Madrid rivendica l’eredità artistica di Medardo Rosso
La Fondazione Mapfre recupera la memoria dello scultore torinese attraverso più di trecento opere tra sculture, fotografie e disegni

La Fondazione Mapfre di Madrid inaugura la stagione espositiva con «Medardo Rosso. Pioniere della scultura moderna» (fino all’8 gennaio 2024), a cura di Gloria Moure, una delle star della curatela spagnola. La rassegna, realizzata con la collaborazione del Museo Medardo Rosso di Brazio (Lecco), nasce dalla volontà di rivendicare l’importanza dello scultore italiano per la nascita della scultura moderna. Sottovalutato ai suoi tempi seppur apprezzato dalle nascenti avanguardie, Medardo Rosso (Torino, 1858-Milano, 1928) appare oggi estremamente innovativo e precursore delle ricerche estetiche di artisti come Alberto Giacometti, Constantin Brancusi, Lucio Fontana o il più contemporaneo Thomas Schütte.
«Rosso, che preferì lasciare l’Italia e trasferirsi a Parigi nel 1889 alla ricerca di un orizzonte più cosmopolita, fu un visionario che con il suo lavoro più sperimentale, proprio quello su cui si concentra questa mostra, propose una rottura con la tradizione artistica che predominava in Europa a cavallo tra l’800 e il ’900», ha affermato Gloria Moure. La curatrice, che ha firmato anche la prima mostra dello scultore italiano in Spagna 25 anni fa, rivendica il genio singolare di questo «creatore originale, incompreso e in anticipo sui tempi, che concepiva l’arte come una miscela di tutte le discipline».
Noto per le sue opere di soggetti comuni, spesso umili e marginali, fu un maestro nel catturare i sentimenti dell’essere umano: gioia, tristezza o impotenza. «Iniziò realizzando opere più commerciali, ma dal 1883 si allontanò dalla rappresentazione mimetica della realtà per esplorare un nuovo tipo di lavoro in cui prevale l’interesse per il processo creativo», ha spiegato la curatrice, che per questa mostra ha selezionato le opere più rivoluzionarie, che anticipano la pratica dei grandi scultori del ’900. In totale si espongono più di 300 opere tra sculture, fotografie e disegni.
Il percorso non segue una sequenza cronologica, ma si concentra sui gruppi scultorei più emblematici che l’artista realizzò nel corso della sua carriera e sottolinea l’idea che lo stesso Rosso aveva della sua opera. Lavorava sulla creazione di variazioni e ripetizioni della stessa composizione in diversi materiali: cera, bronzo o gesso, così che ogni pezzo è diverso dagli altri e ha un significato indipendente, nonostante nascano tutti dalla stessa matrice. La sua carriera nella capitale francese, dove fece amicizia con i grandi scultori dell’epoca (Rodin, Brancusi, Modigliani e Degas), fu oscurata proprio da Rodin, al punto che alla sua morte il poeta Guillaume Apollinaire scrisse: «Rosso è oggi, senza dubbio, il più grande scultore vivente».
In mostra sono esposte opere come il busto del mecenate e collezionista Henri Rouart, «Bambino al sole», «Aesta Aurea», che celebra la nascita del suo unico figlio, e «Allibratore» del 1894 che, come «L’uomo che legge», emerge da una massa informe di materia, che mette in discussione l’uso del piedistallo tipico della scultura accademica. Ci sono anche le foto di «Impressione d’omnibus» (1884-85), opera andata distrutta mentre veniva trasportata a Venezia, e una delle sue sculture più note «Ecce Puer» del 1906, il ritratto del nipote dell’industriale e collezionista inglese Ludwig Mond, una versione della quale è stata collocata sulla tomba di Rosso. Fu l’ultimo pezzo originale dell’artista che da quel momento si limitò a rielaborare versioni di lavori precedenti. «Il lavoro di Medardo Rosso non ha ancora ottenuto tutto il riconoscimento che merita», ha concluso Gloria Moure.
