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Museo di Reggio Calabria: costo triplicato e 5 anni di ritardo

Silvia Mazza

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Lo si attendeva nel marzo 2011, in tempo per le celebrazioni del 150esimo dell’Unità d’Italia, e, invece, per l’inaugurazione totale del Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria ci sono voluti altri cinque anni. Quasi otto in tutto dall’inizio dei lavori di restauro, ampliamento e riallestimento.

Di mezzo ricorsi, errori progettuali, problemi tecnici, triplicazione dei costi (costo finale 29 milioni di euro contro gli 11 previsti), ma anche la riforma Franceschini con le sue complicazioni. Fino all’ultimo passaggio buio con l’interdittiva antimafia che ha raggiunto la Set Up Live, che si è occupata dell’allestimento.

Così, il 30 aprile, finalmente, il museo si è presentato integralmente riallestito, secondo il progetto scientifico di Simonetta Bonomi, dal 12 marzo scorso a capo della Soprintendenza archeologica del Veneto, oltre all’interim del Friuli, che, dall’insediamento nel settembre 2009, ha seguito quella che è stata la fase più difficile, probabilmente, di tutta la storia di Palazzo Piacentini. E anche se il risultato finale «non è mai il frutto del lavoro di uno solo», come tiene a precisare, il giorno dell’inaugurazione resta a buon diritto il direttore «morale», accanto al nuovo, Carmelo Malacrino, a cui è spettato il faticoso rush finale.

Ecco dunque che la Bonomi illustra il percorso di visita, invertito rispetto al precedente che partiva dal basso: «l’ordito generale è cronologico, la trama è invece tematica. Protagonista la Magna Grecia. Dopo la salita in ascensore al secondo piano (piano A: “Prima della Magna Grecia”) il percorso esordisce con le testimonianze relative all’Uomo di Neanderthal e all’Homo Sapiens. Scendendo si accede al piano primo (piano B) “Città e santuari della Magna Grecia”, dedicato alle città-stato di Sibari e Crotone, Caulonia, Thurii, Locri e alle sue colonie Hipponion e Medma, e ai santuari, con le grandi decorazioni di terracotta dipinta dei tetti dei templi di Locri e di Caulonia, in parte ricostruiti, agli ex voto fittili, tra i quali i “quadretti” (pinakes) dal santuario della Mannella di Locri. E poi, rari esempi di statuaria di marmo come i Dioscuri dal frontone del tempio di Marasà a Locri o il maestoso acrolito di Apollo da Cirò Marina, qui ricostruito e panneggiato per rendere il verosimile effetto dell’originale. Scendendo ancora si accede all’ammezzato (piano C), dedicato agli “Aspetti di vita quotidiana nelle città della Magna Grecia”, con uno spazio riservato ai popoli di stirpe italica, i Lucani e i Brettii. Per giungere, infine, al piano terra (piano D) dedicato alla città che ospita il Museo, Reggio Calabria, greca e romana, dove si espone per la prima volta una sintesi ragionata di reperti. L’aggraziata statua marmorea del kouros di Reggio, in realtà un giovane Apollo, di cui si dà anche la ricostruzione virtuale, introduce il visitatore alla Sala dei Bronzi di Riace e dei Bronzi di Porticello: la testa di Basilea e la straordinaria testa del Filosofo, del quale un ologramma dà un’ipotetica ricostruzione virtuale come anziano poeta». Alla ricomposizione reale, con le parti conservate nei depositi, si sta già lavorando, come ci aveva anticipato Malacrino.

Silvia Mazza, 04 maggio 2016 | © Riproduzione riservata

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