Musealia Americana | Isabella Stewart Gardner Museum

Viaggio negli Stati Uniti alla scoperta di musei poco noti in Italia. Boston, Massachusetts

The Titian Room, Isabella Stuart Gardner Museum,Boston
Thomas Clement Salomon |  | Boston

Isabella Stewart Gardner non disdegnava affatto l'esibizione della sua intelligenza e ricchezza. Intraprendeva lunghi viaggi intorno al mondo, organizzava sontuosi ricevimenti e, alle volte, portava con sé un cucciolo di leone in carrozza. Era la regina dei salotti di Boston e il giovane Bernard Berenson adorava i salotti: il loro incontro fu inevitabile.

Figlia di David Stewart, facoltoso mercante di lino, e poi moglie del businessman Jack Gardner, Isabella nella saga del grande collezionismo americano anticipò i tempi, anche rispetto a magnati del calibro di J. P. Morgan o Henry Clay Frick. Tra il 1856 e il 1858 la giovane Isabella viaggiò in Italia con i genitori e a Milano rimase molto colpita dalla collezione di Gian Giacomo Poldi Pezzoli. Divenne un'instancabile e ambiziosa collezionista, al centro di un circolo intellettuale del quale facevano parte artisti e letterati tra i quali James McNeill Whistler, John Singer Sargent, Henry e William James e Bernard Berenson.

La Gardner conobbe il giovane Berenson nel 1884, ne rimase colpita e finanziò il suo viaggio formativo in Europa. Dalla loro conoscenza nacque un sodalizio intellettuale e d'affari che ormai appartiene all'epica del collezionismo d'arte in America.

A partire dal 1894 Berenson ricercò opere italiane da vendere alla Gardner per la sua dimora bostoniana. Il legame tra i due durò anni e fu contraddistinto da acquisizioni di importanti dipinti, spesso portate avanti non senza rischi. Esportare opere rinascimentali dall'Europa agli Stati Uniti era allora un'avventura possibile, ma da vivere in bilico tra problematiche inerenti l'esportazione, intermediari, contraffazioni, dubbie attribuzioni, dazi d'importazione e restauri sbrigativi.

In una corrispondenza del 1894, il giovane Berenson domandò alla Gardner: «Quanto desidera un Botticelli?». A quella domanda seguì l'acquisto di una delle opere più importanti oggi nel Museo di Boston. La tavola con «Le Storie di Lucrezia», realizzata dall'artista fiorentino tra il 1500 e il 1501 molto probabilmente per Giovanni Vespucci, venne acquistata dalla Gardner da una collezione aristocratica inglese per 3.400 sterline, tramite Berenson naturalmente. Fu così che il primo dipinto di Sandro Botticelli entrò a far parte di una collezione americana.

Due anni dopo, nel 1896, i due conclusero un altro affare e portarono a Boston quello che ancora oggi viene definito uno dei più bei dipinti italiani in America, il «Ratto di Europa»di Tiziano, pagato dalla Gardner 20mila sterline, un affare per l'epoca. L'opera fu realizzata da Tiziano a Venezia tra il 1559 e il 1562 per il re Filippo II di Spagna e fa parte di una serie di sei dipinti denominata «Poesie». Il soggetto è tratto dalle Metamorfosi di Ovidio. Raffigura Giove con le sembianze di un toro bianco che, invaghitosi della principessa Europa, la rapisce per portarla sull'isola di Creta. Sia il dipinto di Tiziano sia quello di Botticelli al tempo non si trovavano in Italia, entrambi vennero acquistati dalla Gardner tramite Berenson in Inghilterra.

Il recente restauro della tela di Tiziano ha svelato delle tonalità cromatiche particolarmente vivide che conferiscono un aspetto splendente alla composizione. Secondo Nathaniel Silver, brillante curatore che sta svolgendo un gran lavoro all’Isabella Stewart Gardner Museum, «il Ratto di Europa risplende di nuova vita. Il restauro ha rimosso delicatamente uno strato scuro di patina rivelando l'intero spettro di colori di Tiziano che prima era impossibile da apprezzare».

La smania di assicurarsi nuove opere, come sovente accade ai collezionisti appassionati, è manifesta nella corrispondenza tra Isabella e lo storico dell'arte procacciatore. In una lettera del 1897, la collezionista scriveva a Berenson in merito a un dipinto: «Vi prego strappateglielo. Non lasciatelo a nessuno, e se davvero non lo si può far uscire dall'Italia, portatelo via e fatelo mettere da qualche parte con la massima segretezza, per il momento. Non ditelo a nessuno e non fatelo vedere a nessuno vi prego».

Berenson tratteneva una lauta percentuale per le acquisizioni portate avanti in nome della collezionista e furono molti, forse troppi, i capolavori che lasciarono l'Europa alla volta degli Stati Uniti. Nonostante ciò Berenson e la Gardner portavano avanti un progetto virtuoso, la creazione di un museo per la città di Boston. Le opere acquistate erano sì destinate alla residenza privata di Isabella, ma l'intento era di rendere tale dimora un'istituzione museale aperta al pubblico, al servizio di cittadini, studiosi e artisti. Il Museo aprì al pubblico già nel 1903, trent'anni prima della costruzione della National Gallery di Washington, ma nei primi tempi era visitabile per soli 4 giorni al mese alla tariffa di un dollaro.

Grazie a quest'avventura collezionistica e alla visione della Gardner e di Berenson, oggi l'Isabella Stewart Gardner Museum è uno scrigno dove sono custoditi oltre 20mila oggetti che spaziano dall'Antico Egitto al XX secolo: dipinti, sculture, disegni, ceramiche e manoscritti. Oltre al Tiziano e al Botticelli sono custodite opere di Rembrandt, Raffaello, Rubens, Van Dyck e Velázquez. La collezione può vantare l'unico affresco di Piero della Francesca conservato fuori dall'Italia e il ritratto bronzeo di Bindo Altoviti, l'unica scultura monumentale di Benvenuto Cellini in America.

L'area più suggestiva della casa museo è senza dubbio la straordinaria corte centrale. Le facciate dell'edificio prospicienti il cortile sono di ispirazione veneziana (con i balconi originali di Palazzo Cavalli Franchetti di cui la Gardner promosse il restauro) e abbracciano uno spazio aperto in cui convivono opere d'arte e una vegetazione rigogliosa: un'incantevole oasi di pace senza eguali negli Stati Uniti. Tra fiori, palme, fontane e marmi antichi come il cosiddetto Sarcofago Farnese, al centro del cortile si può ammirare un mosaico romano del II secolo. Rinvenuto nel 1892 nella campagna romana, a poca distanza dalla Villa di Livia a Prima Porta, rappresenta la testa di Medusa contornata da eleganti decorazioni geometriche e floreali.

«C'est mon plasir», questo era il motto di Isabella e non riguardava solo un diletto individuale, privato, ma il piacere di offrire le sue opere d'arte al pubblico del museo da lei sognato, un sublime angolo di Europa sulle coste del Massachusetts «per l'educazione e per il godimento del pubblico per sempre». Isabella Stewart Gardner ci ha lasciato un gioiello, una casa museo che tutt'oggi, verosimilmente, è la più stupefacente d'America.

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