Mose verificato: a che punto siamo

Sopralluogo dei nostri inviati: il completamento dell’infrastruttura è giunto all’87%, ulteriore slittamento dell’ultimazione al 2018 e costo totale lievitato dai 3,4 agli attuali 5,493 miliardi di euro

Lavori in corso: vista del cassone di Spalla alla Bocca di Porto di Lido Sud
Veronica Rodenigo, Luca Gibello |  | Venezia

Saturnia tempora quelli in cui il Consorzio Venezia Nuova organizzava viaggi stampa esplorativi (correva l’anno 2013) ai mirabili cantieri del Mose. In una Venezia sino al 31 maggio scorso ancora in preda al vuoto amministrativo (con ben 10 aspiranti alla carica di sindaco), a un anno dallo scandalo Mazzacurati (che ha portato alle dimissioni del sindaco Orsoni) il peso dell’accaduto ha ridimensionato non poco l’orgoglio celebrativo riservato alla mastodontica opera per la salvaguardia della laguna dalle acque alte. Dopo il clamore seguito allo scoperchiamento di un sistema corrotto di cui, con sconcertante ovvietà, molti sapevano (cfr. n. 345, set. ’14, p. 1), vediamo oggi lo stato dell’avanzamento lavori.

Mentre da fine aprile il prefetto di Roma Franco Gabrielli, per garantire un’accelerazione dei futuri appalti per l’opera, ha nominato il terzo commissario per il Consorzio (Giuseppe Fiengo, viceavvocato generale dello Stato, affianca l’ingegnere Francesco Ossola e Luigi Magistro, già vicedirettore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli), il completamento dell’infrastruttura è giunto all’87% con un ulteriore slittamento di ultimazione al 2018 e un costo totale lievitato dai previsionali 3,4 miliardi di euro agli attuali 5,493 miliardi (di cui già finanziati 5,272).

Collocati tutti i 35 cassoni di alloggiamento alle 3 bocche di porto (18 in tutto a Lido Nord e Lido Sud dove, al centro del canale, è stata realizzata un’isola artificiale che ospita la cittadella impianti; 9 a Malamocco; 8 a Chioggia) e installate nella barriera di Lido Nord 21 delle 78 paratoie mobili totali, risulta ora prioritario l’appalto per la realizzazione delle paratoie rimanenti, per le quali manca la copertura economica.

In un clima di sospensione irreale, il viaggio nel ventre del Mose appositamente riservatoci dal Consorzio Venezia Nuova alla bocca di porto di Lido Sud assume le sembianze dell’esplorazione di un territorio «altro». Approdiamo presso la darsena dell’isola artificiale, accolti da un «simil bastione» che fa il verso al Forte di Sant’Andrea, ancora visibile sullo sfondo verso la laguna. Il muraglione in laterizio cela le terminazioni verticali dei blocchi degli impianti.

Attraverso il cassone di spalla scendiamo sott’acqua, nell’ampio tunnel scatolare ricavato dall’accostamento dei cassoni di alloggiamento, adagiati sul fondale. In realtà i tunnel sono due, paralleli e indipendenti: in caso di avaria di uno, entra in funzione l’altro con la distribuzione, sotto il pavimento grigliato, delle condutture di aria e acqua per il sollevamento e abbassamento delle paratoie. Per quanto all’interno di una scatola cementizia, lo spazio non è soffocante, tanto che i nostri accompagnatori ci comunicano che è al vaglio l’ipotesi di rendere uno dei due cavedi percorribili pubblicamente a piedi o in bicicletta; il che consentirebbe di disporre di un percorso litoraneo continuo da Cavallino Treporti a Chioggia. Entriamo poi in una delle stanze stagne che, pendenti dal soffitto, ospitano i mega elementi di «imbullonatura» delle cerniere, con i sistemi di aggancio delle paratoie: guardandone la meccanica, sembriamo lillipuziani…

Tornati en plein air, comprendiamo che la partita si giocherà sulle opere di mitigazione ambientale e sulla capacità d’inserimento paesaggistico delle infrastrutture: sono al lavoro tre équipe dell’Università Iuav (guidate rispettivamente dagli architetti Carlo Magnani per la bocca di Lido, Alberto Cecchetto per Malamocco e Aldo Aymonino con Alberto Ferlenga per Chioggia), i cui progetti lasciano ben sperare, almeno a giudicare dalla profusione di verde che traspare dai disegni. Nessun intervento potrà invece mitigare il problema dell’accelerazione delle correnti, dovuta al restringimento della sezione naturale delle bocche di porto: una conseguenza visibile anche durante il nostro sopralluogo, sia constatando la velocità di spostamento della massa d’acqua, sia verificando l’inclinazione (almeno 30° rispetto alla verticale) delle grandi boe-faro che segnano i percorsi. Secondo i veneziani, ciò modificherà l’orografia dei fondali sabbiosi alterando gli ecosistemi e impedirà alle piccole imbarcazioni da diporto di uscire in mare aperto nei momenti di flusso entrante.
In ogni caso, ormai non si può recedere.

© Riproduzione riservata
Altri articoli di Veronica Rodenigo, Luca Gibello