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Ornamenti globali e locali

Loretta Vandi

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In questi ultimi anni l'interesse per l'ornamento è di nuovo tornato alla ribalta, soprattutto in pubblicazioni in lingua inglese e francese. Sono anche aumentate le conferenze dedicate a questo soggetto (Francia, Svizzera, Germania, Italia e Usa) che funziona come elemento di raccordo tra la storia dell'arte e la storia dell'architettura.
La recente raccolta di saggi curata da Gülru Necipoğlu e Alina Payne, dedicata a storie di ornamento (dal globale al locale), si colloca all'interno di questo clima. Il contributo più interessante di questo volume alle ricerche contemporanee sull'ornamento è l'aver messo in chiaro (forse inconsapevolmente) che ogni periodo storico è più complesso (talvolta confuso) artisticamente di quanto si sia soliti ammettere.
Ma come si potrebbe definire l'ornamento? Secondo Jonathan Hay nel suo saggio The passage of the Other, esso è «l'affermazione ritmica di motivi attraverso una superficie in tensione con un limite», una definizione abbastanza ampia da poter essere applicata sia all'architettura che a singoli oggetti.
I saggi non tendono a essere teorici bensì descrittivi; oltre all'architettura contemporanea o dei secoli passati, l'attenzione è rivolta a quelle culture che hanno pensato i loro oggetti con ornamenti funzionali oppure simbolici, applicati a fogli miniati (Anne Dunlop), vasi in porcellana (Jonathan Hay) o in altri materiali (Avinoam Shalem), piatti in ceramica (Oya Pancaroğlu), tappeti (Gülru Necipoğlu), stoffe e scudi di cuoio (Anna Contadini), disegni decorativi (Marzia Faietti, David Pullins), gioielli (Thomas B. F. Cummins), statue di soggetto sacro (Christopher P. Heuer), icone (Michele Bacci).

Vittoria Di Palma, nel suo saggio A natural history of ornament, enuclea le quattro qualità caratteristiche dell'ornamento contemporaneo: integrazione nella superficie architettonica come «pelle» delle facciate; copertura totale; difficoltà nell'essere interpretato e stretto legame con le teorie filosofiche di Gilles Deleuze e Félix Guattari che tendono a vedere l'ornamento in termini di «affect». Solo quest'ultima qualità sembrerebbe veramente contemporanea anche se traduce una tendenza che in passato aveva un altro nome, Empatia, confermando così che tutto ciò che viene riconosciuto come specifico della nostra cultura in effetti non lo è.

Le curatrici si soffermano a ragione sull'architettura essendo sempre stata, fin dal XV secolo, al centro dei dibattiti su come stabilire un rapporto tra essa e l'ornamento. Su 26 contributi che costituiscono il volume, ben 12 ne parlano in modo diretto mentre nei rimanenti essa, pur rimanendo sullo sfondo, continua a dialogare con i soggetti in primo piano. L'architettura contemporanea è sia spoglia di ornamenti che capace di accoglierli sulle superfici bidimensionali ma senza valore simbolico poiché non esisterebbero simboli capaci di comunicare in modo non ambiguo in una società come la nostra, multiculturale e basata su un ordine complesso e globale.
Le superfici (ornamento come parte integrante della parete), l'affetto (le reazioni emotive verso l'ornamento) e la cultura digitale (con cui si creano i nuovi pattern decorativi) sarebbero le soluzioni proposte per rendere più fluide le frontiere tra arte e culture diverse, con un coinvolgimento dell'osservatore che non richiede interpretazione.
Scambi transnazionali e circolazione di idee, forme, beni, e popoli, la prospettiva globale, i regimi del vedere, il maneggiare gli oggetti decorati e i tipi di contaminazione dell'ornamento sono i temi distribuiti nelle sette sezioni della raccolta, organizzate con «un occhio alla transmedialità e all'ibridismo transculturale», resi possibili dagli artefatti che circolano grazie alla loro portabilità e «capaci di infiniti adattamenti attraverso l'inserire e il reinserire se stessi nei più vari contesti e media» avendo sullo sfondo la politica dell'ornamento e la sua connessione con l'identità sociale, individuale e di genere.

Histories of Ornament. From Global to Local, a cura di Gülru Necipoğlu e Alina Payne, 464 pp., ill. col. e b/n, Princeton University Press, Princeton 2016 $ 60.00

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Loretta Vandi, 06 giugno 2016 | © Riproduzione riservata

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