Oltre 80 milioni per lo scrigno degli affreschi dell’Allori
La LDC Group ha salvato Palazzo Portinari Salviati, sontuoso edificio di fine Quattrocento a due passi dal Duomo di Firenze trasformato in residenza d’epoca










Dopo oltre un decennio di abbandono, è giunto al termine l’intervento di recupero di Palazzo Portinari Salviati nel cuore del centro storico che aprirà al pubblico il 15 aprile. Preceduto da un’approfondita campagna di indagini diagnostiche, il restauro dell’edificio e dei suoi 12 mila metri quadrati d’interni è durato circa quattro anni ed è stato realizzato dalla restauratrice Anna Medori (Faberestauro) con il coordinamento di Adriana Novelli e la tutela della Soprintendenza. L’intervento è stato reso possibile dall’investimento della LDC Group: oltre 80 milioni di euro compresa l’acquisizione.
Il primo nucleo del palazzo è la «casa nuova» fatta costruire nella seconda metà del Quattrocento dagli eredi di Folco Portinari, padre di Beatrice, unificando il complesso di case dove aveva vissuto la donna amata da Dante. Saranno i fratelli Pigello, Acerrito e Tommaso Portinari (il committente del «Trittico» di Hugo van der Goes oggi agli Uffizi), a portare a compimento il palazzo alla fine del secolo. Non è noto chi sia l’architetto delle parti monumentali sebbene Guido Pampaloni abbia avanzato il nome di Michelozzo, ch’era in rapporto coi fratelli Acerrimo e Pigello e che disegnò la Cappella Portinari in Sant’Eustorgio.
Con il declino della famiglia nel 1538 l’intera proprietà passerà allo Spedale di Santa Maria Nuova per essere poi acquistato nel 1546 da Jacopo Salviati, imparentato con Cosimo I dei Medici, che acquistò anche un gruppo di case attigue poi inglobate in un grande progetto di ampliamento. Due secoli più tardi, nel 1768, il duca Anton Maria Salviati venderà il complesso al cavalier Niccolò Serguidi. Sede del Ministero di Grazia e Giustizia negli anni di Firenze capitale, nel 1921 accoglie la direzione generale della Banca Toscana.
Testimonianze antiche ricordano la sontuosità e la rarità delle collezioni che vi erano riunite, con opere dei protagonisti della scena artistica del ’400 e ’500: Donatello, Verrocchio, Cellini, Bronzino. Ad oggi resta l’importante ciclo di affreschi realizzato da Alessandro Allori e aiuti tra il 1574 e il 1576 al piano terra nella Corte degli Imperatori e nelle sale adiacenti, con Storie dell’Odissea e Storie di Ercole, e il singolare fregio della Batracomiomachia con la rappresentazione della battaglia tra topi e rane tratto dal poemetto attribuito a Omero, ma anche la «Madonna in trono col Bambino».
Ancora in corso il recupero della Cappella con Storie di Maria Maddalena (1578-80) e la tavola sull’altare con «Cristo in casa di Maria e Maddalena», opera di Alessandro Allori con Giovanni Maria Butteri e Alessandro Pieroni. Qui Le analisi scientifiche, condotte dal professor Guido Botticelli ed eseguite da Fulvia Zeuli e Jennifer Celani, hanno messo in evidenza pennellate molto corpose e materiche, ma non i tipici segni di lavorazione su un intonaco fresco: si tratta infatti di pitture murali a olio su muro, raro esempio, in ambito fiorentino.
Il piano nobile, dove sono tornate alla luce molte decorazioni che erano state scialbate, sarà una residenza d’epoca: tredici suite, con gli originali soffitti affrescati o a cassettoni e i decori quattrocenteschi con l’arma Portinari, una porta tra due leoni rampanti. La Corte di Cosimo I accoglie il Salotto Portinari Bar & Bistrot.
Più complesso, e ancora in corso, il recupero della Cappella Salviati, consacrata nel 1581, preziosa testimonianza del processo di trasformazione che interesserà la pittura sacra proprio grazie ad Allori. La fine dei lavori è prevista in giugno quando inaugurerà anche la Corte degli Imperatori (le sale attigue ospiteranno il ristorante Chic Nonna dello chef stellato Vito Mollica).
