Obrist: «Gli artisti hanno la meravigliosa capacità di vedere ciò che potrebbe essere oltre ciò che è»

Nel libro scritto con Gianluigi Ricuperati, in uscita per Marsilio, il curatore svizzero s’interroga sul ruolo dell’arte contemporanea e ripercorre gli incontri che più lo hanno formato

Gianluigi Ricuperati e Hans Ulrich Obrist
Hans Ulrich Obrist, Gianluigi Ricuperati |

Esce oggi in libreria per Marsilio il volume di Hans Ulrich Obrist, scritto con Gianluigi Ricuperati, A che cosa serve l’arte (176 pp., collana Cartabianca, € 16,00). Il curatore-globetrotter svizzero (Weinfelden, 1968)  in quasi quarant’anni di attività ha realizzato oltre tremila interviste ad artisti, architetti, scienziati, filosofi, musicisti, scrittori, ognuno dei quali ha aggiunto un tassello alla sua teoria su quale sia il ruolo dell’arte contemporanea.  Nel dialogo con lo scrittore e saggista Ricuperati (Torino, 1977) Obrist s’interroga sui cambiamenti che essa può instillare nella società, ripercorrendo gli incontri con personaggi, autori, libri e mostre che hanno contribuito a formarne l’identità e influito sul suo lavoro curatoriale, confermandolo nella convinzione che gli artisti siano  «sismografi viventi».
Il libro sarà presentato a Venezia venerdì 19 maggio alle 19.30 nelle Stanze della  Fotografia, da poco inaugurate sull’Isola di San Giorgio Maggiore

Per gentile concessione degli autori e dell’editore pubblichiamo un estratto del testo.

FÉLIX F. ECC.

Uno dei miei ispiratori è Félix Fénéon. Parlava spesso e volentieri di passerelles, di ponti tra una disciplina e l’altra. In Fénéon, a cui sono state dedicate due grandi mostre nel 2019 e nel 2020, non è difficile ritrovare alcune delle caratteristiche associabili al lavoro che amo fare con gli artisti e gli intellettuali: animato da una curiosità multiforme, era organizzatore di mostre d’arte, poeta e scrittore, amico degli artisti e sostenitore delle cause utopiche nella Parigi a cavallo fra il XIX e il XX secolo. Ricordo una biografia il cui sottotitolo sintetizza perfettamente lo spirito di questo grande personaggio: Aesthete & anarchist in fin-de-siècle Paris. Fénéon è sempre stato per me fonte di ispirazione; ha fondato numerose riviste cruciali, come la mitica «Revue Blanche», e ha rinnovato molti generi, tra cui il racconto breve, inventando i famosi Romanzi in tre righe, che venivano pubblicati sui giornali dell’epoca. In un certo senso, l’aspirazione a diventare curatore è venuta proprio dall’esempio di questo scrittore, che lanciava nuove imprese editoriali e, per sua stessa ammissione, faceva il «curatore di letteratura», in particolare di antologie.

Parlando di ispirazione, per il mio lavoro dei primi anni novanta devo molto a Lucy Lippard, grande teorica e critica americana. Più che dai curatori sono stato influenzato dagli artisti, ma ciascuna voce mi ha insegnato qualcosa: dal gallerista tedesco Kasper König ho imparato come si allestisce una mostra e come si fa un catalogo. In termini più intellettuali penso a Glissant e ad altri ma, se dovessi indicare una personalità del mondo curatoriale che per me ha rivestito un ruolo fondamentale, sarebbe appunto Lucy Lippard. Alcune delle mostre che organizzò a Vancouver negli anni settanta sono costituite da istruzioni degli artisti per gli artisti, una sorta di forma ante litteram di Do It. Da lei ho appreso che la pratica curatoriale deve portare anche a una produzione di realtà.

La voce che mi ha fatto avvicinare al tema ecologico è invece, e ne ho già parlato, quella di Gustav Metzger, che mi scuoteva dicendomi: «Dobbiamo lottare contro l’estinzione!». Anche lui è stato una fonte di ispirazione. Ciò che definiamo influenza è un intricato insieme di esempi, idee e parole che formano un’esperienza complessa, quasi indecifrabile. Ma Lucy Lippard, come curatrice, ha condotto un lavoro in cui vedo elementi che hanno anticipato molto il mio.

Suzanne Pagé, un’altra figura per me magistrale, diceva che il curatore dovrebbe agire come un derviscio che danza intorno alle opere dell’artista. Dovrebbe coltivare l’arte della vulnerabilità, soprattutto nel rapporto con gli artisti; il suo è un lavoro intessuto di ascolto, infinita pazienza, disponibilità all’apprendimento e al dialogo infinito. Ci sono altri curatori o direttori di musei che hanno esercitato su di me una certa influenza, magari più indirettamente. A cominciare dall’americano Walter Hopps, che ho intervistato negli anni novanta e che è stato uno dei pionieri della curatela contemporanea. Ha diretto gallerie come la Ferus a Los Angeles o il Museo di Pasadena, è stato una figura formidabile, sapeva gestire un’incredibile mole di lavoro. È lui che ha organizzato, per primo, le retrospettive di Kurt Schwitters e Joseph Cornell e la prima grande mostra di Duchamp in un museo. Hopps era molto eccentrico, quasi un personaggio romanzesco. Il suo anticonformismo e la sua etica sono l’esempio di come bisognerebbe agire dentro e fuori le istituzioni; basta pensare a una mostra, rimasta nella storia, come «36 Hours», in cui per un giorno e mezzo tutti quelli che passavano di lì potevano appendere o installare un’opera...

Mi viene in mente anche Pontus Hultén, il leggendario direttore del Moderna Museet di Stoccolma. Ogni volta che un’istituzione vive un momento decisivo è grazie alla presenza di una persona. Nel caso di Stoccolma, per esempio, tutti dicevano: «Andiamo da Pontus», a tal punto il museo era identificato con il suo direttore. Hulten ha svolto un lavoro senza precedenti, rendendo Stoccolma una capitale dell’arte contemporanea di quegli anni. Le sue mostre puntavano ad abbattere le barriere tra le discipline e il suo approccio alla curatela ha avuto un profondo effetto su di me. È stata sua l’idea di ricostruire il salotto della casa di Gertrude Stein che, per la storia dell’arte, rappresenta un luogo quasi magico, e ha curato diverse mostre sulla «valigia» di Duchamp non in un museo, ma in libreria! Secondo Niki de Saint-Phalle aveva l’anima di un artista, non di un direttore. Un giorno lo scultore Jean Tinguely mi ha detto: «Avresti dovuto fare l’artista e non il curatore», ma è stata una fortuna che io abbia fatto il curatore! Gli artisti hanno la meravigliosa capacità di vedere ciò che potrebbe essere oltre ciò che è e la mia missione è orientarmi attraverso le loro visioni e punti di vista.

RICETTE D’ARTISTA PER IL PIANETA

Ascoltare gli artisti ci porta a un altro progetto. Nel 2021 ho pubblicato, insieme a Kostas Stasinopoulos, un libro intitolato 140 Artists’ Ideas for Planet Earth, nel quale, con uno spirito vicino alla modalità Do It, sono state raccolte idee e visioni di artisti sotto forma di istruzioni o, meglio, di «ricette» per salvare il pianeta e sé stessi.
Attraverso 140 disegni, esperimenti di pensiero, istruzioni per attivisti, spunti per il giardinaggio, insurrezioni e rivoluzioni personali, gli artisti che passano la loro vita a pensare fuori dagli schemi ci guidano verso una nuova concezione del mondo. Il libro è stato pubblicato in concomitanza con il progetto pluriennale della Serpentine Gallery, «Back to Earth», un programma che catalizza cambiamenti incentrati sull’ecologia e, anziché sostenere strategie di fuga dalla Terra, riservate a pochi, si radica saldamente nella realtà del suolo su cui camminiamo.
Ecco alcune delle ricette per il pianeta:

«Tornare alla Terra» può significare allontanarsi da molte cose.
Vorrei che tornassimo ai ritmi naturali del mondo.
Viviamo di luci naturali.
Possiamo alzarci quando gli uccelli iniziano a cantare.
Poi andare a letto con il sole.
Affondare nei nostri sogni.
Se abbiamo bisogno di più tempo, usiamo
candele, come deve aver fatto Platone nella sua caverna filosofica.
«Tornare alla Terra» può significare tornare alle ombre.
Seguire con gli occhi il tremolio delle ombre sulle pareti.
Avremo bisogno più di api che di impianti elettrici, perché no?
Io tiferò per le luci delle candele e per il sole.
Sarà un buon inizio.
Etel Adnan

Dentro le case che condividete
Ascoltate il ragno che suona la sua tela
Di notte
Spegnete i fari e lasciate che gli altri brillino sopra di voi
Immergetevi nei cicli lunari
Decollate con questo pianeta
Domani è un altro giro intorno al sole
Ora, insieme, godiamoci il viaggio
Tomás Saraceno

Qualsiasi siano le bombe, qualsiasi
siano le minacce,
la Terra ci restituirà sempre fiori e felicità.
Simone Fattal

Avvicinatevi a un albero,
afferrate il tronco con la mano,
aspettate che la sua crescita vi avvolga la mano
Mettete il tempo della vostra vita in relazione con gli esseri
[che vi circondano.
Giuseppe Penone

foresta di esseri umani
città di alberi
Stefano Boeri

Senza titolo (2019)
1. Scrivete le vostre paure su un quadrato bianco di carta di riso
2. Piegate la carta in un piccolo triangolo
3. Date fuoco
4. Portate la cenere all’esterno
5. Mettetela nel terriccio
6. Piantate un fiore nella terra (viole del pensiero, cosmea, fiori [di Natale)
7. Ripetete fino a quando non avrete un giardino
Precious Okoyomon

Scegliete una creatura di cui prendervi cura.
Aiutatela a crescere, rispettando il suo
principio di crescita.
Asad Raza

città senza
senza energia
servizi igienico-sanitari
senza fognature
senza mobilità
senza coltivazioni
suolo senza carne
ricchezza animale
senza edifici
costruzione
Norman Foster



loto
Api d’acqua e di fuoco legate a un bambino
Verdi
Le libellule da sole trasformano i semi
così tondi così tondi si baciano
Farfalle
lontano volteggiano libellule
La terra salta
Suzanne Jackson

Vi chiediamo di unirvi a noi per creare arte per la Terra;
una risposta creativa globale alla crisi climatica.
Creare immagini che offrano una visione alternativa;
una visione che protegga il pianeta e tutte le creature viventi,
una visione che promuova equità e giustizia per tutti.
Fare arte. Cantare canzoni.
Creare spettacoli.
Recitare poesie.
Fate tutto questo da soli o con le vostre famiglie, su qualsiasi
[tipo
Di materiale a vostra disposizione.
Condividete ciò che create con la vostra community e attraverso
[percorsi conosciuti
e sconosciuti, per dimostrare i molti modi in cui l’arte può
[guarire, connettere, trasformare e cambiare.
Caricate le vostre creazioni sulle piattaforme dei social media
[con l’hashtag
#CreateArtForEarth
Judy Chicago, Jane Fonda e Swoon

Trovate un pezzo di terra: giardino o marciapiede,
bosco, campo o giungla.
Misurate un quadrato di 1 metro – un «quadratino» – con
[spago o nastro adesivo.
Inginocchiatevi.
Elencate tutti gli esseri viventi che vedete nel quadrato.
Immaginate gli organismi che non potete vedere.
Pensate alle interrelazioni tra tutte queste creature.
Date a tutte un nome.
Inventateli se non li conoscete.
Ora entrate nel quadrato.
Pensate alle vostre relazioni con ogni essere
nel quadrato con voi.
Vi sentite grandi o piccoli?
Ripetete su un altro terreno.
Alexandra Daisy Ginsberg

Ok: fate un respiro.
Ora spegnete il telefono,
e aprite tutte le porte e le finestre di casa vostra:

sussurrate un segreto al vento.
Jota Mombaça

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