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Peter e Viviane

Chiara Coronelli

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Negli anni Novanta, mentre studia arte ad Amburgo, Peter Piller lavora in un’agenzia come addetto alla rassegna stampa. Da questo contatto quotidiano con le pagine dei giornali nasce il suo interesse per una fotografia a prima vista irrilevante, ma che presto gli rivela un «involontario valore estetico».

Comincia a selezionare centinaia di immagini che confluiranno in quello che oggi è l’Archive Peter Piller: 7mila scatti suddivisi in categorie che vanno da «Touching cars» (2000-2005) a «Girls Shooting», a «Nothing Yet to Be Seen (Future Building Sites)», i cui elementi continuano a riconnettersi per organizzarsi in nuove sequenze. È il caso di «Takes Damage», che attinge all’archivio digitale di una compagnia assicurativa; di «More Beautiful from Earth», una miriade di riprese aeree di case private; e di «Sleeping Houses».

«Peter Piller. Document Control», la personale che il Fotomuseum di Winterthur dedica all’artista tedesco (fino al 22 febbraio, e in contemporanea al Centre de la Photographie di Ginevra), consente un ampio sguardo sulla sua collezione attraverso le serie più note, affiancate qui da «Periphery Walk, Winterthur», una passeggiata nei sobborghi della città, appositamente realizzata da Piller che in questo caso ha scattato di persona.

Il Fotomuseum ospita anche «Viviane Sassen. In and Out of Fashion», prima retrospettiva sui diciassette anni di produzione di moda firmata dalla fotografa olandese. La mostra, curata dal museo con la stessa Sassen e l’Huis Marseille di Amsterdam, espone più di 300 lavori, combinando singole immagini, istantanee, servizi per le riviste e proiezioni. Libera da cliché, la Sassen si muove in una sperimentazione dove, rompendo le regole, gioca con i corpi delle modelle fino all’astrazione, e spinge colori e ombre fino a rischiare l’illeggibilità (fino al 15 febbraio).

Chiara Coronelli, 06 gennaio 2015 | © Riproduzione riservata

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Peter e Viviane | Chiara Coronelli

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