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Vittorio Sella, Monte Bianco, Archivio Marco Antonetto

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Vittorio Sella, Monte Bianco, Archivio Marco Antonetto

Lugano, con i ghiacciai si sciolgono anche confini

In una mostra da Photografica Fine Art 130 anni separano gli sguardi di Vittorio Sella e di Scott Conarroe sugli scenari alpini

Chiara Coronelli

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Lugano (Svizzera). Da poco inaugurata alla galleria Photographica Fine Art, «Frontière, Frontiera e Grenze» mette in scena fino al 29 luglio due sguardi separati da quasi 130 anni, in un dialogo che scorre tra i ghiacciai fotografati da Vittorio Sella nel 1883 e le fluttuazioni dell’arco alpino riprese dal poco più che quarantenne Scott Conarroe, nel suo lavoro più recente.

Il titolo della mostra, che traduce la parola «confine» in italiano francese e tedesco, si riferisce alla mutazione geografica di un’area dove i limiti nazionali di Svizzera, Italia, Francia e Austria non possono più essere definiti staticamente. Questa perdita di punti di riferimento si spiega con il progressivo ritirarsi del permafrost e con il disgregarsi del terreno sottostante, a causa dal surriscaldamento del pianeta: il disegno delle frontiere non corrisponde a quello fissato dai confini naturali, e per molti tratti i due reticoli non si sovrappongono più. Tanto che il movimento delle creste alpine e degli spartiacque ha indotto i Paesi coinvolti a firmare un accordo per rendere fluide le demarcazioni in certe zone. Bisognerà aspettare qualche decennio per recuperare una nuova stabilizzazione geologica, e la conseguente ridefinizione delle frontiere. È questo che si racconta nei grandi formati iperdefiniti dove il canadese Scott Conarroe inquadra gli stessi scenari alpini che Sella aveva fissato nelle sue lastre 30x40, poi stampate a contatto.

I ghiacciai intatti di allora conservano, ancora oggi, tutta la loro bellezza, nonostante le evidenti le tracce lasciate dall’uomo, come la contaminazione portata dal progresso e dalla minaccia climatica. La precisione delle vedute ottocentesche al bromuro d’argento, diventa marchingegno visivo nell’opera di Conarroe che per realizzare i suoi lavori utilizza un fish-eye moltiplicando i punti di vista, poi riassemblati in orizzonti panoramici e immersivi. «Le fotografie che costruisco adesso sono composte da dozzine di scatti (...) Bisognerebbe ruotare la testa per vedere nella realtà questi panorami. Sono una sorta di diorama appiattito», dove l’occhio gode del fuoco perfetto dell’insieme come dell’ultimo dei dettagli, e dove la natura sembra offrire lo spettacolo della propria grandezza, come della propria fragilità.

Vittorio Sella, Monte Bianco, Archivio Marco Antonetto

Scott Conarroe, Vedrette Piana di Malavalle, Italy-Austria Border, 2015

Chiara Coronelli, 23 maggio 2016 | © Riproduzione riservata

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