Montorfano lo «sfortunato»

Entro marzo si conclude il restauro della «Crocefissione di Cristo», 50 metri quadrati di pittura sulla parete del Refettorio di Santa Maria delle Grazie opposta a quella del Cenacolo

La «Crocefissione» di Donato Montorfano sulla parete sud del Refettorio di Santa Maria delle Grazie Il  ritratto, forse di Leonardo, di Beatrice d’Este Una restauratrice all’opera
Ada Masoero |  | Milano

Sfortunato: non si può definire altrimenti il lombardo Donato Montorfano (1460 ca-1502 ca), e non solo perché morì in giovane età, ma perché la sua opera più ambiziosa, l’affollata «Crocefissione di Cristo», 50 metri quadrati di pittura che dipinse sulla parete sud del Refettorio di Santa Maria delle Grazie (datandola e firmandola orgogliosamente «1495/Io[hannes]. Donatus/ Montorfanus p[inxit]»), si trovò da subito a competere con l’«Ultima Cena» (completata nel 1498) che Leonardo stava dipingendo dirimpetto. Oscurando così, anche ai posteri, il suo lavoro.

Tanto che quando nei mesi scorsi la Direzione Regionale Musei Lombardia, guidata da Emanuela Daffra, ha deciso di avviare il restauro della «Crocefissione», ha trovato scarsi riscontri documentali su cui basarsi. Più numerose, invece, le notizie sulle figure dei duchi di Milano, Ludovico il Moro e Beatrice d’Este con i figli, dipinte più tardi alle due estremità inferiori della composizione (su un intonaco identico a quello dell’«Ultima Cena»), molto probabilmente opera di Leonardo, come sostenne convintamente Vasari nel 1568, e poi anche G.P. Lomazzo e padre Girolamo Gattico.

Pochissimo resta però delle figure ducali, specie di quella di Ludovico il Moro con il primogenito Ercole Massimiliano, adiacente alla parete orientale, che come il tetto crollò sotto le bombe del 1943, esponendo i dipinti alle intemperie. Gli studi sono ancora in corso e sull’autografia leonardesca di quei ritratti quasi perduti c’è al momento ottimismo, ma anche cautela.

Molte, invece, le nuove certezze sulla «Crocefissione», che «non era affatto “ben conservata” come si ripeteva, precisa Emanuela Daffra, e che non è un affresco come si pensava, bensì una tecnica mista con parti ad affresco, pitture a calce, finiture a secco e dettagli in pastiglia a rilievo, con lamine metalliche (perdute) che la rendevano sfavillante, secondo l’uso della pittura, non solo lombarda, del tempo. Il restauro ha poi sfatato un altro pregiudizio: questa non è per nulla una pittura “ritardataria”, poiché le architetture e certi volti sono con evidenza bramanteschi. Insomma Donato Montorfano non era un pittore attardato: se mai era Leonardo a essere anni luce avanti a tutti gli altri».

Il restauro progettato da Michela Palazzo, precedente direttrice del Museo del Cenacolo (cui è appena succeduta Silvia Zanzani, già direttrice del Castello Scaligero di Sirmione), è stato avviato il 13 dicembre scorso, dopo che la spolveratura eseguita nel 2020 «aveva evidenziato lo stato di degrado del dipinto, spiega Lea Ghedin di AuriFoliaRestauri, Torino, che conduce l’intervento.

C’erano distacchi dell’intonaco e fenomeni di decoesione sia sulla “Crocefissione” sia sulle porzioni della volta, oltre ai danni causati da vecchie puliture molto aggressive, sulle quali erano state applicate colle e cere difficilissime da rimuovere, che hanno imposto l’uso di materiali innovativi a base di alghe e di solventi a bassa tossicità. Mentre le lacune sono state ripristinate con velature ad acquerello».

Entro marzo è previsto lo smontaggio dei ponteggi che oggi coprono la «Crocefissione» (riprodotta però su un ledwall, con focus sui dettagli), che saranno rimontati sulla parete ovest, miracolosamente sopravvissuta alle bombe, su cui corre, in alto, un fregio realizzato a partire dal 1488, con due lunette alle estremità, una delle quali (quella adiacente alla «Cena») è attribuita a Leonardo.

I lavori, progettati in modo da non ostacolare mai la visita al «Cenacolo», si concluderanno entro maggio, mentre è prevista una nuova illuminazione che valorizzerà ulteriormente questo scrigno meraviglioso.

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