Nelle città d’arte no al numero chiuso
La parola d’ordine è «regolare i flussi». Le maggiori città d’arte stanno studiando misure efficaci per difendere i loro centri storici da folle sempre più disordinate, impreparate, maleducate di turisti che le invadono e letteralmente le consumano, snaturano la bellezza, stravolgono l’economia locale e la stessa struttura sociale dei luoghi. Da fonte di ricchezza, il grande successo turistico si sta trasformando in minaccia mortale per monumenti e intere città, con conseguenze sempre più insopportabili per i loro abitanti (e in tanti decidono, infatti, di andarsene).
Due esempi eclatanti: il primo è Venezia, ancora senza un piano di fronte alle richieste dell’Unesco che chiede difese efficaci contro il degrado crescente (e ha appena concesso una proroga per la redazione del piano di salvaguardia). La città ha perso gran parte della sua popolazione, ridotta a meno di 50mila abitanti,
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