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Guerreiro do Divino Amor © Diego Paulino

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Guerreiro do Divino Amor © Diego Paulino

Per la Biennale Arte 2024 la Svizzera si affida al Guerriero Do Divino Amor

Il Padiglione elvetico, che ospiterà il progetto del visionario artista multimediale di origine e cultura brasiliane, sarà curato da Andrea Bellini

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Alessandra Mammì

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Può apparire una stravagante notizia che la pacifica e protestante Svizzera per la Biennale Arte di Venezia del 2024 (20 aprile-24 novembre) abbia scelto di essere rappresentata dal Guerriero Do Divino Amor, visionario artista multimediale, di origine e cultura brasiliane, nato nel 1983 a Ginevra ma residente a Rio de Janeiro. E ancor più sorprende chi ricorda la sua pirotecnica mostra al Centre d’Art Contemporain (Cac) di Ginevra intrisa di singolare amor patrio e titolata «Le Miracle d’Helvetia». La curava Andrea Bellini, suo entusiasta sostenitore, chiamato anche in questo caso a governare il progetto veneziano del padiglione elvetico e a completare così la strana squadra di un italiano e un brasiliano (nella Biennale che al Brasile, nella persona di Adriano Pedrosa, ha già consegnato la prossima direzione artistica) impegnati a difendere lo spirito e l’immagine del Paese.

Quel Paese a cui il nostro Guerriero aveva già reso omaggio nell’ultima tappa del suo titanico viaggio di costruzione di un atlante immaginario: il «Superfictional World Atlas», che porta questo mondo verso un altro mondo, quello del virtuale, del Metaverso, di un futuro/passato che annulla il tempo. È una saga epica alla quale l’artista dà inizio nel 2005 a Bruxelles per unire archeologia e cultura digitale, pagine di diario e iconografia pop, il kitsch della cultura popolare e i capolavori dell’arte in una nuova cosmogonia abitata da divinità e mitologie sincretiche materializzate in film dai colorati effetti speciali, schermi liquidi e pubblicazioni, installazioni e performance in forma di conferenza a spiegare il verbo.
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Dei sei capitoli che negli anni il Guerriero ha completato (dal Belgio al Brasile), l’ultimo era proprio dedicato alla sua seconda patria: una Svizzera da lui definita come Dea Madre bicefala che regna su un Olimpo immaginario con «una faccia sorda, muta e cieca che appare impavida ed estranea a tutte le convulsioni che la circondano. E laltra in allerta permanente che controlla ogni minimo movimento del popolo olimpico e opera miracoli con lottimismo che si basa sulla certezza del suo essere perpetua...».

Parole sue, scritte nel catalogo della mostra al Cac di Ginevra dove la brava collega, poeta e filmaker Pallavi Paul introduce il suo lavoro definendolo «unesplosione di storie ben avviluppate dal settimo secolo alla contemporaneità, dove i colori sono scatenati, gli spazi si dissolvono, i corpi diventano terreno di fantasie deliranti...». Il tutto ad opera di «un artista che è anche giornalista, hacker, artigiano autodidatta delle immagini, mago del Photoshop, architetto, malizioso profeta».

Più pacatamente nelle motivazioni della Fondazione Pro Helvetia responsabile di averlo indicato come l’uomo più adatto a interpretare la Svizzera nelle attuali convulsioni storiche, si legge che «il suo approccio consiste nell’intrecciare diverse chiavi di lettura con virtuosismo, ironia e senso dell’umorismo, mettendo in luce le diverse interrelazioni della nostra esistenza globalizzata, caratterizzata tra l’altro da distorsioni postcoloniali».

E sebbene non risulti che la Svizzera abbia così seri problemi postcoloniani, di certo invece l’ironia, la bizzarria delle messe in scena, il gioco del grottesco e dell’assurdo albergano nel Paese che ha inventato il Dadaismo, che ci ha regalato poi nel tempo artisti come Fischli&Weiss o Urs Fisher, e che saprà bene sorridere dell’apocalittico Kitsch e dell’agglomerante horror vacui di immagini con le quali il Guerriero do Divino Amor andrà alla conquista del suo Leone d’Oro.

Uno still dal video «Trilogia Mineral» (2021) di Guerreiro do Divino Amor. Cortesia dell’artista

Alessandra Mammì, 17 marzo 2023 | © Riproduzione riservata

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