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Stefano Miliani
Leggi i suoi articoli«Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le tue creature» recita un verso di quella che è ritenuta la prima poesia italiana, il «Cantico delle creature» dettato a un confratello da san Francesco pochi anni prima di morire nel 1226. Di norma protetto nella biblioteca medievale dei frati di Assisi, quel testo, in un codice duecentesco, figura nella mostra di manoscritti e documenti papali e giuridici datati tra il 1220 e il 1485 allestita dal 28 marzo al 31 maggio nella Sala papale del Sacro Convento (info su www.sanfrancesco.org). Il patrono d’Italia oggi è molto amato, vuoi per l’approccio alla natura e per la distanza dai potenti, vuoi per l’influsso dell’attuale papa. Lo sa il direttore del Centro di documentazione del Convento fra’ Carlo Bottero quando osserva che la rassegna «storica, non teologica, vuole avvicinare il pubblico a una figura di enorme rilevanza» e permette di vedere documenti come «le due bolle papali del 1220 e del 1222 che san Francesco ebbe sicuramente in mano». Queste pagine sono state mostrate anche all’Onu ma, a giugno, torneranno nella camera blindata nel Fondo Antico della Biblioteca comunale presso il Convento per restarvi a lungo. Ne ha finanziato il restauro l’abbazia di Praglia, nel padovano. Gesto meritevole, eppure non basta. «Salvo che per eventi particolari è difficile trovare sponsor per libri antichi, manoscritti, pergamene», constata fra’ Bottero (catalogo Skira).
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