Lorenzo Balbi: «Nulla sarà più come prima»

Per il direttore del MAMbo cambierà la modalità di visita di musei e spazi pubblici, e le opere dovranno adeguarsi

Lorenzi Balbi. Foto di Claudio Cazzara
Stefano Luppi |  | Bologna

Da ormai un mese i musei italiani pubblici e privati, sono chiusi al pubblico, che siano in zona gialla, arancione o rossa. In attesa della riapertura Lorenzo Balbi, 38 anni, direttore del MAMbo e responsabile dell’Area arte moderna e contemporanea dell’Istituzione Bologna Musei, è impegnato sullo sviluppo della nuova sede del Museo Morandi presso la Palazzina Magnani alla Manifattura delle Arti dopo che, a fine novembre, il Consiglio comunale ha approvato l’acquisizione dal Demanio dello storico immobile, a due passi dal museo che oggi ospita la collezione morandiana un tempo a Palazzo D’Accursio.

Quali sono le differenze per i vostri musei rispetto al precedente lockdown?

Rispetto alla scorsa primavera c’è una diversa consapevolezza: quella che stiamo vivendo non è più una situazione eccezionale, è qualcosa che abbiamo già vissuto, di cui conosciamo regole e comportamenti da tenere. Sicuramente è un contesto molto più complicato e da tutti difficilmente tollerato. Tutto ciò ci ha portato a proporre iniziative più strutturate, che possono richiedere un’attenzione e un tempo di fruizione anche prolungati. Ad esempio i «2 minuti di MAMbo Extended», video in cui approfondiamo i temi portanti dell’attività del museo con ospiti, studiosi e artisti diversi ogni settimana; le «Favole al telefono», attraverso le quali il nostro Dipartimento educativo si mette in comunicazione con bimbi di tutta Italia sviluppando racconti a partire dalle opere della nostra collezione; o la programmazione di «NEU Radio» che, con la sua redazione fissa all’interno del MAMbo, amplifica all’esterno i nostri contenuti, in particolare quelli legati alla comunità creativa del Nuovo Forno del Pane, attraverso un approfondimento settimanale («Breaking Bread», ogni giovedì dalle 11 alle 13).

Che cos’è oggi il MAMbo?

Ho sempre pensato al MAMbo come a un organismo instabile e polimorfo, un’istituzione dinamica capace di adattarsi a tempi, modi e contesti diversi offrendo ai propri pubblici progettualità innovative e contenuti approfonditi, con un’attenzione particolare alla mediazione culturale e alla didattica. Il ruolo di museo pubblico di un determinato territorio ci impone di essere punto di riferimento per una comunità, interlocutori privilegiati e depositari del patrimonio e della memoria collettivi. Ospitare le voci di questa comunità, offrire contenuti interdisciplinari e spazi adeguati per stimolare il confronto e far crescere il dibattito sono azioni che rendono il museo un centro culturale presente e propositivo.

Come cambieranno i progetti dei musei nel prossimo futuro?

Qualunque iniziativa non potrà prescindere dalla consapevolezza di un contesto fortemente mutato e di una diversa attitudine da parte del pubblico. Non solo il modo di frequentare un museo o, in generale, uno spazio pubblico sarà completamente diverso, ma anche le modalità di visita e di relazione con le opere dovranno seguire sensibilità nuove così come la cura per i contenuti digitali. Occupandoci di opere d’arte contemporanea, e in particolare privilegiando l’esposizione di opere espressamente concepite per i nostri spazi e i nostri progetti, sarà imprescindibile invitare gli artisti a riflettere su queste nuove modalità di relazione.

Che cosa rimarrà di questi mesi?

Il progetto strutturale più impegnativo sviluppato in questa fase è stato il Nuovo Forno del Pane che ha ridefinito temporaneamente il ruolo del MAMbo stravolgendone gli spazi e aprendo la Sala delle Ciminiere, solitamente dedicata alle mostre temporanee, a 13 artisti che la stanno abitando e utilizzando come spazio di lavoro e di confronto, tenendo il museo aperto e attivo anche in periodo di restrizioni. Benché ritenga giusto ritornare a proporre mostre nei nostri spazi, questa iniziativa rivolta agli artisti e alla possibilità per loro di produrre nuove opere dovrà proseguire, trovando una sua conformazione e spazi permanenti diversi e continuando a dialogare con l’attività del museo.

Sarà presto necessario riflettere sull’impatto della pandemia.

Credo che cominceremo presto a parlare di pre e post Coronavirus come a due età diverse. Non so come sarà questa seconda età, a cui ci auguro di arrivare il prima possibile, ma senza dubbio non potremo prescindere da riflessioni sulla pandemia che avremo vissuto e dalle nuove consapevolezze che ci avrà lasciato.

Come sarà l’edizione 2021 di Art City Bologna, da lei curata e confermata, seppur slegata da Arte Fiera rimandata al 2022?
Art City è un progetto della città per la città. Ci piace pensare che, slegandosi dalla fiera, potrà essere il primo evento pubblico di «riapertura» della città al pubblico dopo l’emergenza sanitaria. Da molti mesi con tutto lo staff abbiamo lavorato a diversi ambiziosi progetti, tra cui uno (l’evento speciale di Art City 2021) con un importante artista internazionale, ovviamente con modalità rispettose delle restrizioni. Pensiamo che questi eventi possano essere mantenuti e riproposti con più spazio e tempo la prossima primavera. Art City ogni anno fa emergere la città dell’arte contemporanea e la rende fruibile e accessibile al pubblico. Magari mancheranno alcuni addetti ai lavori e operatori del settore, ma siamo felici che la Bologna del domani riparta dall’arte e dalle visioni e dai linguaggi degli artisti.


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