Lo storico dell’arte Pasolini allievo di Longhi

Uscito solo fortuitamente nell’anno centenario, Carlo Vecce ha scritto quello che rischia di essere il più importante libro degli ultimi vent’anni sull’intellettuale

Un fotogramma del film «Decameron» (1971) diretto da Pier Paolo Pasolini
Stefano Causa |

Ad altra occasione conviene rimandare il benvenuto che merita a questo che, uscito solo fortuitamente nell’anno centenario, rischia di essere il più importante libro su Pasolini degli ultimi vent’anni. Specie perché l’autore, Carlo Vecce, lo affronta da un palco apparentemente laterale in realtà fertilissimo.

Uscito nel 1971, il film «Decameron» diede la stura a un’infilata di pellicole boccaccesche, in ogni senso, tranne quello buono, di cui tutti ricordano titoli passati in proverbio e nessuno ricorda, giustamente, il regista (dal «Gran pezzo dell’Ubalda»… a scendere o a salire; a riprova che la iattura di Pasolini fosse di essere pervicacemente, volutamente, frainteso). «Decameron» è il film di uno storico d’arte (neanche tanto mancato); di uno che, a 17 anni, aveva imparato a vedere i quadri, avvicinando e distanziando lo sguardo, usando le forbici longhiane dei Fatti di Masolino e Masaccio (1940).

Ma quello di Vecce, grande studioso di Sannazzaro e di Leonardo, è un mare di cose insieme: è una monografia su di un film e un ritratto di Pasolini ultimo atto; è un libro sulla fortuna (anche iconografica) di Boccaccio ed è un libro sulla Napoli dagli anni Cinquanta (quando Pasolini vi affondò i denti), fino ai Settanta; è un libro sul rapporto tra lingua e dialetti, è un libro sul Marchese de Sade (Le 120 giornate di Sodoma sono una lezione molto particolare su Boccaccio) e, io direi soprattutto, un omaggio «en travesti» a Roberto Longhi a pochi mesi dalla scomparsa.

Inutile dire che il «Decameron» di Pasolini, campione d’incassi all’ingresso del decennio peggiore della storia italiana recente, incrocia, più o meno nostalgicamente, la biografia stessa di Vecce, i viaggi, le letture e le fotografie più o meno virate in seppia. Del resto se ti avvicini ai sessanta e, a cena, il discorso va a cadere sugli anni Settanta, nove volte su dieci si finisce per parlare di Pasolini; del Pasolini corsaro soprattutto. Sia pure non quello nero. 

Il Decameron di Pasolini, storia di un sogno,
di Carlo Vecce, 308 pp., Carocci, Roma 2022, € 26

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