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Nuvole per volare alto

Giusi Diana

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Nata nel 1996, Nuvole è una galleria e associazione culturale con una biblioteca di circa 3mila cataloghi d’arte e dal 2013 è anche residenza per artisti e viaggiatori. Tra i tanti nomi con cui ha collaborato in questi anni vi sono Letizia Battaglia, Elisa Montessori, Rita Casdia, Francesco Balsamo, Vito Stassi, Zoltan Fazekas, Antonio Micciché, Andrea Di Marco, Alessandro Bazan, Kuutti Lavonen e Catherine Keun e non vanno dimenticate le mostre di esponenti del Novecento italiano come Titina Maselli, Consagra, Ferroni e Vespignani.
Alla direttrice Raffaella De Pasquale abbiamo rivolto alcune domande.

Come definirebbe Nuvole?

Uno spazio di libertà. Il nome non fu scelto a caso: «Se vuoi vedere le valli, scriveva Kahlil Gibran, sali in vetta a una montagna; se vuoi vedere la vetta di una montagna, sali su una nuvola; se invece aspiri a comprendere la nuvola, chiudi gli occhi e pensa». Questa in fondo è l’arte: immaginare. Immaginare altre realtà possibili.

Com’è cambiata Nuvole in questi anni?

Era un appartamento con lo studio di mio marito, l’artista Gaetano Cipolla, e il laboratorio calcografico di mia sorella Sabina. Nel corso degli anni abbiamo trasformato gli spazi definendo un percorso anomalo: siamo una galleria, ma restiamo un’associazione, una presenza attiva nel tessuto della città. 

Che cosa significa lavorare a Palermo?

Resistere alla crisi economica permanente, ai bizantinismi e al pessimismo. Vivere in un esperimento continuo. Per questo ci siamo trasferiti in un palazzo vicino ai Quattro Canti e accanto a Nuvole Galleria è nata Nuvole Residenza, un altro modo per vivere l’arte come esperienza diretta. 

Quanto è importante per voi la figura di Antonietta Raphaël?

Nel 2007 abbiamo festeggiato i dieci anni di Nuvole con una sua mostra, un omaggio a questa nonna straordinaria grazie alla quale ho potuto respirare l’arte sin da bambina. Da Roma vennero Miriam e Giulia, le sorelle di mia madre Simona, Giuseppe Appella, che l’aveva accompagnata negli ultimi anni di lavoro, e Philippe Daverio, che aveva organizzato una sua mostra a New York. Da allora m’impegnai sempre di più nel continuare a costruirne e conservarne la memoria, poiché non basta essere stati grandi artisti per non essere dimenticati. Così alla fine del 2010 è nato il Centro Studi Mafai Raphaël. 

Tra le mostre di arte contemporanea fatte a Palermo negli ultimi anni, quale secondo lei merita di essere ricordata?

«Lo spirito del tempo 1968/2008» a Palazzo Riso nel 2009. Perché ha messo in rete le energie della Sicilia attive nell’arte contemporanea, collezionisti privati e musei, proponendosi come manifesto programmatico della politica culturale della Regione Sicilia. Ma fu la solita falsa partenza. Dopo sette anni di contorcimenti e convulsioni la situazione resta precaria, le scelte alla mercè del finanziatore di turno e del potere politico regionale. Sono rare le mostre contemporanee per linguaggi e contenuti, come quella in corso di Vittorio Messina, che anche noi abbiamo sostenuto. 

Prossimi progetti?

«Sowing», con l’artista Rossana Taormina, per la Scuola di Italiano per Stranieri dell’Università di Palermo: coinvolgerà migranti minori non accompagnati e studenti dell’Accademia. «Confinus», che ha fatto la sua prima tappa in Finlandia e proseguirà nei prossimi due anni alla ricerca di nuove forme d’interazione tra il Sud e il Nord del mondo. Infine a dicembre, per i 20 anni di Nuvole, mi piacerebbe portare a Palermo «Le Fantasie» di Mafai.

Giusi Diana, 08 giugno 2016 | © Riproduzione riservata

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