Per Cominetti la guerra è solo violenza

Nelle tre sedi genovesi di Palazzo Ducale, Accademia Ligustica di Belle Arti e Wolfsoniana la più completa retrospettiva dell’artista

«La pesca miracolosa», di Giuseppe Cominetti
Eleonora Marengo |  | Genova

Fino al 4 giugno, le tre sedi genovesi di Palazzo Ducale, Accademia Ligustica di Belle Arti e Wolfsoniana ospitano la più completa monografica di Giuseppe Cominetti (1882-1930) finora realizzata, prodotta dalla direzione artistica di Banca Patrimoni Sella & C. e sostenuta dal contributo scientifico dell’Archivio Giuseppe Cominetti. Fin dalla prima sala di Palazzo Ducale («Giuseppe Cominetti. Divisionismo e futurismo tra Genova e Parigi» a cura di Matteo Fochessati e Daniela Magnetti) il visitatore è reso partecipe dell’evoluzione stilistica dell’artista, esemplificata in un colpo d’occhio che congiunge il suo quadro d’esordio, lo «Jacopo Ortis» presentato nel 1903 alla Società Promotrice di Belle di Arti di Genova, con la sua ultima opera, il «Ritratto del Dottor Gatti» (1928).

Le cromie brune e terrose, stese sulla tela a «tache» di colore, lasciano ben presto spazio ai filamenti divisionisti verdi, rosati e blu elettrico che incendiano i dipinti della maturità pittorica. Gli esordi artistici di Cominetti si muovono nel solco del Simbolismo diffuso nella Genova di inizio secolo, esemplificato da opere quali «Ritratto della madre malata» (1906) e «Il matrimonio» (1908), i cui personaggi dai volti smagriti di teschio e gli occhi scavati riecheggiano nella memoria dello spettatore i vuoti sguardi munchiani della celebre «Sera sul viale Karl Johan» (1892).

Se la formazione divisionista di Cominetti avviene già a Genova nel solco di Nomellini e Previati, raggiunta Parigi nel 1909, la sua tavolozza si incendia a contatto con i colori sgargianti e le luci notturne della Ville Lumière, viva e moderna. Quelle stesse ballerine di can can, già ritratte da Toulouse-Lautrec, si scatenano in una «danse endiablée» e nuovi balli moderni si diffondono nella capitale (da qui, capolavori come «Tango», 1914).

Velocità, movimento, modernità della vita notturna vengono delineati da Cominetti tramite incontrollabili espressioni di energia, in cui i corpi si fondono e le geometrie delle figure vengono rese da ondulati, e divisionisti, filamenti di colore. La pittura di Cominetti non rimane immune neanche all’influenza del Futurismo, ben visibile nella sezione della mostra dedicata allo sport, la quale non regge però di fronte agli orrori della Grande Guerra, che l’artista sperimenta prima sul fronte francese e poi su quello italiano. I «Disegni di guerra» (1914-18) non celebrano la «sola igiene del mondo» di Marinetti, bensì rappresentano la drammaticità di uomini e bestie travolti dalla violenza, in un dinamismo di corpi, quello sì, pienamente futurista.

Le tre esposizioni, attraverso altrettanti approfondimenti tematici dedicati alle città di Genova e Parigi al Ducale, alla produzione favolistica e al «Trittico del Lavoro» del 1919 alla Ligustica («Giuseppe Cominetti tra realtà e fiaba» a cura di Giulio Sommariva, Alessandra Gagliano Candela e Daniela Magnetti) e alle opere grafiche alla Wolfsoniana («L’opera grafica. I disegni di guerra» a cura di Matteo Fochessati e Filippo Timo con la collaborazione di Anna Vyazemtseva), danno conto dell’evoluzione pittorica di Cominetti e delle tangenze con i diversi -ismi di inizio secolo, rispetto ai quali l’artista si pone liminalmente, senza mai aderirvi a pieno, ma attingendone preziose ispirazioni che lo portano a elaborare il suo stile personalissimo.

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