Nulla osta a restituire i Marmi Elgin?
Nei documenti desecretati il Governo sapeva di poter accogliere le richieste della Grecia, «ma non lo vogliamo». Ora Boris Johnson scarica tutto sui trustee del British Museum

Londra. Mentre il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis ha chiesto nuovamente al Governo britannico il ritorno dei Marmi del Partenone, durante una visita al suo omologo Boris Johnson lo scorso 16 novembre, sono stati desecretati nuovi documenti. Un fascicolo britannico, finora confidenziale, fa luce sul tema della restituzione da parte del British Museum dei marmi e di altri reperti e opere d’arte.
In base all’Act of Parliament del 1963, il museo ha il divieto di alienare opere della sua collezione, tranne che in circostanze specifiche, come nel caso di repliche. Ma già nel 1991, l’ambasciatore inglese ad Atene dichiarò che il British Museum non avrebbe dovuto nascondersi dietro all’Act of Parliament per quanto attiene ai Marmi del Partenone.
Il fascicolo desecretato riguarda una visita del 1991 in Grecia da parte dell’allora ministro Timothy Renton. La questione dei Marmi era già molto controversa, dopo le richieste di restituzione avanzate negli anni Ottanta dalla ministra della Cultura greca Melina Mercouri per la metà dei Marmi del Partenone, quelli acquistati da Lord Elgin e giunti al British Museum nel 1816.
L’ambasciatore britannico ad Atene David Miers dopo la visita di Renton scrisse in un rapporto al Foreign Office, passato all’Office of Arts and Libraries: «Si tratta di una questione che non potremo mai vincere: il meglio che possiamo fare è mantenere un basso profilo ed evitare di portare argomenti a nostro favore qui in Grecia perché suonerebbero vani, scriveva Miers, aggiungendo: Non penso ad esempio che la questione dei trustee del museo sia una buona scusa qui. I greci sanno che noi potremmo acconsentire alla cessione se lo volessimo. Il problema per loro è che noi non vogliamo».
In una lettera contenuta nel fascicolo si sosteneva che i Marmi sarebbero stati più al sicuro a Londra rispetto ad Atene. Secondo il Ministero degli Esteri il Governo inglese aveva citato «preoccupazioni ambientali come ulteriore ragione per tenere i Marmi negli spazi climaticamente controllati del British Museum», in considerazione del «grave inquinamento di Atene».
Metà dei Marmi rimasero ad Atene, alcuni esposti al Partenone, altri rimossi per ragioni di conservazione. Nel 2009, quando aprì il Museo dell’Acropoli ad Atene, furono tutti esposti in totale sicurezza. Ora, tuttavia, i problemi sono al British Museum, dove le gallerie greche del museo sono state chiuse per tutto il 2021 a causa di infiltrazioni nel soffitto.
Al momento il British Museum deve gestire richieste di restituzione per altri oggetti oltre ai Marmi Elgin, tra cui i bronzi del Benin dalla Nigeria, reperti di Maqdala dall’Etiopia, due statue in pietra Moai dall’Isola di Pasqua e uno scudo aborigeno dall’Australia. Un portavoce ha dichiarato che il British Museum «si impegna incondizionatamente in una collaborazione internazionale a vantaggio del più vasto pubblico possibile».
Il recente incontro tra Kyriakos Mitsotakis e Boris Johnson, il primo in presenza tra i due leader per affrontare ufficialmente il tema dei Marmi, sottolinea il fatto che i greci ritengono ancora oggi il Governo britannico responsabile per la detenzione dei fregi nel British Museum. Johnson ha affermato di «comprendere la forza del sentimento del popolo greco su questo tema», ma ha confermato la posizione del Governo: «È una questione di competenza dei trustee del museo». q Martin Bailey