Palazzo dei Normanni a Palermo, sede dell'Assemblea Regionale Siciliana

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Palazzo dei Normanni a Palermo, sede dell'Assemblea Regionale Siciliana

Palermo, il Centro per il Restauro e il Centro del Catalogo non saranno cancellati

Silvia Mazza

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Palermo. Il Centro per il Restauro (Crpr) e il Centro del Catalogo (Cricd) della Regione siciliana sopravvivono al nuovo tentativo (l’ultimo nel 2009) di cancellazione. Ma la cosa singolare è che si voleva sopprimere ciò che nemmeno si conosce. È per questo, forse, che il governo Crocetta è riuscito a concepire quello che è difficile immaginare possa avvenire nello Stato, neppure in quest’ultimo corso contestato appena qualche giorno fa a Roma, nella manifestazione «Emergenza cultura: difendiamo l’art. 9».
Sopprimere i due centri, nazionali o regionali che siano, significherebbe minare la tutela alla base, in quanto, nel programma tripartito in cui può essere riassunta, individuazione-studio-conservazione, al primo posto c’è proprio l’individuazione e catalogazione dei beni sul territorio, compito statutario di entrambi i Centri. Quello del Restauro svolge anche gli altri due, con attività di studio dei beni, base conoscitiva indispensabile per ogni intervento, e con l’azione di conservazione vera e propria dei beni stessi.
È come se nell’ultima finanziaria nazionale, in altre parole, avessero inserito degli emendamenti che cancellino Iscr e Centro Catalogo. Perché è esattamente questo ciò a cui si mirava nella seduta dell’Assemblea regionale siciliana (Ars) del 3 maggio, nell’ambito della cosiddetta «minifinanziaria», manovra aggiuntiva alla finanziaria 2015, dove si è discussa pure la soppressione dei due Centri regionali, che, nell’ambito dell’autonomia amministrativa della Regione con competenze esclusive in materia di Beni culturali, svolgono compiti omologhi di quelli ministeriali. Discussione il cui prosieguo è stato, quindi, rinviato al giorno dopo per l’assenza dell’assessore ai Beni culturali Carlo Vermiglio, che anche in Commissione Cultura aveva lasciato passare la soppressione, e la cui assenza in un momento di nuovo cruciale per la sorte dei due istituti è stata sottolineata nell’intervento decisivo di Nello Musumeci, presidente Antimafia e leader del movimento regionale #diventeràbellissima. È così che, finalmente, l’assessore al ramo non ha potuto esimersi dall’intervento del giorno dopo, fornendo parere favorevole all’abrogazione dei due commi soppressivi dei centri. Musumeci si era detto favorevole non solo al loro mantenimento, ma anche ne ha auspicato una valorizzazione, ulteriormente favorita, se si fosse capaci di metterla davvero in valore, proprio da quella stessa specialità siciliana in materia di Beni culturali. L’Esecutivo è chiamato direttamente in causa: «quale attività, quali stimoli, quale programmazione, quali incentivi, quale valorizzazione, si chiede il parlamentare, hanno avuto i due centri sotto il Governo Crocetta?».

Il nostro giornale l’ha raccontato per il Crpr, disegnando la parabola di un inarrestabile declino per sostanziale insipienza di chi vi è stato posto a capo negli ultimi cinque anni.
E «se il problema delle due strutture è di carattere tecnico e organizzativo », allora ha detto pure Musumeci, «farebbe bene il Governo a porre il tema al centro di un apposito confronto, allargato possibilmente anche ai soggetti esterni che operano nel mondo del restauro e nel mondo della catalogazione, e fare di queste due strutture un motivo di orgoglio, un fiore all’occhiello per la Regione siciliana».

Ma quello che è avvenuto all’Ars merita ancora qualche passaggio. Durante il dibattito in aula apprendiamo che per Valentina Zafarana (5 Stelle), che pure aveva preso parola in difesa dei due istituti, si tratterebbe di «centri la cui opera, in tutta Italia, viene espletata fino a Reggio Calabria dall’Istituto per il restauro», ovvero, per l’esponente dei grillini, nel Ministero i compiti dei due istituti, distinti e separati, sarebbero invece fusi in quello per il Restauro. Per non parlare delle ragioni in favore del mantenimento dei due Centri: per la Zafarana si tratterebbe delle «poche realtà che lavorano, che vanno bene», sebbene «i due centri in questo momento siano commissariati», il che farebbe pensare che non hanno i rispettivi direttori, mentre ci si riferisce al commissariamento dei Comitati di gestione. Quale soluzione propone, allora, la parlamentare per scongiurare la soppressione? Che i suddetti Comitati espletino il proprio mandato a titolo gratuito. Tutto risolto, dunque.
Non per l’assessore all’Economia Alessandro Baccei, il supertecnico scelto col Crocetta-ter (terzo Governo in Sicilia in due anni) in accordo con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri Graziano Delrio, a cui è toccato l’arduo compito di cercare di risanare i conti siciliani, recuperando i tre miliardi di euro che mancano per chiudere il bilancio di previsione per il 2015. Solo che il supertecnico non sa che cosa siano, di che cosa si occupino questi due centri: «Non so come chiamarli, perché sono degli ibridi, e sono di fatto delle gestioni fuori bilancio».
Forse che l’esperto, perché non siciliano, ritiene di non dover conoscere le leggi della regione autonoma? Quelle leggi 80/77 e 116/80 che hanno istituito e strutturato Crpr e Cricd e che li definiscono organismi tecnico-scientifici dell’Assessorato regionale dei Beni culturali. E che, esattamente come quelli ministeriali, godono di autonomia gestionale e finanziaria. Quella, insomma, che Baccei chiama «gestione fuori bilancio». Secondo l’assessore all’Economia il problema sarebbe che «il decreto legislativo 118 sull’armonizzazione contabile non consente più queste gestioni fuori bilancio». Come la mettiamo, allora con il Parco archeologico della Valle dei Templi, anch’esso dotato di autonomia finanziaria? In Sicilia, dunque, non si può pensare di estendere questo status ai musei, ma nemmeno agli altri parchi archeologici previsti dalla Legge Granata (20/2000).
Bisognerebbe, allora, che qualcuno lo andasse a dire pure al ministro Dario Franceschini che dell’autonomia finanziaria dei 20 Grandi Musei del Paese ha fatto il cavallo di battaglia della sua riforma. Lasciando stare che, ricordavamo, pure Iscr e Catalogo hanno già da parecchi anni un bilancio autonomo. È vero, anche, che il Ddl 118 è una norma, con una serie di indicazioni e restrizioni per il controllo della spesa delle Regioni, che si applica solo a queste ultime e non allo Stato, che può quindi varare musei con autonomia gestionale. Ma proprio per la specificità siciliana in materia di Beni culturali e alla luce dei conflitti che questo dibattito parlamentare ha messo in luce, l’argomento meriterebbe approfondimento.
In ogni caso, per Baccei non c’è altra via, bisogna sopprimere questi centri con la loro autonomia e «riportare dentro la Regione, continuando a fare tutte le attività che facevano fino ad oggi, questi dipendenti regionali, che, non so per quale motivo, rientrano in questa gestione fuori bilancio». Il motivo, magari, avrebbe potuto spiegarglielo l’assessore ai Beni culturali se fosse stato presente: trattandosi di organismi tecnico-scientifici, dotati pure di laboratori (Crpr), non possono essere ricondotti a una struttura, il Dipartimento, organizzativa e non certo tecnica.
L’assessore Baccei, soprattutto, dice una cosa grave, rimasta senza conseguenze: «Abbiamo delle relazioni dei revisori dei conti, agli atti, che dicono che la gestione è poco trasparente, non in linea con la legislazione contabile vigente». E, allora, invece che sopprimerli, perché non inviare un’ispezione, per esempio come quella subita dall’allora soprintendente di Siracusa Bice Basile per una presunta irregolarità relativa all’autorizzazione della piscina dell’ex assessore ai Beni culturali Mariarita Sgarlata, che invece la magistratura poi stabilì essere in regola?

Il che, gioco forza, tira in ballo i direttori di entrambi i Centri, che non hanno ritenuto di sostenere gli appelli alle istituzioni dei loro predecessori, ormai in pensione, Guido Meli (Crpr) e Francesco Vergara (Cricd). Quello del Cricd, Carlo Pastena, ci dice di non essere autorizzato a rilasciare dichiarazioni alla stampa (ma nel 2009 i due citati direttori lo fecero), mentre per la direttrice del Crpr, Enza Cilia, il ««mantenimento dell'autonomia finanziaria ha trovato sostegno (!) autorevole nelle determinazioni dell'assessore  Vermiglio, condivise dal presidente della Commissione Bilancio, Vincenzo Vinciullo», che è proprio colui che ha presentato l’emendamento per cancellare i due commi dell’articolo della finanziaria con cui si volevano eliminare i Centri.  Sempre secondo la direttrice, inoltre, sarebbero stati «attentamente valutati  e apprezzati gli esiti delle attività del Centro svolte dal 2009 ad oggi sulla base della documentazione fornita  in questi mesi di discussione della Finanziaria». Ma, allora, se è stata apprezzata la documentazione esaminata, a cosa si riferiscono le relazioni dei revisori dei conti evocate dall’assessore all’Economia?

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Silvia Mazza, 09 maggio 2016 | © Riproduzione riservata

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