione geopolitica ci aiuta: abbiamo sole, acqua, vento, possiamo valorizzare la nostra centralità geografica.

Dobbiamo autorizzare e installare ogni anno impianti rinnovabili per almeno 10 gigawatt. Oltre al solare e all’eolico, guardiamo a fonti come l’idrogeno, il biometano e il biogas, l’idroelettrico, la geotermia. Abbiamo di recente avviato l’interlocuzione in Europa sul decreto che incentiverà le Comunità Energetiche Rinnovabili, con l’obiettivo di costituirne 15mila nei prossimi anni: gruppi di cittadini e imprese potranno scegliere di unirsi per autoprodurre energia elettrica da fonti rinnovabili. Solo se superiamo le logiche statiche del passato e non chiudiamo la transizione ecologica in criteri rigidi potremo raggiungere gli obiettivi europei di decarbonizzazione, che sono giustamente molto sfidanti.


Un tema delicato e pressante sono i pareri negativi di Soprintendenze e Regioni, a causa di vincoli paesaggistici, alla realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili. Come snellire le procedure di autorizzazione?

Non si tratta di dire «sì» a tutto o a prescindere. Occorre però togliere lungaggini o duplicazioni. Con il decreto approvato il 24 febbraio snelliamo gli adempimenti richiesti nei procedimenti di autorizzazione e di valutazione d’impatto e liberiamo da vincoli l’installazione di impianti fotovoltaici in aree a destinazione industriale, artigianale e commerciale, come nelle discariche e cave non più utilizzate. Riduciamo la fascia di rispetto da beni sottoposti a tutela paesaggistica per le aree ritenute idonee agli impianti rinnovabili e introduciamo una corsia veloce per i progetti di produzione di idrogeno verde e/o rinnovabile.

Sono più di 800 le opere bloccate dalle procedure di verifica preventiva dell’interesse archeologico. Davvero risolverete lo stallo?

Siamo intervenuti con il decreto Pnrr, prevedendo che non solo l’avvio del procedimento di Valutazione d’impatto ambientale (Via), ma che l’adozione del parere e del provvedimento di Via non siano subordinati alla conclusione della verifica preventiva dell’interesse archeologico. E abbiamo potenziato il numero delle strutture per valutare i progetti. La Commissione Via e quella Pnrr-Pniec (Piano nazionale integrato per l’energia e il clima) stanno facendo un grande e difficile lavoro. Le istanze sono tante e non possiamo permetterci come sistema Paese di fermare l’inesorabile clessidra del tempo.

Il documento «Paesaggi rinnovabili» siglato da Wwf, Fai e Legambiente è una storica apertura su questi temi. Che cosa ne pensa?

L’ho trovato un documento di grandissimo valore che segna una forte discontinuità. Paesaggio, ambiente ed energia non possono più essere posti in contrapposizione tra loro. La politica dei «no» a scatola chiusa ha fatto molto male a questo Paese, gli ha negato sviluppo. C’è il dovere storico di rimediare e il tempo per farlo.
Veduta del Foro di Aquileia, uno dei siti italiani più minacciati dai cambiamenti climatici
Che cosa prevede il «Programma per l’ambiente e l’azione per il clima (Life 2021-2027)» e quali sono i passi più urgenti che anche l’Italia deve compiere per contrastare i cambiamenti climatici?

Abbiamo diverse fonti di programmazione e finanziamento. Una tra queste è certamente il Programma Life, strumento finanziario dedicato in maniera esclusiva ai temi ambientali, tra cui l’azione per il clima. Life contribuisce pienamente alle priorità del Green Deal europeo: quindi rafforzare e valorizzare il «capitale naturale» dell’Ue e gli ecosistemi, proteggendo la salute e il benessere delle persone dagli impatti legati all’ambiente e al clima.

Oggi il nostro obiettivo è muoverci, nel quadro del negoziato internazionale e dell’ambiziosa posizione europea, per dare seguito agli
Accordi di Parigi del 2015 e raggiungere i target di riduzione delle emissioni di almeno il 55% al 2030 e di neutralità climatica al 2050. Ci dobbiamo arrivare abbandonando il fossile per le energie rinnovabili, puntando sull’efficienza energetica e la salvaguardia delle risorse naturali.

In questo senso, l’adozione del Green New Deal prima e del Next Generation Eu poi, con il conseguente Pnrr italiano, sono da considerarsi
eventi politico-istituzionali di portata storica: mai si era investito tanto sull’ambiente, per quella «Rivoluzione Verde» che si pone al centro del nostro Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e della programmazione comunitaria.

Più nel dettaglio, il rapporto 2021 dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc) indica per il futuro un elevato innalzamento del livello del mare (minimo di 43 cm). Sono a rischio siti di grandissima importanza come Venezia, Aquileia, Ravenna. Avete un vostro progetto?

Abbiamo bisogno di una pianificazione che tenga conto di condizioni ambientali molto differenti rispetto al passato. Ci doteremo dell’atteso Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, che fornisce un quadro di indirizzo nazionale con misure e azioni per ridurre al minimo i rischi, adattare e rendere più forti i sistemi naturali, sociali ed economici, rivolgendo potenzialmente anche in positivo le mutate condizioni climatiche. Oggi il Piano è in consultazione pubblica nell’ambito del Processo di Valutazione ambientale strategica. Rafforzare le nostre città, le coste, le aree montane e quelle interne esposte ai cambiamenti climatici è un obiettivo irrinunciabile. Per farlo servono anche nuove infrastrutture e un quadro legislativo più semplice per garantire la messa in funzione di opere pubbliche utili in tempi certi, per tutelare cittadini e territorio.

© Riproduzione riservata Il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin
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