Mediamo. E, se sarà il caso, incontriamoci al C/O Berlin

Una doppia personale di Susan Meiselas e Bieke Depoorter che inducono a riflettere sulla pratica fotografica stessa, sulla testimonianza, sulle gerarchie nell’atto fotografico e sulla ricezione e diffusione delle immagini

«Agata, Parigi, Francia, 2 novembre 2017» di Depoorter © Bieke Depoorter. Magnum Photos. Cortessia di C/O Berlin
Francesca Petretto |  | Berlino

C/O Berlin presenta in contemporanea fino al 9 settembre due mostre. «Susan Meiselas. Mediazioni» s’annuncia come la più completa retrospettiva in Europa sul lavoro in prima linea della fotografa americana (1948) con scatti dagli anni ’70 a oggi: dai primi ritratti alle foto in zone di guerra, come quella del 1979 di un guerrigliero nicaraguense, divenuta poi simbolo di rivoluzione e resistenza contro l’oppressore.

L’approccio di Meiselas è sempre empatico, sensibile alla materia trattata: perlopiù storie di donne e/o di poveri emarginati dalla società. Con loro la fotografa di Baltimora cerca un contatto diretto, un dialogo e una collaborazione che ne includa le prospettive personali sottintendendo un invito per il pubblico a riflettere sulla pratica fotografica stessa, sulla testimonianza, sulle gerarchie nell’atto fotografico e sulla ricezione e diffusione delle immagini.

Non troppo difforme è l’approccio della belga Depoorter (1986) che nella personale «Bieke Depoorter. Un incontro casuale» presenta due progetti a lungo termine in cui vuole confondere i ruoli del rapporto tradizionale fotografo-soggetto: Michael e Agata sono i protagonisti di due racconti per foto su due individui che dal nulla entrano fatalmente nella sua esistenza, sconvolgendola e annullandone per sempre i confini che separano arte/lavoro e vita privata.

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