Piccoli tesori e riscoperte all’asta a Vercelli
Dal 6 al 14 maggio Meeting art batterà all’incanto un corposo catalogo di dipinti e mobili antichi, con alcune rarità e tele inedite

Un lungo viaggio nei secoli fra i dipinti antichi, gli arredi e gli oggetti d’arte, dai fondi oro alle diverse scuole pittoriche regionali, dal Rinascimento toscano al Manierismo, dal Barocco romano fino alle atmosferiche tele veneziane attraverso nomi di sicuro impatto come Giovanni Battista Tiepolo, ma anche inediti preziosi, che arricchiscono la conoscenza della produzione di artisti come i Lanino. È la proposta per gli amanti dell’antico presentata dal catalogo dell’asta che Meeting Art batterà a Vercelli in un incanto multiplo, composto da sei sessioni fra il 6, 7, 10,11, 13 e il 14 maggio.
Si segnala per rarità e per l’importante storia collezionistica un olio su tavola circolare di Biagio di Antonio Tucci, pittore fiorentino che lavorò molto anche a Faenza nella seconda metà del Quattrocento. Si tratta di una «Madonna in adorazione del Bambino» inserita all’interno di un sereno paesaggio collinare di fondo, un’opera ricca di dettagliate simbologie, vicina alla tradizione fiorentina nell’uso di una calda luce soffusa, che uniforma i volumi. La tavola, (base 90mila euro), fu parte di prestigiose raccolte private europee ed è schedata all’interno della fototeca di Federico Zeri.
Sempre nel catalogo della fototeca Zeri si ritrova anche un fondo oro quattrocentesco «Madonna con Bambino e angeli», di Giovanni Francesco da Rimini, dall’impianto e dalle cromie raffinate (60mila la base), mentre il Rinascimento lombardo è ben rappresentato da una coppia di dipinti di Callisto Piazza, due scene mitologiche, «Il Ratto di Europa» e «Il Ratto di Proserpina», provenienti da un palazzo palladiano di Vicenza (25mila euro), che esprimono la sua visione coloristica e la sapiente impostazione teatrale della scena.
Un contributo finora inedito alla conoscenza della scena artistica vercellese del tardo Rinascimento è offerto dalla tela «La Vergine col Bambino, Sant’Anna, San Gervasio, San Domenico e San Francesco», olio su tela di Pietro Francesco e Gerolamo Lanino (25mila), che si distingue anche per qualità esecutiva emergente nella finezza della resa di volti, dettagli e delicate cromie. Si tratta di un lavoro di chiaro influsso leonardesco e per il quale gli studiosi ipotizzano un intervento anche da parte del giovane Guglielmo Caccia il Moncalvo, che collaborò con la bottega dei Lanino.
Delle numerose testimonianze di scuola fiorentina del Cinquecento si fa notare una «Sacra famiglia con San Giovannino che presenta a Gesù la sfera del Mondo» di Alessandro Allori, impregnato dai valori controriformistici ma soprattutto inusuale per la diagonale della luce dell’imbrunire che taglia la fronte di San Giuseppe e conduce lo sguardo sul volto e il gesto di Gesù Bambino (40mila). La copertina del catalogo è invece dedicata al «Riposo nella fuga in Egitto», olio seicentesco del romano Ludovico Gimignani, influenzato nella fluidità dello stile da Bernini (12mila). L’artista, a cui vennero commissionate numerose opere di devozione privata, seppe conciliare, come ben qui emerge, una rappresentazione intima della Sacra Famiglia e al tempo stesso mantenere un impianto solenne pur se in un piccolo formato.
Illustre poi la provenienza di «Lot e le figlie», attribuita nel 2008 a Simone Cantarini, datata intorno al 1637 e appartenuta alla collezione del marchese Niccolò Rangoni Macchiavelli di Modena (50mila). La tela è apprezzabile per l’equilibrio nella distribuzione dei volumi delle figure, per l’attenzione alla resa anatomica dei corpi e per la gestualità accentuata da un sapiente uso di luci e ombre. Punta di diamante della vendita per il Settecento è «L’Apoteosi di Orazio Porto», olio su tela di Giovanni Battista Tiepolo, bozzetto preparatorio per un affresco identificabile con quello avente il medesimo soggetto presente nel vicentino Palazzo Porto (40mila). La tela, contraddistinta da una pennellata vibrante, cura compositiva e contrasto chiaroscurale, è corredata da una scheda critica di Roberto Longhi.
Nell’ambito degli arredi proposti, tutti a stime piuttosto contenute, si distinguono un raro sécretaire lombardo Luigi XVI, intarsiato in legni vari, attribuito a Giuseppe Maggiolini (20mila) e un cassettone a ribalta veneziano con alzata in noce del XVIII secolo (10mila), mentre fra gli oggetti d’arte cattura l’attenzione un cofanetto nuziale intarsiato alla certosina con decori geometrici in osso e legni vari, del XV secolo, esempio in ottimo stato di conservazione della maestria della bottega veneziana degli Embriachi (8mila).