Patti Smith, «Vanessa Bell's Library. Duncan Bell's Portrait of Vanessa Bell in her mother's dress», 2006

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Patti Smith, «Vanessa Bell's Library. Duncan Bell's Portrait of Vanessa Bell in her mother's dress», 2006

Patti Smith e Vanessa Bell, un dialogo in fotografia

Alla Dulwich Picture Gallery di Londra gli scatti di due spiriti liberi

Chiara Coronelli

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Londra. È un incontro al di là del tempo, che si radica in una corrispondenza spirituale, quello che ci viene raccontata da «Legacy: Photographs by Vanessa Bell and Patti Smith», allestita dall'8 febbraio al 4 giugno alla Dulwich Picture Gallery. La mostra riunisce per la prima volta i lavori fotografici delle due artiste, diciassette bianchi e neri scattati da Patti Smith e sette degli album fotografici realizzati dalla Bell (provenienti dai Tate Archives), la pittrice inglese sorella di Virginia Wolf e, insieme a lei, una delle figure centrali del Bloomsbury Group.
Così, tra la sacerdotessa del punk rock, che lo scorso 30 dicembre ha compiuto settant’anni, e l’anticonformista Vanessa Bell, scomparsa ultraottantenne nel 1961 (e della quale la stessa galleria propone in contemporanea un’ampia retrospettiva dedicata all’opera pittorica), si stabilisce un legame che passa attraverso le opere esposte. «Queste fotografie e le loro autrici, dice la curatrice Sarah Milroy, saranno capaci di dialogare tra loro attraverso gli anni. Bell e Smith sono entrambe spiriti liberi che hanno sfidato i tempi nei quali sono vissute, e incarnano l’ideale della libertà creativa».

La loro è una conversazione che prende vita nel 2003 durante il soggiorno di Patti Smith nella Charleston Farmhouse, la casa nel Sussex dove Vanessa visse con il marito Clive Bell e l’amante Duncan Grant, ritiro fuori Londra del Bloomsbury Group, che anima la scena intellettuale e artistica londinese del Novecento, fino alla seconda guerra mondiale. La Smith si aggira per quella casa di campagna in cerca di fantasmi, va a caccia delle tracce del passaggio della pittrice: il suo letto, i pennelli, la libreria sono ripresi in un tono intimo, quasi fra sé e sé, mentre lo sguardo si allarga a includere le esistenze che si sono incrociate in quelle stanze, lo spirito del gruppo di Bloomsbury. Intanto le rispondono gli album che la Bell compone per tutta la sua esistenza, immagini che sono sia preparazione ai dipinti, sia ricordi dove si ritrovano la sua famiglia di origine, il marito, gli amici, il circolo degli artisti visto da dietro le quinte. «L’arte faceva parte della quotidianità, dice Patti Smith, le tazze e i piattini erano disegnati da loro, i loro utensili, la carta da parati, le tappezzerie. Quando sono venuta qui la prima volta mi sono trovata come a casa (...) libri ovunque, cose che sembrano molto umili, molto sacre, una semplice scatola di legno, una conchiglia, un tubetto di colore – tutto ha un significato».
Luoghi vuoti e lasciati al tempo, eppure carichi di quelle stesse presenze che scorrono nei vecchi album. Da un lato le stanze abbandonate riprese con un obiettivo da rabdomante, che capta segnali di vite altrui; dall’altro quelle stesse vite fermate decenni prima da un occhio istintivo e acuto.

Un album di fotografie di Vanessa Bell

Patti Smith, «Vanessa Bell's Library. Duncan Bell's Portrait of Vanessa Bell in her mother's dress», 2006

Chiara Coronelli, 07 febbraio 2017 | © Riproduzione riservata

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